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Rendere ragione della speranza che è in noi

14 Dicembre 2015

 

Ez 36,16.22a.29-38; Sal 105 (106); Os 6,1-6; Mt 21,33-46

 

«Poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti».      (Os 6,6)

 

Anche oggi il brano di Osea ci racconta la storia della salvezza che diventa una storia di amore tra Dio e l’uomo. Mentre il nostro amore per Dio “è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce”, il suo amore per noi, invece, è come la pioggia d’autunno o di primavera che sa fecondare la terra. Noi amiamo Dio con un amore che “dura” poco, sacrifici, olocausti, mentre egli ci dà tutto se stesso, la sua stessa vita. Il profeta oltre a cantare la storia d’amore ci mette di fronte alla più grande infedeltà dell’uomo: l’adulterio. Il peccato non è solo una semplice trasgressione della legge ma è, soprattutto, il tradimento dell’amore, quello di Dio e quello di ogni fratello e sorella. È molto facile dire: io non faccio male a nessuno, non rubo, non critico, non calunnio, anzi prego, vado a messa… ma è molto più necessario affrettarci “a conoscere il Signore” che non guarda alla “quantità” ma alla “qualità” del nostro agire.

 

Preghiamo

 

Rendete grazie al Signore, perché è buono,

perché il suo amore è per sempre.      

       (Sal 105,1)

                                                                                                                            

 

[da: “La Parola ogni giorno. Io spero nel Signore. Avvento e Natale 2015”, Centro Ambrosiano, Milano]