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Presentazione

Un anno di «respiro»
e di «sobrietà»

Martedì 8 settembre 2009, presiedendo in Duomo il Pontificale per la festa di Santa Maria Nascente, il cardinale Tettamanzi presenta le linee dell'anno pastorale 2009-2010

11 Maggio 2011

 

Il percorso pastorale, che solitamente prende avvio con il Pontificale dell’8 settembre in Duomo, quest’anno ha avuto inizio il 14 luglio scorso, ad Ars, nella chiesa parrocchiale dove ha operato il Santo “curato” Giovanni Maria Vianney. Lo ha annunciato lo stesso Arcivescovo, parlando ai decani a Venegono nei giorni scorsi: «Mentre celebravo ad Ars l’Eucaristia con un centinaio di pellegrini, pensavo: “È proprio questo l’ingresso nel nuovo anno pastorale”. Erano con me confratelli preti, persone di vita consacrata, famiglie, fedeli laici: in loro sentivo presente la nostra Chiesa ambrosiana».
Prende avvio, dunque, dall’Anno Sacerdotale il nuovo percorso pastorale: «Siamo tutti “sacerdoti” – ha detto l’Arcivescovo ai decani -, chiamati a offrire il sacrificio della nostra vita quotidiana come espressione d’amore per Dio e i fratelli. Per il prossimo anno ci deve affascinare e inquietare la comune tensione alla santità, cui deve tendere sia il sacerdozio “ordinato” dei preti che quello battesimale dei fedeli».
Un anno in sintonia con l’Anno Sacerdotale promulgato da Papa Benedetto XVI, ma con riferimento esplicito alle istanze emerse dalla recente Assemblea Sinodale del Clero e al Sinodo diocesano 47°, che l’Arcivescovo ha più volte definito come «il nostro vero e grande piano pastorale».
Infatti, i due percorsi pastorali che hanno caratterizzato i due trienni scorsi non hanno fatto che riproporre i temi del Sinodo 47°, rileggendoli alla luce di uno slancio missionario più intenso (Mi sarete testimoni. Il volto missionario della Chiesa di Milano) e ponendo al centro dell’azione diocesana la missione della famiglia (L’amore di Dio è in mezzo a noi. La missione della famiglia a servizio del Vangelo). Ora, dopo sei anni di cammino diocesano, raccogliendo una richiesta più volte emersa nelle Assemblee Sinodali del Clero, l’Arcivescovo ha accolto l’invito biblico a caratterizzare il settimo anno come «un anno di riposo in Dio».
Non però un anno “vuoto”, in cui rallentare il ritmo delle iniziative pastorali, ma un anno per “prendere fiato”, come si legge in Esodo 31, 17: «Il Signore in sei giorni ha fatto il cielo e la terra, ma nel settimo ha preso respiro». L’Arcivescovo, parlando ai decani, ha accennato anche all’uso del «tempo» e dei «mezzi» per fare pastorale, ma ha pure raccomandato «il riposo del corpo», come a dire: «Non dobbiamo e non possiamo fare tutto». Quindi, un anno da vivere come sosta contemplativa e rigenerante, un tempo di gratuità e di lode dove riconoscere i grandi doni con i quali Dio ci raggiunge quotidianamente prima di ipotizzare altri passi da fare o iniziative da intraprendere.

Confidenza e franchezza

Per questo l’Arcivescovo ha deciso di non stendere per quest’anno una “lettera pastorale” vera e propria, ma di offrire una traccia di meditazione o, meglio, – per usare parole sue – una «lettera confidenziale e franca» ai fedeli ambrosiani, con l’intento di proporre «i contenuti fondamentali e il clima di intensa spiritualità con cui vivere fruttuosamente questo tempo di grazia». Significativo anche il titolo dato a questa lettera: Pietre vive, «un modo per evangelizzare e credere che tutti sono pietre vive nella Chiesa». L’invito è a leggere e meditare il testo insieme, preti e laici, facendone anche oggetto di incontri spirituali.
A questo testo se ne affianca un secondo, destinato in particolare ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose, agli operatori pastorali e ai membri dei consigli pastorali, dal titolo Un anno di riposo in Dio, in cui l’Arcivescovo indica il cammino da fare e i passi da compiere, tenendo presente, quale “regola pastorale” per la Chiesa di Milano, l’icona della Chiesa di Antiochia.
Questi due testi aiuteranno a vivere il cammino della Chiesa ambrosiana in questo “anno di riposo in Dio”, occasione anche per verificare l’azione pastorale delle comunità, le strutture e le iniziative secondo la cifra della “sobrietà”, che non è sinonimo di ridimensionamento, ma invito a coltivare l’arte della giusta misura, che per i cristiani altro non è che la stessa misura di Dio: “Cercate il Regno di Dio; il resto vi sarà data in aggiunta” (cfr Mt 6,33). Un anno di «discernimento comunitario» per compiere le giuste scelte pastorali, badando – ha ricordato l’Arcivescovo ai decani – «più alla dimensione dell’essere che del fare, senza preoccuparci di fare tutto». Puntare sull’essenziale, infatti, vuol dire discernere gradualità e priorità degli impegni da assumere. Significa saper coniugare l’eventuale «fare meno» col «fare meglio» e «farlo insieme». Come? Vivendo quest’anno alla luce della Chiesa di Antiochia, che l’Arcivescovo propone per la sua caratteristica di Chiesa della carità, della comunione e della missione. Sarà questa la “regola pastorale” della Chiesa di Milano dei prossimi anni.