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Intervista

Aiutare il volontariato per sostenere la città

Lino Lacagnina, presidente del Ciessevi: «Il tavolo del secondo cantiere proposto dal cardinale Tettamanzi è importante perché mette in evidenza l’autonomia progettuale del Terzo settore»

di Davide VIOTTO Dott. President.

12 Gennaio 2011

 «Il tavolo del secondo cantiere proposto dal cardinale Tettamanzi nel Discorso alla città mi sembra un elemento estremamente importante, che mette in evidenza l’autonomia progettuale e imprenditoriale del volontariato fuori da ogni ideologismo». Lino Lacagnina è il presidente del Ciessevi della provincia di Milano (Centro di servizio per il volontariato). Un osservatore privilegiato del vasto mondo della solidarietà ambrosiana, una risorsa preziosissima, ma che ha bisogno di un sostegno qualificato.

Il Cardinale afferma che a Milano il volontariato è forte, ma da solo non ce la fa. Di cosa ha bisogno?
Il sostegno che offriamo come Ciessevi è quello di mettersi in rete, per essere meno frammentato di oggi perché così non si va molto lontano. Ognuno rischia di gestire i problemi per conto proprio, perciò mettiamo in evidenza l’aspetto della promozione. Le associazioni cercano di far fronte ai bisogni crescenti però poi non hanno persone sufficienti. Salvo poi nello stesso territorio vedere nascere organizzazioni simili. A chi si rivolge a noi per aprire una nuova associazione suggeriamo di far confluire le forze in realtà già esistenti. Poi investiamo molto sulla capacità progettuale per rispondere meglio a quei bisogni. Un problema rilevante è quello del finanziamento: perciò occorre fare progetti che abbiano la struttura e la credibilità tale da poter poi essere finanziate attraverso i bandi. Dunque un lavoro di autocrescita, imparando ad analizzare, strutturarsi ed essere in grado di fare anche formazione.

Nel Discorso l’Arcivescovo sottolinea anche un altro aspetto: quanto il no-profit sta diventando impresa, solido dal punto di vista organizzativo-imprenditoriale…
Il Cardinale ha proposto analisi che sono perfettamente centrate, corrette e interpretano quello che sta avvenendo. C’è una crescita delle associazioni, che stanno sempre più professionalizzandosi con un taglio imprenditoriale. Tuttavia va distinta quella che è l’associazione di volontariato vera e propria da quella che è l’impresa sociale. Molto spesso dalle associazioni nascono cooperative, ma anche quando rimangono realtà di volontariato comunque sottoscrivono convenzioni con il pubblico, con servizi più strutturati. Ma sempre cercando di evitare la confusione tra l’impresa sociale e l’associazione di volontariato. Talvolta c’è una terra di mezzo dove è un po’ mischiato.

Il Cardinale sollecita l’Amministrazione pubblica ad aiutare chi sa aiutare. Come sono i rapporti con le istituzioni pubbliche? Non vede il rischio a volte che si scarichino sulle spalle del volontariato problemi sociali molto gravosi?
L’impressione è che ci sia una gara a riempirsi la bocca del volontariato e a gratificarlo sul piano degli encomi formali, però non c’è lo stesso impegno nel dare supporti veri, concreti e adeguati. A partire dall’alto con la vicenda del 5 per mille… Ascoltando le associazioni emerge che per esempio nei Comuni c’è anche una forte volontà di sostenerle, poi magari non ne hanno i mezzi soprattutto in realtà più piccole. A Milano invece non è che ci sia proprio questa soddisfazione, si ha la sensazione che si vogliano privilegiare più gli “amici” anche nell’ambito del volontariato.

Avendo meno possibilità di finanziamenti il rischio è che si indeboliscano queste realtà a danno delle fasce più deboli: se il mondo del volontariato dovesse cedere rimarrebbero sole…
È chiaro che in un momento in cui molti servizi esistono grazie al volontariato il rischio del collasso è grande. Se vogliamo fare anche un’autocritica, da troppi anni siamo in una situazione di stagnazione, perché non si cresce, ma neanche si decresce. Abbiamo un problema di coinvolgimento dei giovani nel volontariato, siamo abbastanza fermi con i numeri, con piccolissime crescite nelle fasce degli anziani. Quindi sono evidenti i rischi che corriamo in prospettiva se il volontariato non viene sostenuto. Le associazioni saranno in grado ancora di supplire, se non si sentono supportate? Concordo quando il Cardinale sottolinea su quante risorse pubbliche potrebbero essere liberate a beneficio di situazioni più gravi se più cittadini venissero in aiuto.

Tettamanzi propone la realizzazione di cantieri sociali. Il secondo è sulle forme di povertà e sul volontariato. Cosa ne pensa?
Ho trovato importantissimo l’intervento del Cardinale, pertinente e condivisibile a partire dal fatto che abbiamo il bisogno di figure di riferimento – come don Carlo Gnocchi – e quanto poco invece riusciamo a farle venire fuori. Anche i volontari hanno bisogno di stimoli per andare avanti e superare le difficoltà. Proprio prima delle vacanze natalizie ho partecipato al tavolo del Terzo settore: l’aspetto più svilente è che non è evidenziato l’aspetto dell’autonomia progettuale e imprenditoriale del Terzo settore e del volontariato. Vieni convocato, ma in realtà non ascoltato. Questo dell’autonomia progettuale si collega col discorso che facevo rispetto al rischio delle amministrazioni, anche a Milano. In generale succede che ti contorni solo delle realtà che senti vicine politicamente e ideologicamente. Bisogna uscire dagli ideologismi sul volontariato, che è formato tutto da persone che si impegnano. Proprio per questo deve essere ascoltata e salvaguardata l’autonomia progettuale.

Lino Lacagnina è il presidente del Ciessevi della provincia di Milano (Centro di servizio per il volontariato). Un osservatore privilegiato del vasto mondo della solidarietà ambrosiana, una risorsa preziosissima, ma che ha bisogno di un sostegno qualificato.

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