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Seveso

I fedeli brianzoli riuniti sotto la croce

L'Arcivescovo ha celebrato la Via Crucis per la V Zona. Il rito è stato preceduto dalla “statio” della Croce di San Carlo con la reliquia del Santo Chiodo prima presso il Duomo di Monza e poi presso il Seminario di San Pietro martire

di Federica VERNÒ

29 Marzo 2011

Dopo la settimana di adorazione prima in Duomo a Monza, poi in Santuario a Seveso, più di 5 mila fedeli hanno accompagnato la croce di San Carlo con la reliquia del Santo Chiodo nella solenne peregrinatio dalla chiesa parrocchiale di San Pietro Martire fino al Seminario arcivescovile diocesano. Venerdì sera l’Arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha guidato la Via Crucis quaresimale nel segno di San Carlo, nel quarto centenario della sua canonizzazione. E Seveso ha raccolto tutta la zona pastorale V, quella di Monza, dopo le precedenti “tappe” di Milano e Varese.
Un caloroso applauso ha accolto sul sagrato della parrocchia il porporato che indossava, come ha spiegato il parroco don Paolo Ferrario, la stola di Papa Pio XI portata a Seveso dal segretario del Pontefice, il cardinal Carlo Confalonieri, nativo di Seveso.
Prima che avesse inizio la solenne cerimonia il vicario episcopale di zona, monsignor Armando Cattaneo, ha sottolineato il valore del portare il crocifisso di San Carlo «sapendo cosa significò per lui la croce» dalla parrocchia al Seminario «dove si coltiva una dedizione speciale a Dio, due luoghi che insieme dicono il senso dell’essere cristiani, di una vocazione destinata alla missione e per le strade che percorriamo tutti i giorni».
La processione ha portato il crocifisso di San Carlo con il Santo Chiodo, lo stesso che il Borromeo portava in giro per Milano nei giorni della peste, attraverso via San Carlo, Augusto Maderna, Piazza Verdi, via Borromeo fino al Seminario stracolmo di fedeli.
C’era l’intero Seminario arcivescovile di Venegono e Seveso con il rettore maggiore monsignor Giuseppe Maffi e il prorettore di Seveso don Luigi Panighetti, con gli educatori, la Comunità delle Ausiliarie diocesane, Casa Betania, Fratel Ettore, i parrocchiani di tutta la zona pastorale con i loro sacerdoti. Giovani, anziani, famiglie con i bambini.
Ha richiamato a recuperare il senso della croce l’Arcivescovo ringraziando il Signore «perché ci dona in questa solenne Via Crucis di poter rivivere quell’itinerario spirituale con cui san Carlo Borromeo non si stancava di sollecitare ed educare tutto il popolo a lui affidato».
Il “piantare la Croce” nel cuore della sua Chiesa è stato il tentativo incessante dell’operale pastorale del Borromeo: veniva “piantata” stabilmente agli incroci delle strade, veniva posta in evidenza in ogni chiesa, veniva portata in processione e proposta alla venerazione del popolo.
«Soprattutto, però, san Carlo desiderava ardentemente che la croce venisse “piantata” e trovasse stabilmente posto nel cuore e nella vita di ogni cristiano – ha aggiunto Tettamanzi -. E’ questa la motivazione delle processioni penitenziali con cui il santo Vescovo percorreva la città soprattutto nei momenti di sofferenza e di pericolo: non per distrarre il popolo o per proporre pratiche superstiziose, ma per rinnovare la memoria della croce di Cristo, soprattutto in mezzo alle angustie e alle fatiche della vita».
Quindi Tettamanzi ha invitato a non dimenticare la Croce di Cristo, che ci dà «la misura dell’amore con cui siamo stati salvati, ci renderà saldi nella fiducia in Dio, ci salverà così dalle meschinità e volgarità in cui rischiamo di lasciar scivolare le nostre esistenze». Si è quindi levata la preghiera perché, attraverso la croce, si aprano «gli occhi sulle infinite sofferenze dell’uomo».

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