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L’Arcivescovo: l’inno della Fiera che compie cent’anni

L’Arcivescovo scrive per il centenario dell’istituzione, luogo di fierezza, intraprendenza e progresso, in questa emergenza diventata un ospedale e perciò simbolo dell’uomo chiamato a prendersi cura del fratello

19 Aprile 2020

Canta una canzone la Fiera di Milano, centenaria quest’anno, senza candeline e champagne, ma raccontando una storia di cui può essere fiera.

Canta una canzone come un inno, per uomini e donne di Milano.

Canta l’inno della fierezza: ecco che cos’è l’uomo, l’artefice delle meraviglie, l’inventore del sorprendente, l’artigiano che educa i materiali a dire bellezza e comodità, lo scienziato che crea soluzioni destinate a resistere alla prova del tempo e nuovi protagonisti del convivere, che parlano, dialogano, provvedono. L’uomo può essere fiero del lavoro delle proprie mani e cent’anni sono un tempo abbastanza lungo per misurare frutti e progressi ed esserne lieti. La Fiera di Milano canta l’inno alla fierezza dell’uomo per il lavoro delle sue mani.

Canta l’inno dell’intraprendenza: ecco che cos’è l’uomo, un protagonista del suo destino. Alla fiera è stato invitato il mondo, perché senza mercato non c’è profitto, senza profitto non c’è lavoro; eppure il lavoro è più del profitto e l’incontro è più del mercato e il pianeta non è solo mercato, ma terra di mezzo per convenire, per contrattare, per condividere. L’inno della intraprendenza milanese non parla di conquiste e di invasioni, ma di attrattiva e di convenienza, di collaborazione e di curiosità.  La Fiera di Milano canta l’inno della vocazione internazionale, dell’umanità convocata insieme non solo per vendere e comprare, ma per conoscere e costruire ponti.

Canta l’inno del progredire: ecco che cos’è l’uomo, costruttore di un convivere che esalta l’impresa comune, che aborrisce lo sfruttamento e sa pretendere e sa premiare, custode di una invocazione di giustizia che non contrappone le classi sociali, ma nella conflittualità degli interessi sa trovare l’accordo con la stretta di mano, nella divergenza dei punti di vista intuisce la vocazione a una visione più grande. L’umanità di Milano contiene una vocazione alla solidarietà che non rende le cose facili, ma non si lascia sfinire dalle difficoltà. La Fiera di Milano canta l’inno del progredire insieme.

Canta l’inno dello sguardo al cielo: ecco che cos’è l’uomo, un essere che vive sulla terra, ma non può finire la giornata senza uno sguardo al cielo. Nella frenesia dei giorni della produzione, nell’apprensione per l’attesa dei risultati, nell’insofferenza per gli impacci intollerabili è, di tanto in tanto, come sorpreso per una intuizione inaspettata che lo incoraggia ad alzare il capo e volgere lo sguardo al cielo: incrocia, talora, il luccichio dorato della Madonnina e dice una preghiera. La Fiera di Milano canta l’impasto di cielo e terra, di operosità e di preghiera.

Canta l’inno…

E mentre io mi ingegnavo a raccogliere in un inno la storia e la spiritualità della Fiera di Milano, cercando di imitare i miei predecessori, i Vescovi di Milano, che hanno sempre riservato un pensiero, un saluto, una preghiera, una benedizione per la Fiera, mi sono sentito interrompere e rimproverare:

«Ma che cosa canti? Che c’è da cantare quest’anno? La città è ferma. Il centenario della Fiera è una festa cancellata. Serpeggiano previsioni catastrofiche. Le folle dei turisti, dei clienti, del concorrenti sono un sogno proibito. In così poco tempo siamo passati dall’essere l’attrattiva del mondo all’essere uno spauracchio per tutti. Che cos’hai da cantare?».

Ebbene io canto l’inno proprio quest’anno, per raccogliere in una concentrazione ammirevole tutta la storia di cent’anni. Canto l’inno che esalta insieme la fierezza, l’intraprendenza, il progredire, lo sguardo al cielo per farne l’elogio del miracolo di quest’anno: ecco, in men che non si dica, la Fiera è diventata un ospedale! Uomini e donne di ogni dove, di ogni competenza, disponibili ad ogni fatica, hanno dato alle mura del Fiera il volto rassicurante di una offerta di soccorso, per offrire sollievo e cura. Hanno lavorato di giorno e hanno lavorato di notte, hanno messo insieme tutto quello che ciascuno poteva offrire e hanno rivelato che cos’è l’uomo cantando ancora l’inno della Fiera di Milano, l’inno del prendersi cura. Ecco che cos’è l’uomo, vocazione a prendersi cura del fratello!

Mario Delpini
Arcivescovo di Milano