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Famiglia-Lavoro

A Erba la fila di chi chiede aiuto

Il Centro d’ascolto Caritas, il distretto decanale del Fondo e la Mensa della solidarietà toccano quotidianamente con mano i problemi di chi si trova in difficoltà

di Enrico VIGANÒ

29 Settembre 2009

«Non ci sembra proprio che stiamo uscendo dalla crisi economica come scrivono i giornali. Al nostro centro di ascolto c’è spesso la coda di chi cerca un aiuto e a volte dobbiamo invitarli a tornare il giorno dopo». Ivana Ratti, coordinatrice del centro di ascolto “Ti ascolto” di Erba istituito nel 1997 dalla Caritas decanale, tutti i giorni tocca con mano i reali problemi delle famiglie.
Nel decanato di Erba le sacche di povertà sono sempre molte e il barometro non punta per niente al bello. «Le difficoltà non sono riconducibili ai soli immigrati, ma in egual misura anche ai residenti italiani – continua Ratti -. La causa principale di povertà è sempre la perdita del posto di lavoro. La cassa integrazione riesce per qualche mese ad attutire il colpo. Una volta terminati gli ammortizzatori sociali, a loro non rimane che ricorrere al Centro di ascolto. Con ciascuno iniziamo un dialogo per capire le reali esigenze, li invitiamo ad usufruire della Mensa della solidarietà e quindi avviamo la procedura per accedere al Fondo Famiglia-Lavoro».
Finora sono 40 le famiglie del decanato di Erba che hanno richiesto un sostegno al Fondo. Di queste il 45% sono italiane, le rimanenti immigrate per lo più dall’Africa. Nove richieste sono già state accolte, due sono state respinte perché prive dei requisiti indispensabili. A ciascuna delle nove famiglie sono state elargite somme (rateizzate) pari a circa 2200-2500 euro, a secondo delle necessità. «Il Fondo voluto dal Cardinale – dicono i coordinatori della Commissione decanale Fondo – si sta dimostrando anche nel nostro decanato veramente un’àncora di salvezza per tante famiglie che vivono una situazione di difficoltà economica».
Una cartina tornasole che rivela il livello di povertà nel territorio erbese è anche la Mensa della solidarietà, gestita dai 200 volontari dell’associazione “Mani aperte”, la cui sede è presso l’Istituto S. Carlo della Congregazione di don Orione a Buccinigo di Erba. Ogni giorno ne usufruiscono 25 persone (200 circa ogni anno). Di queste, il 70% sono italiane, le rimanenti immigrati. In questi mesi il numero di questi ultimi sembra in diminuzione, ben compensato però dagli italiani. «I nostri utenti – spiega Roberto Gaffuri, presidente di “Mani aperte” – provengono da diverse situazioni di disagio materiale o psicologico, causato da separazioni, reddito insufficiente, dipendenza da droga, alcol e solitudine».