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Chirundu

Chirundu Le origini con Montini e il primo “fidei donum”

29 Marzo 2011
Mtendere Mission Hospital. Ingresso della missione.

Gli inizi della «Missione ambrosiana»: la missione di Kariba.
Nel 1956 un consorzio di 4 imprese italiane, l’Impresit, iniziò la costruzione di un’imponente diga sul fiume Zambesi, che in quel tempo segnava il confine tra Rhodesia del Nord e Rhodesia del Sud, in una località chiamata Kariba. Fu inviato, come cappellano del cantiere, un sacerdote trentino a cui si aggiunsero, nel 1959, le Suore di Maria Bambina. Terminata la diga, il cardinale Montini, seguendo le indicazioni della enciclica Fidei Donum, pensò di assumere l’opera di evangelizzazione del territorio circostante la diga e in particolare della cittadina di Kariba, che nel frattempo si era sviluppata sul versante della Rhodesia del Sud. In questo, agli inizi, l’Arcivescovo di Milano trovò la collaborazione di monsignor Tarcisio Benedetti, vescovo di Lodi, che mise a disposizione alcuni suoi sacerdoti. Nell’agosto del 1961 si unì a loro il milanese don Ernesto Parenti, che fu il primo fidei donum della missione di Kariba.

La prima missione di Chirundu (Rhodesia del Sud) e l’Ospedale Paolo VI.
Ben presto un altro centro missionario sorse a 80 km circa a valle della diga, sempre sulla sponda destra del fiume (in Rhodesia del Sud), in una zona chiamata Chirundu dove era stata creata da una società inglese (Sugar Estate) una vasta piantagione di canna da zucchero che aveva attirato migliaia di lavoratori con le loro famiglie. Qui nel 1962 il cardinale Montini, in visita alla missione, benedisse la prima pietra di un ospedale che il 7 agosto 1965 venne a lui dedicato e ufficialmente inaugurato (Ospedale Paolo VI) dal cardinale Colombo. Ma questo centro non ebbe vita lunga. Nel 1964 in Rhodesia del Sud la minoranza bianca proclamò unilateralmente l’indipendenza e si alleò al Sudafrica, copiandone il regime razzista. Nel 1967 la Sugar Estate giudicò conveniente abbandonare la zona e trasferirsi nella regione di Mazabuka, in Zambia. I pochi che restarono caddero in estrema miseria. Per alcuni mesi sacerdoti e suore furono costretti a ritirarsi nei fabbricati della missione circondati da un deserto di macerie e a lasciare il nuovissimo ospedale, recintato, completamente chiuso.

La seconda missione di Chirundu (Zambia) e l’ospedale della Pace “Mtendere”.
L’attenzione dei missionari e delle suore che operavano a Chirundu sul versante rhodesiano, ben presto fu attratta dai villaggi che sorgevano al di là del fiume dove già dal 1962 le suore avevano allestito un piccolo dispensario in una località chiamata Chirundu Mandenga. In occasione della visita del cardinale Colombo del 1965 aveva inoltre preso consistenza il progetto di aprire una parrocchia sul versante zambiano. Tra il 1965 e il 1970 furono costruite le varie strutture parrocchiali comprendenti, oltre alla chiesa, una casa per i sacerdoti, una scuola elementare, una casa per le suore, case per i maestri e i catechisti, una scuola di agraria e un nuovo ospedale chiamato Mtendere (pace), gestito dalle Suore di Maria Bambina e attrezzato in gran parte con il materiale già in uso al “Paolo VI”. L’ospedale venne inaugurato il 22 luglio 1970 dal cardinale Colombo nel corso della sua seconda visita ufficiale alla missione. L’ospedale, che contava circa 50 posti letto comprendeva un dispensario Day Hospital, un reparto donne, un reparto uomini e un reparto pediatrico. Tra il 1970 e il 1972 si aggiunsero rispettivamente la sala operatoria e i fabbricati dei servizi (cucina, lavanderia). La storia dell’ospedale subì un’ulteriore evoluzione nel 1991: si realizzò così la nuova pediatria, portando i posti letto a 120. Il vasto e articolato programma di ristrutturazione iniziato alla fine degli anni ’90 ha portato – con la significativa partecipazione della Diocesi di Milano – alla realizzazione di un nuovo blocco operatorio, di una sala parto, del pronto soccorso. Il laboratorio analisi ha acquisito una sezione di citologia e istologia, grazie alla collaborazione con l’italiana “Patologi oltre frontiera”.