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Il Concilio Vaticano II

4950 - per_appuntamenti Redazione Diocesi

23 Novembre 2009

Il Concilio è entrato in questa tradizione con il decreto Unitatis redintegratio, che costituisce la magna charta della vocazione ecumenica assunta dalla Chiesa cattolica.

Il testo accoglie tutte le implicazioni del "dialogo" con le altre famiglie cristiane. Segnaliamo qui alcuni punti fondamentali.

II primo è dato dalla certezza che esiste vera "comunione" di tutti i battezzati in Cristo . Nel senso che le Chiese pur "divise" sono già unite in Cristo, in quanto il battesimo trasforma la comunità dei credenti e li fa essere famiglia del Padre. Traducendo: Dio è principio di unità e non di divisione.

La divisione, di conseguenza, non esiste tra le Chiese in rapporto a Dio, ma solo nel rapporto tra di loro. Divisione storica, quindi, anche se, ancora più grave e insostenibile.

Il secondo è dato dal fatto che il "non piena" non è criterio di quantità ma di qualità . Cioè il suo valore è "escatologico", in quanto l’unità voluta da Cristo per la sua Chiesa è inesauribile, perché essa sarà piena solo al punto terminale della storia di salvezza, quando, come dice l’apostolo Paolo: «Dio sarà tutto in tutti».

II terzo punto nodale è dato dal fatto che le Chiese devono farsi carico della "divisione" , in ragione di ciò che esse sono state e sono attualmente. Con forza: «Chi dice di essere senza peccato (circa le divisioni), dà del bugiardo a Dio e la verità non è in lui».

Si ribadisce con ancora maggior forza: «Tutti esaminino la loro fedeltà alla volontà di Cristo circa la Chiesa e, com’è dovere, intraprendano con vigore l’opera di rinnovamento e di riforma».
Su tre direzioni bene individuate: «Nei costumi; nella disciplina; nel modo di esporre la dottrina, il quale deve essere diligentemente distinto dal deposito della fede».

Il quarto insegna che questo movimento deve invertire la tendenza di vita della Chiesa, in quanto, per capire, essa è chiamata dalla "misericordia di Dio" verso noi "peccatori" alla "conversione", che è la condizione per desiderare "l’unità".
Un’inversione, quindi, di grazia e non un progetto di politica ecclesiastica.

Il quinto precisa che, pur tra loro separate, le famiglie cristiane, cioè le confessioni cristiane devono considerarsi reciprocamente "comunità di salvezza".
Il linguaggio del decreto Unitatis redintegratio èsfumato al riguardo.
Alcune confessioni sono chiamate "Chiese", altre "comunità ecclesiali".

Senza entrare in merito al diversa significato delle espressioni, esse sono in ogni caso riconosciute comunità nelle quali si compie la Pasqua del Signore. Il sesto punto richiama l’attenzione sul fatto che l’ecumenismo è una novità profonda nell’assetto istituzionale ed esistenziale della Chiesa cattolica e, di conseguenza, essa è invitata a tenersi desta criticamente.

L’inerzia del passato, cioè, e le abitudini, soprattutto legate a mentalità ancora in corso, possono generare pesanti freni.