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Quell’intenso andare su e giù fra Lombardia e Piemonte il Papa lo definì, oltreché pellegrinaggio, anche “itinerario spirituale” e “itinerario pastorale”.Un “essere con”, “un essere in mezzo”, come successore di Pietro, che sottolinea il senso “biblico”, oltreché storico della singolare venuta.Salì le quindici cappelle del Sacro Monte di Varese, compì l’itinerarium Crucis del Santuario di Varallo;parlò del mistero cristiano della morte al Cimitero Maggiore di Milano ; a Pavia, dove il Borromeo compì gli studi, visitò il Collegio che il grande Santo fondò a suo nome;ad Arona tracciò l’identikit del riformatore della Chiesa;infine, il 4 novembre a Milano, parlò alla gente indicando la fede come stella polare del cammino dell’uomo sulla terra e di san Carlo che si è lasciato guidare da Cristo come buon Pastore del gregge.Sono appena alcuni riferimenti di un articolato magistero che ha avuto come interlocutori vescovi e clero, suore e diaconi, docenti e studenti, ma soprattutto le folle che hanno gremito le liturgie di Giovanni Paolo II e accompagnato numerose i suoi diversi spostamenti.Spigolare nel magistero che il Papa ha voluto offrire, venti anni fa, percorrendo le orme di san Carlo sarebbe facile e proficuo: purtroppo abbiamo nemico il tempo che sbiadisce anche le parole più significative e che a noi – frettolosi inseguitori di una quotidianità che crea e disfa – non consente l’impiantarsi saldo nella memoria neppure delle parole che arrivano al cuore e che per un momento lo segnano come con un brivido vitale.C’è una cancellazione impetuosa delle emozioni sotto l’incalzare inarrestabile del dire e del fare che ci perseguita.Ci fu allora chi, analizzando l’insieme del magistero di Giovanni Paolo II sull’itinerario carolino, parlò di “enciclica”, seppure non monotematica perché, appunto, articolata nei contenuti e rivolta a diversi uditori.A nessuno però sfuggì che la preoccupazione maggiore fosse quella di presentare un Pastore impegnato a ridestare “l’assopita pietà” fra la gente, perché il Vangelo era diventato per lui «la vera parola di vita, plasmandone i pensieri e il cuore, le decisioni e il comportamento».E ci fu una domanda papale che suonò grave nella sua concisione:«Ma può dirsi ancora che Milano sia un chiaro esempio di vita cristiana?». Giovanni Paolo II non ebbe timore di invitare i milanesi «a ricuperare, con gioia ogni giorno rinnovata, le luminose certezze della fede» e di dire che la fede come stella polare della vita è «il messaggio che san Carlo consegnò un giorno ai nostri antenati, facendone un popolo ordinato e forte, un popolo laborioso e buono, un popolo fiducioso nei valori della terra, perché cosciente dei valori del cielo».Luigi Crivelli (Anticipazione da Terra Ambrosiana n° 5/04)

Vent’anni fa Giovanni Paolo II sulle orme di San Carlo

4950 - per_appuntamenti Redazione Diocesi

23 Novembre 2009

In diocesi rischia di passare sotto silenzio un avvenimento che nel suo svolgersi ha avuto straordinario rilievo e risonanza: la visita che Giovanni Paolo II volle fare nei giorni 2-4 novembre 1984 sulle strade di san Carlo Borromeo, del quale ricorreva il quarto centenario della morte.

A ben vedere fu in realtà un pellegrinaggio che Karol Woytila intraprese per onorare la memoria di colui che – disse, appena un anno dopo essere venuto a Milano in occasione del XX Congresso Eucaristico Nazionale – «mi è patrono celeste fin dal momento del battesimo».

Tre giorni intensissimi con tappe a Varese, Pavia, Varallo, Arona e Milano «che è stato uno dei poli dell’azione pastorale e del programma innovatore del grande Santo ».
Tenne in tutto diciassette discorsi, «alcuni brevi – scrisse il cardinale Carlo M. Martini –, altri più estesi, tutti legati a un tema di fondo: spiegare alla gente – fedeli e cittadini, magari neanche praticanti (ma accorsi a vedere il Papa) – le motivazioni religiose del viaggio e le conseguenze da trarre dal ricordo di san Carlo, per la fede, per il culto e per la vita della Chiesa e della società ».