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Don Luca Passi:
«Chi non arde, non accende»

Un profilo del sacerdote bergamasco (1789-1866) recentemente beatificato, fondatore della Pia Opera di Santa Dorotea e dell’Istituto delle Suore Maestre.

di Oliviero GIULIANI

19 Luglio 2013

«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).  E’  il detto di Cristo che getta scompiglio nel gruppo di chi lo ascolta: con l’ "Ora" di Gesù è venuto anche per i discepoli il momento di decidersi se accogliere il suo annuncio o permanere in questo stato di mediocrità che il libro dell’apocalisse rimprovera all’angelo della Chiesa di Laodicea: «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (3,15-16).

Il passo evangelico coglie il cuore della santità di don Luca Passi (Bergamo 1789 – Venezia 1866) come delineato anche dall’epigrafe (latina) sulla sua tomba: «Chi arse d’amore per Dio e il prossimo continua ad incendiare con la parola, le opere e l’esempio».

Un’epoca di grandi transizioni
L’epoca seguita alla rivoluzione francese del 1789 era stata per la terra bergamasca di rilevanti transizioni politiche, sociali ed amministrative: i francesi stabilirono sul territorio il loro dominio fino al 1814, quando arrivarono gli austriaci che, con il proclama di Bellegarde, si annetterono la Lombardia. Bergamo nel 1859 fu liberata dalle truppe di Garibaldi e con la pace di Villafranca la regione fu inclusa nel Regno d’Italia.
Sotto Napoleone si erano verificate grandi trasformazioni: erano cambiate le giurisdizioni territoriali e l’organizzazione amministrativa, erano stati soppressi istituti religiosi e confiscati i loro beni. La rivoluzione aveva provocato morti e distruzioni. Il pensiero illuminista, che combatteva ogni religione rivelata, e il particolare il cristianesimo, era penetrato in molti settori della scuola e del lavoro, scuotendo la cultura cristiana, anche se le idee illuministe trovarono una forte resistenza nella tradizione di fede della gente bergamasca stretta al suo clero. Però era innegabile il disorientamento tra la popolazione.

La famiglia dei nobili Pasi
Luca, nato nell’anno dello sconvolgimento francese; primogenito di undici fratelli, era figlio del conte Enrico Passi e della nobildonna veneziana Caterina Corner. La stirpe dei Passi de Preposulo vantava ascendenze anteriori all’anno Mille ed era passata con dignità attraverso molteplici snodi storici, mantenendo sempre una chiara ispirazione ai valori della fede cristiana e a quelli di un sano umanesimo. Ora però gli eventi precipitavano. Nel 1797 anche Bergamo divenne parte della Repubblica Cisalpina che aveva una costituzione modellata su quella francese. Nel turbine delle inquietanti notizie che provenivano da oltralpe, il conte Enrico Passi decise di trasferire i suoi, con tutta la servitù, da Città alta alla villa di sua proprietà, chiamata la "Passa", maestoso edificio del XIV secolo rimaneggiato nel ‘700, nel paese di Calcinate, distante quindici chilometri da Bergamo.
I coniugi Passi vivevano con convinzione la fede cristiana che trasmisero anche ai figli, tre dei quali – Luca, Marco e Giuseppe – divennero sacerdoti. Un fratello del conte, monsignor Marco Celio Passi, arcidiacono della cattedrale, capo del Collegio Apostolico e vicario generale, uomo di cultura e di zelo apostolico, fu, accanto ai genitori, una figura di incisiva autorevolezza per la loro vocazione.

"Il Collegio apostolico"
Già da seminaristi i giovani rampolli Luca e Marco erano spesso condotti dallo zio don Marco Celio nella casa del canonico Giuseppe Benaglio dove si radunava un gruppo di sacerdoti, primi membri del Collegio apostolico, uomini di spiccata levatura culturale e di intensa spiritualità, i quali si scambiavano riflessioni su argomenti di teologia e di morale. Tali preti, raccogliendo sollecitazioni di autorevoli personalità e con l’approvazione del vescovo Dolfin, si dedicavano alla predicazione delle  missioni popolari, dei quaresimali e degli esercizi spirituali.
Frequentando un tale cenacolo, i due adolescenti acquisirono uno stile di studio dei temi discussi, più che non fossero sui banchi di scuola. Nel marzo del 1813 don Luca ricevette l’ordinazione sacerdotale dal vescovo Giampaolo Dolfin.

Predicatore delle missioni popolari
Don Luca appariva non solo preparato, ma anche dotato di una esperienza inusuale in un prete tanto giovane, nella cui formazione peraltro erano confluiti l’intensa pietà della mamma, il colto umanesimo del padre e il raffinato ascetismo dello zio don Celio Marco. Chiedendo di far parte del Collegio apostolico, don Luca sceglieva di vivere una particolare spiritualità, nell’obbedienza al vescovo e nell’incondizionato abbandono alla divina Provvidenza. Accettava di dedicarsi, con assoluta disponibilità ovunque fosse chiamato, anche fuori diocesi, alla predicazione sulla scia degli esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola. Per oltre cinquant’anni don Luca, spesso accompagnato dal fratello don Marco, avrebbe annunciato la parola di Dio, sarebbe stato l’ardente predicatore capace di smuovere gli animi dalla mediocrità e di stimolare gli ascoltatori a riavvicinarsi al Signore. «L’apertura a Dio – scrive il vescovo Roberto Amadei nel presentare la biografia di don Luca Passi della scrittrice Cristina Siccardi (Ed. San Paolo) – genera necessariamente il servizio dei fratelli e arricchisce l’umanità».

La passione educativa
Oltre che all’annuncio della parola, don Luca era animato dalla passione educativa per la promozione umana e cristiana delle fanciulle povere e analfabete. Questa predisposizione gli era nata nel cuore fin da bambino, quando incontrava ragazzi e ragazze abbandonati a se stessi, senza istruzione, senza futuro, mentre lui aveva la fortuna di avere una stupenda famiglia con ottimi genitori, d’essere benestante, istruito e ben curato.  Inoltre aveva sotto gli occhi l’esempio del parroco di Calcinale, don Vallaperta che aveva istituito in parrocchia una compagnia femminile del SS. Sacramento, innovazione audace per l’epoca quando esistevano esclusivamente compagnie maschili. Dal gruppo delle adoratrici del SS. Sacramento, il parroco sceglieva donne capaci di seguire le fanciulle popolane e di dare loro una elementare istruzione.

L’Opera di S. Dorotea
Così, nel cuore di don Luca, andava prendendo forma la Pia Opera di S. Dorotea per il recupero e la formazione delle ragazze. Dorotea, martire del IV secolo originaria della Cappadocia, aveva riavvicinato al Signore le due sorelle Criste e Callista che, durante la persecuzione di Massimiano Erculeo, avevano rinnegato la fede cristiana. Dopo il ritorno dall’apostasia, le giovani donne siglarono con il martirio la definitiva scelta per Cristo. Quella santa vergine sembrava a don Passi un eccellente modello per educare alla fede le ragazze con la testimonianza di altre giovani donne. Tale criterio pedagogico era straordinariamente innovativo e si incentrava su ciò che Giovanni Paolo II, nella sua "Lettera alle donne" (1995) avrebbe definito "il genio femminile". Don Luca affidava alla donna la responsabilità di contribuire attivamente alla formazione cristiana delle fanciulle, le donne del domani: «Non dovete riposarvi – diceva alla maestre dorotee – finché vi sarà una fanciulla a cui possiate giovare» e ancora: «Lo zelo sta alla carità come il calore al fuoco» L’Opera, perfetta sintesi del vangelo vissuto, prendeva piede in molte parrocchie nelle quali egli predicava le missioni, ma si espandeva anche oltre i confini della diocesi, in città di tutta la penisola. Don Luca non si sottrasse all’impegno di costituire anche un riferimento educativo dedicato a fanciulli e adolescenti, fondando l’Opera San Raffaele e coinvolgendo amici sacerdoti e collaboratori. Nel 1838, fondò a Venezia, l’Istituto delle suore Maestre di S. Dorotea a sostegno dell’Opera di S. Dorotea. La morte lo colse nel 1866, circondato da una corale venerazione specialmente da chi aveva visto nei suoi lineamenti il volto del padre.

La beatificazione
Don Luca Passi sarà proclamato beato il 13 aprile nella basilica patriarcale di Venezia con il solenne rito presieduto, a nome del Papa, dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Anche la diocesi di Bergamo sarà presente in  prima fila per rendere omaggio all’illustre presbitero, figura tra le più significative del suo clero del XIX secolo.

Il fuoco del vangelo
L’ardente predicatore della parola di Dio, l’educatore e maestro di generazioni di giovani, ha comunicato il fuoco del vangelo in vari paesi del mondo, affidando agli uomini del nostro tempo la consegna dell’amore per fanciulle e ragazzi. Il card. Albino Luciani, nella presentazione del volume "Don Luca Passi" di Giorgio Papasogli, edito dall’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea, ricordava l’indimenticabile sollecitazione del fondatore alle sue suore: «Siete apostole? Allora ricordate che chi non arde non accende. Siete sante? Allora bisogna abbandonarsi alla Provvidenza e fare la volontà di Dio».