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Arte e Fede

Franca Ghitti,
un’Ultima Cena lunga una vita

L'installazione, nata nel 1963 e continuamente rielaborata, oggi è esposta alla Galleria d'Arte sacra dei contemporanei a Milano. Una meditazione per la Settimana Santa e e testamento spirituale dell'artista recentemente scomparsa.

di Luca FRIGERIO

14 Aprile 2014

È stato il tema della vita, per Franca Ghitti. Rappresentare l’ultima Cena che Gesù condivide con i discepoli alla vigilia della sua Passione. Un momento di fraterna convivialità che si trasforma nel dramma dell’annuncio del tradimento, ma che già svela la salvezza nel dono eucaristico del pane e del vino, corpo e sangue di Cristo.

L’artista bresciana vi lavora a più riprese, periodicamente, con insistenza, con tenacia. Dipinge la sua Cena del giovedì santo nel 1963, a neppure trent’anni. Una tavola dagli echi leonardeschi nell’impostazione, medievale nel simbolismo, modernissima per messaggio, perché senza tempo. Figure massicce, scabre, che si stringono al loro maestro come presaghe della tragedia imminente, della paura del tumulto notturno, della solitudine sul Golgota.

Oggi questa emozionante Ultima Cena è esposta alla Galleria d’Arte sacra dei contemporanei a Milano (Villa Clerici, via Terruggia 14; fino al 19 luglio). Ma attorno al dipinto, come un accumulo di emozioni e di meditazioni, ecco i segni e gli oggetti che Franca Ghitti ha composto negli anni, gesto dopo gesto, preghiera dopo preghiera. Un’installazione cresciuta nella vita dell’artista stessa, e che oggi si rivela come il suo testamento, spirituale prima ancora che artistico.

Ci sono gli elementi della mensa, innanzitutto. I pani, le posate, le coppe per bere. E poi si vedono materiali eterogenei, apparentemente insoliti per un Cenacolo. Carbone e cenere, con cui il pasto è stato preparato, ma anche memento della nostra condizione mortale. Sassi e pietre, quelli che i benpensanti volevano scagliare contro l’adultera, ma anche richiamo alla durezza del cammino su questa terra, inciampi quotidiani. Punte e lame di ferro, simboli dei nostri stessi peccati, che lacerano la carne, che incidono l’anima: lance che feriscono il petto di Gesù sulla croce…

In questa sua elaborata Cena del Signore, Franca Ghitti condensa l’essenza del mondo che ha conosciuto, quello antico delle sue valli montane, quello degli oggetti usati e gettati via, in un’attesa di rinascita e di speranza. Lei che è morta proprio il giorno di Pasqua di due anni fa, cogliendo nell’ultimo sguardo l’alba della Risurrezione.