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Archeologia

L’abitato, la necropoli, il monastero:
in mostra i risultati degli scavi
nei cortili dell’Università Cattolica

Nell'Aula Bontadini dell'ateneo del Sacro Cuore si racconta una grande avventura dell'archeologia milanese, durata dal 1986 al 2004, con cinque campagne di scavo. Inaugurazione lunedì 26 gennaio.

di Luca FRIGERIO Foto Università Cattolica / Soprintendenza Lombardia

21 Gennaio 2015

La scoperta fu eccezionale, di quelle che capitano una volta nella vita di un archeologo (quando si è fortunati). Si era nel settembre del 1991, e da cinque anni ormai si scavava nei cortili dell’Università Cattolica a Milano, a poche decine di metri dalla basilica di Sant’Ambrogio. Molti e interessanti ritrovamenti erano già stati fatti, ma quando fu portata alla luce una grande arca di serizzo ancora sigillata, i ricercatori presagirono che qualcosa di straordinario stava accadendo. Al suo interno, infatti, vennero rinvenuti lo scheletro intatto di una giovane donna e il suo prezioso quanto insolito corredo funebre, che servì a datare la sepoltura alla prima metà del III secolo dopo Cristo.

Questa della “signora del sarcofago”, come fu presto chiamata l’illustre e sconosciuta defunta, è una delle tante storie raccontate nell’esposizione che presenta le indagini archeologiche che si sono succedute fra il 1986 e il 2004 nell’area attualmente occupata dell’ateneo milanese del Sacro Cuore. Cinque distinte campagne di scavo, coordinate dai docenti del dipartimento di archeologia della Cattolica stessa, che si sono rivelate di grande importanza per una conoscenza più approfondita della storia romana della città di Mediolanum, ma anche delle sue vicende successive, medievali e moderne.

Presso l’Aula Bontadini, infatti, oggi è possibile ripercorrere le diverse fasi di utilizzo di questa zona nel settore sud-occidentale del suburbio di Milano (che si estendeva fuori le mura romane, fra Porta Vercellina e Porta Ticinese, e che poi divenne il brolo del monastero santambrosiano), attraverso una panoramica delle testimonianze materiali rinvenute nei diciotto anni di indagini, in un suggestivo allestimento in quella che fu la ghiacciaia settecentesca dei monaci cistercensi.

I dati emersi dagli scavi attestano una frequentazione del sito su cui oggi sorge l’Università Cattolica a partire dall’età augustea, cioè dalla seconda metà del I secolo avanti Cristo. L’area fu interessata, innanzitutto da attività agricole, testimoniate dal ritrovamento di pozzi e canali, con l’insediamento in un secondo tempo di laboratori artigianali, collegati ai principali assi viari cittadini da nuove strade. Il ritrovamento di fosse, anche di grandi dimensioni, riempite con ghiaia e anfore, dimostra l’esigenza di una bonifica idrogeologica dei terreni attorno e di un loro consolidamento.

Già alla fine del I secolo dopo Cristo, tuttavia, sembra esaurirsi la fase residenziale di questa zona suburbana, con l’apertura di cave per il prelievo di ghiaia e sabbia, poi utilizzate come discariche e colmate con macerie provenienti dalla demolizione di edifici signorili: motivo per cui in questi depositi sono stati rinvenuti anche pregevoli arredi marmorei e lacerti di intonaci dipinti.

Si tratta di operazioni di livellamento e di sistemazione che preparano l’area a un sostanziale cambio di funzione, che, dagli inizi del III secolo, viene quindi destinata a sepolcreto. Nei cortili del Sacro Cuore, infatti, gli scavi hanno restituito quasi ottocento deposizioni, pertinenti ad un arco cronologico di oltre due secoli, a dimostrazione dell’intenso utilizzo di questa necropoli. Variegata, inoltre, è la tipologia delle tombe rinvenute, essendo documentate sia inumazioni (entro sarcofago, in nuda terra, in cassa lignea, alla cappuccina…) sia incinerazioni (prevalentemente in fossa terragna, ma anche in anfora), con piccoli mausolei per sepolture di particolare importanza, mensae per la celebrazione di riti comunitari, cippi e iscrizioni funerarie.

Diversi, di conseguenza, appaiono anche i corredi (quando presenti), più poveri o più a ricchi a seconda della classe sociale dei defunti, anche se, in generale, persiste a lungo l’uso di collocare entro la tomba lucerne, recipienti in ceramica e vetro, così come è ampiamente attestata la deposizione di monete, che costituiscono spesso l’unica offerta rinvenuta.

Le indagini archeologiche alla Cattolica sono state condotte in modo esemplare anche per il coinvolgimento delle diverse discipline e il coordinamento dei vari ambiti di ricerca. Particolarmente significative, ad esempio, appaiono le analisi paleoantropologiche condotte sui resti rinvenuti nell’area cimiteriale, dalle quali risulta la presenza di individui “indigeni”, ma anche di provenienza allogena: la “signora del sarcofago”, ad esempio, avrebbe caratteristiche fisiche tipicamente mediterranee; altri scheletri presentano invece una morfologia negroide.

Elementi che confermano la composizione multietnica di Milano fra III e V secolo, quando la città era capitale dell’impero romano d’Occidente e durante l’episcopato di Ambrogio. In un momento, cioè, di grande fermento economico, culturale e religioso, dove convivevano tradizioni e gruppi sociali diversi, nel pieno affermarsi del cristianesimo.

L'esposizione archeologica
verrà inaugurata
lunedì 26 gennaio
in Aula Bontadini
(Largo Gemelli,
Milano)
con una giornata di studi,
con inizio alle 10,
in cui saranno presentati
gli aggiornamenti
sugli scavi nell'area
di Sant'Ambrogio
e dell'Università Cattolica.
Per informazioni,
tel. 02.72343885