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Riflessione

Per la tutela e la valorizzazione
dei beni culturali delle comunità

Come ricorda l'architetto Carlo Capponi, la prima azione positiva di salvaguardia dei beni culturali è svolta dalle stesse comunità cristiane che impiegano quotidianamente chiese ed edifici annessi.

di Carlo CAPPONI Responsabile diocesano Ufficio Beni Culturali

13 Ottobre 2014

La prima azione positiva di tutela dei beni culturali è svolta dalle comunità cristiane che impiegano quotidianamente chiese ed edifici annessi. Questa è la prima valorizzazione, cioè rendere efficace il motivo per cui questi monumenti sono stati realizzati da chi ci ha preceduto, col desiderio che noi stessi possiamo trasmetterli, ancor più arricchiti dal sapere di oggi, come dice il Sinodo diocesano 47°.

Se, come dice la Costituzione, i beni culturali sono patrimonio soggetto a tutela, è dal secolo XVIII che la Chiesa rivolge un’attenzione particolare verso i monumenti, in specie della cristianità, ma non solo: le leggi del Regno sabaudo vennero stese sulla falsariga dei decreti dello Stato della Chiesa, in particolare il Decreto del Camerlengo cardinale Pacca.

Nell’odierna contingenza economica le comunità sono costrette a volgere la massima attenzione alle opere di conservazione. Raramente si possono sviluppare momenti dell’arte, come spesso accadeva in passato. Le prime attenzioni sono alla vera e propria conservazione. I restauri sono quelli emblematici, resi possibili solo da contributi liberali dei maggiori Istituti di credito o dalle loro fondazioni.

La valorizzazione dei beni parte dalla loro conoscenza. In questo senso, per iniziativa dei compianti monsignori Luigi Crivelli e Spirito Carlo Colombo, malgrado la Diocesi fosse da decenni dotata di un inventario dei propri beni mobili, si sviluppò il progetto di inventariazione informatica promossa dall’Ufficio nazionale per i beni culturali della Cei. In questi mesi si porta a compimento la schedatura sull’area della Zona pastorale di Lecco. La scelta è stata obbligata, sia per la vicinanza a correnti di flusso di oggetti verso l’estero, sia per la concorrenza della Fondazione della Provincia di Lecco, emanazione territoriale di Fondazione Cariplo, che ha coperto i costi per la metà che i fondi dell’8xmille non potevano supportare. Grazie a questa fondamentale opera di conoscenza, è ora possibile dare sviluppo alla valorizzazione catechetica e culturale, con mostre di alto profilo e sussidi che accompagnino i cammini di formazione dei differenti passaggi della vita cristiana.

L’offerta formativa trova da anni appuntamento fisso in corsi riuniti sotto il comune denominatore di «Arte e fede», a cura di monsignor Domenico Sguaitamatti, come nella partecipazione a gruppi di studio e ricerca (per esempio Milano archeologia, che riunisce la Soprintendenza all’archeologia con le Università milanesi). La formazione avviene anche con la creazione di veri e propri percorsi, specie in collaborazione con l’Ordine degli architetti e l’Associazione delle imprese edili delle provincie di Milano, Lodi e Monza e Brianza.

Il tema di Expo è ordinariamente svolto come ricerca di senso per chi opera nel campo dei beni culturali. Se «nutrire il pianeta» in senso stretto è ancora oggi un compito sociale non esaurito, è certamente non secondario portare a compimento quel celeberrimo passaggio letterario secondo cui «solo la bellezza salverà il mondo». Questo è anche un cammino di formazione alla ricerca di quella unità originaria che ci era riservata in Eden. Ancora molto è da fare per la formazione del popolo di Dio affinché quello che il Sinodo chiede sia portato in tutti i luoghi di culto: in questa linea l’offerta dell’Evangelario fatta dal cardinale Tettamanzi a tutte le comunità è emblematica. Ma le linee-guida dell’ultimo Concilio non possono certo dirsi esaurite a pochi decenni dalla loro pubblicazione. È un cammino di speranza sul quale siamo chiamati a portare i nostri piccoli passi.