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Economia

A margine della crisi greca

Tra rinvii, rigore e interessi... che brutta partita!

di Nicola SALVAGNIN

20 Luglio 2015

Ma chi aveva il coltello dalla parte del manico? Il Governo greco che minacciava di non ripagare un debito pubblico che quasi nessuno pensa verrà ripagato (almeno per intero)? O le istituzioni dell’eurozona che possono chiudere il rubinetto della moneta in 24-48 ore, mettendo le banche greche in ginocchio, e quindi l’intero Paese?

Stabilito questo, e al netto della pantomima politica che le parti hanno dovuto (e nel caso greco, voluto) recitare ognuno per salvaguardare faccia e interessi propri, il manico del coltello stava appunto da una parte precisa e non c’è voluta alcuna azione cruenta per riportare il governo di Alexis Tsipras a quel tavolo di trattative che aveva abbandonato all’improvviso per sottoporre al popolo greco la scelta di accettare o meno le condizioni dell’eurozona. Referendum che appunto le ha rigettate, ma che è durato lo spazio di un mattino. Tsipras non solo è tornato a trattare, conscio che la situazione finanziaria del suo Paese è al collasso, ma ha dovuto addirittura promettere più di quanto gli veniva richiesto prima del referendum: una manovra di oltre 12 miliardi di euro (prima: 8,5 miliardi) in due anni. Considerato il Pil di Atene, è come se Renzi tornasse a casa con una manovra da 100 miliardi di euro per l’Italia. Da svenire.

O da morire, se non fosse che la manovra in questione si basa tutta o quasi su nuove tasse o sulla fine di certe incredibili esenzioni fiscali: come quella che praticamente lascia fuori il Fisco ellenico dalle tantissime isole dell’Egeo e dalle tasche dei contadini. Si conta di spennare un po’ di più i miliardari locali, ben trattati addirittura a livello costituzionale e comunque da tempo con i patrimoni messi al sicuro in paradisi fiscali. Una torchiatona agli utili aziendali, semmai le aziende greche ne faranno in queste ostilissime condizioni: nessuno presta loro soldi, nessuno pensa che siano produttrici di ricchezza per il Paese, nessuno le mette in condizione per competere con la concorrenza estera, o comunque di non rimanere avvolte nella rapace burocrazia locale (tutte cose che noi italiani…). Cresce l’Iva, e crescerà di più come aumenteranno altre tasse se la manovra promessa da Tsipras e compagni non darà i frutti sperati.

Tutti sanno che ciò non accadrà, l’eurozona sa perfettamente che così si dissangua un anemico: nessuno ha un’idea di come sarà questo Paese tra sei mesi. Ma, appunto, questa è l’ultima delle preoccupazioni sia della classe dirigente ellenica sia dei politici e burocrati europei.

Un rinvio, dunque. L’impressione è che questi rinvii abbiano un unico scopo: quello di studiare il modo per espellere la Grecia dal gruppo dell’euro e lasciarla al suo destino. Nel mezzo, il rigore e gli interessi dei creditori; le ambasce e le furbizie dei debitori. Le enormi difficoltà di troppe persone. Che brutta partita.