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Milano

Al no profit in Italia
servono imprenditori

Riflessioni sulle modalità di sviluppo del settore e proposte concrete portate all’attenzione del prossimo Governo in un convegno promosso da Cergas e SDA Bocconi

di Elena CARRERA

18 Febbraio 2013

Fin quando non verrà condivisa la sussidiarietà circolare e non verrà modificato l’articolo 2082 del Codice civile – che definisce imprenditore solo chi produce profitto -, il terzo settore non uscirà dai margini del dibattito politico italiano. Lo sostiene Stefano Zamagni, docente all’Università di Bologna e padre della legge sul no profit, vi concordano tutti i relatori intervenuti al convegno “Proposte operative per un’agenda sociale”, organizzato da Cergas e dal Master NP&Coop della SDA dell’Università Bocconi lo scorso 14 febbraio. Nel contempo sono state proposte pubblicamente alcune azioni concrete da sottoporre al Governo che uscirà dalle elezioni del 24 e del 25 febbraio.

Per Roberto Randazzo (Master NP&Coop) esiste già uno strumento efficace per sostenere il settore, ossia i vantaggi fiscali connessi agli investimenti in start up innovative con vocazione sociale, previste dal Dl 179/12. Per le persone fisiche, questo equivale a una detrazione di imposta pari al 25% della somma investita (massimo 500 mila euro per periodo di imposta, che deve protrarsi nella sua interezza almeno per due anni consecutivi, pena la decadenza dal regime agevolato). Per le persone giuridiche, invece, è una deduzione pari al 27% delle somme investite (massimo 1,8 milioni di euro, che deve protrarsi nella sua interezza almeno per due anni consecutivi, pena la decadenza dal regime agevolato).

Flaviano Zandonai (Iris Network) ha sottolineato che, oltre a pensare a nuove proposte, è richiesto un maggiore impegno a utilizzare al meglio ciò che già esiste, come la legge sulle imprese sociali, finora poco utilizzata anche a causa di una scarsa informazione. Ha inoltre evidenziato la rilevanza di network come Iris (la rete degli istituti di ricerca sull’impresa sociale) e altri, nei quali è possibile rimarcare e far circolare le buone pratiche.

Cinque le proposte di Alessandro Mazzullo (Comitato Innovazione Terzo settore): finanziamento per la capitalizzazione delle imprese sociali, finanziamento con titoli obbligazionari, fiscalità compensativa commisurata alla certificazione del risparmio ottenuto in virtù dell’impatto sociale, rilancio dell’Authority per il terzo settore con poteri consultivi-propositivi e di vigilanza, allentamento dei vincoli burocratici. Attraverso queste leve il Comitato I3S chiede di tradurre l’agenda politica del Governo in riforme normative e in politiche realistiche, in grado di sostenere e sviluppare il Terzo settore e con esso tutto il sistema economico e sociale del Paese.

Infine il settimanale Vita – il cui comitato editoriale è partecipato da 65 organizzazioni del non profit, in rappresentanza di oltre 52 mila associazioni territoriali – ha messo sul tavolo per il futuro Governo quattro obiettivi (lavorare, produrre, cooperare, proteggere) da realizzare in 100 giorni e due (educare e donare) da realizzare in 365 giorni.

Al termine del convegno è stata lanciata anche una proposta accademica: creare la nuova Sec, la Scuola di Economia Civile nella quale raccogliere le giovani intelligenze del Paese interessate a sviluppare ulteriormente le conoscenze acquisite con Phd e Master. L’Economia civile ha bisogno non più di operatori sociali, bensì di imprenditori. Anche se l’articolo 2082 non dovesse venire modificato, come hanno rilevato in conclusione Elio Borgonovi e Giorgio Fiorentini.