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Intervista

«Gli immigrati hanno paura»

Non solo gli italiani sono spaventati dal generale clima di insicurezza che si percepisce. Parla don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale dei migranti: «Gli stranieri non capiscono perché mai all'improvviso si ritrovano in un Paese così ostile»

di Pino NARDI

15 Luglio 2008

«Sulla clandestinità bisognerà capire, perché sembra che il Governo si stia ricredendo dopo i richiami di Onu e Vaticano. Diciamo con chiarezza che il reato di immigrazione clandestina è contro i diritti della persona. È stato detto anche da persone più autorevoli di me. Poi che uno Stato si debba difendere da questo fenomeno è vero ed è sacrosanto. Noi siamo per la legalità nella migrazione, è il primo aspetto che sottolineiamo nel rapporto con loro. Ma da qui a ipotizzare un reato ce ne corre. Credo che il buon senso italiano alla fine prevalga». Don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale dei migranti, riflette sull’attuale clima ostile e segnala la paura che serpeggia tra gli stranieri. L’unica via seria rimane l’integrazione.

Come stanno vivendo questa stagione gli stranieri?
Non è facile oggi parlare di immigrazione, soprattutto dopo l’ultima tornata elettorale, non tanto per le scelte politiche fatte, legittime e da rispettare, quanto piuttosto per il clima che emerge. Non sfugge a nessuno che è stato un voto a favore o contro l’immigrazione, rivelando anche enormi carenze nella comunicazione dei media. Un clima purtroppo di confusione: si confonde l’immigrato buono con quello “cattivo”. Anche sui clandestini si sono idee molto confuse. E si sa che nella confusione non si possono risolvere i problemi. Mi ha meravigliato l’atteggiamento dei miei amici immigrati che ho accolto anche domenica nelle diverse chiese: prima della paura, esprimono stupore. Mi hanno detto: «Ma perché mai gli italiani, che erano così buoni con noi, adesso all’improvviso si sono rivelati così contrari? Invece poi guai se non torno dalla nonna che curo, se non mangio con lei…». Addirittura, quando hanno sentito di controlli, di qualcuno portato in questura – a volte con qualche scorrettezza dal punto di vista legale – si è messa a serpeggiare anche un po’ di paura: «Ma allora, padre, cosa facciamo, dobbiamo stare chiusi in casa?». I sentimenti allora ondeggiano su queste due linee: una della meraviglia, del non capire perché mai all’improvviso ci si ritrova con un Paese così ostile, mentre pensavano di essere necessari e utili. E, di conseguenza, anche paura: comincerei a parlare di sicurezza anche per i nostri carissimi immigrati, che sono qui per un lavoro onesto e in regola.

Invece l’insicurezza è associata alla presenza degli immigrati…
Ma perché avviene? Se ragioniamo un poco, la sicurezza che chiediamo è ben altra: di fronte alla perdita evidente dei valori del popolo italiano, i genitori si sentono insicuri nei confronti dei figli e della scuola, perché non si sa più su quali basi poggiare l’autorità. Poi abbiamo bisogno di sicurezza per il lavoro e gli stipendi. Sul capitolo criminalità, sappiamo benissimo del sistema mafioso che non si riesce a debellare, oppure del lavoro nero. Sono difetti nostri da ben prima dell’immigrazione.

Per l’integrazione il ricongiungimento familiare è una via importante, ma l’iter è ancora lungo…
È necessario proporre soluzioni positive per l’integrazione: perciò bisognerà che sul piano legale si parli di quelle forme di sostegno che un Governo ha il dovere di proporre ai cittadini. Altrimenti non ce la caviamo più, se passiamo da un estremo all’altro, dall’accoglienza totale al respingimento totale. Per esempio, l’insistenza non solo nostra, ma di chi ha un po’ di buon senso, sui ricongiungimenti familiari. Una migrazione si avvia a una soluzione positiva quando le famiglie si ricongiungono, quando uomini e donne con i loro figli possono vivere regolarmente insieme. Non so cosa il nuovo Governo stia pensando, ma noi non smetteremo mai di chiedere facilitazioni nei ricongiungimenti, nella totale legalità. Però si aprano vie più brevi, perché un uomo non debba aspettare 12-14 mesi dopo aver preparato tutti i documenti per stare con la propria donna. Dunque ricongiungimenti familiari e impegno nelle scuole per l’integrazione sono i primi passi che si dovrebbero fare al di là delle paure che tormentano il Paese. Bisogna andare avanti con coraggio sulla via dell’approfondimento, del dialogo interculturale, ma con provvedimenti seri e con investimenti.

Il cardinale Tettamanzi ha detto che la strada per l’integrazione è faticosa, ma è l’unica pienamente umana…
Senza alcun dubbio. L’Arcivescovo si è sentito in dovere lunedì a San Siro di dire, visto il grande numero di ragazzi immigrati, che è importante lavorare per l’integrazione. E noi siamo con lui, ovviamente. Credo che in questi tempi il Cardinale sia la nostra più bella espressione, perché ha il coraggio di andare avanti su quella strada che ci siamo concordemente assegnati ormai da un po’ di anni.

Puntare sui giovani è guardare all’Italia di domani…
Credo che occorre fare ogni sforzo per far capire prima di tutto alle nostre comunità cristiane, ma poi a tutta la società, che la migrazione, risolti i problemi di illegalità e di criminalità, è senz’altro il più importante fattore perché il nostro Paese faccia quel passo in avanti verso un’apertura culturale alla mondialità. Il grande insegnamento evangelico è ancora il più importante: non abbiate paura.