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Il Pd e la “questione morale”

L'intreccio perverso tra affari e politica non riguarda solo il centro sinistra. Ma il Partito Democratico non può tirarsi indietro da un serio e urgente esame di coscienza, che non deve limitarsi alla sola questione della leadership

18 Dicembre 2008

19/12/2008

di Antonio AIRÒ

Napoli, Pescara, Firenze, Genova, Crotone, le Regioni Basilicata e Calabria e mettiamoci sullo sfondo l’incredibile vicenda degli alti magistrati di Salerno e Catanzaro, che si sequestrano a vicenda gli atti della stessa inchiesta.

In questo rosario di città e Regioni ci sono aspetti comuni: l’intreccio perverso tra affari e politica che si traduce in una serie di reati sui quali stanno indagando i giudici e il “governo” di queste amministrazioni pubbliche da parte del centro sinistra. Anche se il coinvolgimento riguarda, con modi e gradualità diversi, politici di centro destra, imprenditori anche di rango, funzionari dello Stato, militari e magistrati.

Siamo di fronte a una grande e grave “questione morale” – che può richiamare in parte la Tangentopoli dei primi anni Novanta – che sembra delineare un quadro di corruzioni, concussioni, abusi continui e diffusi concentratosi in questi ultimi tempi sul centro sinistra e su non pochi dei suoi dirigenti. Di più, mette in discussione la leadership del Partito Democratico e la sua capacità di affrontare e superare, in tempi rapidi e con scelte adeguate, questa tempesta che l’ha colpito. Recuperando credibilità.

La “questione morale” – dobbiamo dirlo con chiarezza – non riguarda solo il centro sinistra. La gran parte degli amministratori pubblici di tutti i partiti svolgono con onestà e impegno quotidiano il loro compito. Ma tutte le forze politiche, nessuna esclusa, sembrano coinvolte in una sorta di sistema più condiviso ed esteso di quanto si possa immaginare, tanto da dare dell’Italia il ritratto di un Paese fondato sul malaffare e nel quale la criminalità organizzata (si pensi alle aree del Mezzogiorno) ha un peso finanziario ed economico e una capacità di controllo del territorio non indifferenti.

L’opinione pubblica, inoltre, è più esigente nei confronti di un partito come quello Democratico, che dovrebbe essere motivato, anche per le storie e le tradizioni che le sue componenti hanno alle spalle, da un’alta concezione etica. Per questo il Partito Democratico non può tirarsi indietro da un serio e urgente esame di coscienza.

Diciamo subito che ci sembra ingeneroso ridurre tutta la “questione morale” alla sostituzione (come sembrano richiedere alcuni dirigenti del Pd) del segretario Veltroni. Può darsi che questo sia anche un passo necessario, da collocare però in un contesto diverso rispetto a quello che i cittadini hanno sotto gli occhi, dove sembrano prevalere vecchi e superati schemi (pro D’Alema o contro Veltroni o viceversa, tanto per citare il primo che ci viene in mente; dove schierarsi per le Europee…) e che passa inevitabilmente per un generale ricambio della classe dirigente, partendo da quelle leadership periferiche che proprio l’elezione diretta del sindaco ha fatto emergere.

Il Partito democratico deve avere consapevolezza – e altrettanto debbono fare i partiti del centro destra – che rompere l’intreccio tra politica e affari non è impresa facile («piove, governo ladro!» è un proverbio che ha avuto, e ha, lungo corso nella nostra storia istituzionale) e deve anche saper mettere in conto eventuali strumentalizzazioni. Deve però liberarsi dall’impaccio, presente ancora in alcune componenti, e dalla sorpresa di vedere suoi esponenti, anche di primo piano, implicati in vicende che, anche quando non hanno risvolti giudiziari, rivelano una caduta etica nella gestione del potere.

Non esistono ricette facili per rispondere alla richiesta di una politica “pulita”, efficace ed efficiente. Le tentazioni sono sempre dietro l’angolo, sia a destra, sia a sinistra. Ma il Partito Democratico non può rassegnarsi a un declino morale, consolandosi magari per il fatto che anche il Popolo delle Libertà o l’Udc si trovano nello loro stessa situazione. Men che meno può inseguire un giustizialismo fine a se stesso. Deve però dare dei segnali concreti e comprensibili. Ci saranno?