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Ragazzi, al di là di favole e stereotipi

Dal nono Rapporto sull'infanzia e l'adolescenza curato da Eurispes e Telefono Azzurro, segnali preoccupanti (la paura di rimanere soli), ma anche di speranza, come la "dote di apertura alla vita"

25 Novembre 2008

25/11/2008

di Andrea CASAVECCHIA

Quando si riflette sui giovani, si può andare al di là delle favole e degli stereotipi. È un obiettivo raggiungibile, se si prova a descrivere la realtà, senza avere la pretesa di raccontarla tutta, cercando di intuire alcune peculiarità che distinguono le nuove generazioni rispetto a quelle che le hanno precedute. Così si possono cogliere elementi significativi per disegnarne in chiaroscuro i lineamenti di un’immagine anche dal nono Rapporto sull’infanzia e l’adolescenza di Eurispes – Telefono Azzurro. Dietro a quei dati si scorgono persone reali e concrete con pregi e difetti.

I tratti emergenti descrivono bambini e ragazzi che non hanno la consapevolezza delle loro difficoltà quotidiane: incontrano il fenomeno del bullismo e percepiscono i pericoli che derivano dall’alcol. Tuttavia ci si accorge, tra le righe delle loro risposte, che i giovanissimi non sono completamente inermi. Possiedono una capacità di reazione. Lo dimostrano indicando qualche via di soluzione: contro i soprusi, per esempio, spesso si rivolgono ai genitori o agli insegnanti; oppure, nelle notti in cui bevono, successivamente evitano di mettersi a guidare.

Riflettendo sui dati, inoltre, ci si accorge che rimanere soli è la minaccia percepita in modo maggiore. Lo si nota nei bambini che hanno paura, soprattutto, di essere rapiti e quindi di rimanere separati dai loro genitori. Purtroppo proprio la solitudine diventa la chiave della loro vulnerabilità. L’indicazione emerge, in particolare, tra gli adolescenti in crisi. Quelli che si rifugiano nei blog e raccontano come in un diario aperto al mondo dell’anoressia o della bulimia da cui sono colpiti. Il web diventa la tribuna pubblica per lanciare il grido del loro dolore e la denuncia del loro stato di malessere, che deriva spesso dall’incomprensione, dal muro di silenzio… dall’isolamento in cui si lasciano cadere.

Fortunatamente dal panorama descritto sul mondo giovanile sorge anche un “seme da coltivare e curare”, che accomuna le generazioni. Si rileva nella “dote di apertura alla vita”, alle possibilità che offre e alle prospettive che ne derivano. Lo suggerisce quella maggioranza che confida di trovare un lavoro sicuro e soddisfacente da adulto, anche durante un periodo nel quale si percepisce continuamente l’atmosfera di crisi economica e di continua precarietà lavorativa; lo conferma l’abilità con la quale interagiscono con le nuove tecnologie di comunicazione; lo ribadisce, infine, la ricchezza e la naturalezza delle amicizie nate nelle scuole tra alunni di diversa nazionalità che indicano la semplicità con cui si possono superare le apparenze che montano i pregiudizi dei loro genitori.

Si rintracciano qui le tracce di speranza per il futuro, per la società che si va formando. Non nascono solo guardando alle legittime aspirazioni dei più piccoli per una vita serena, ma soprattutto nella loro capacità di vivere e affrontare oggi in modo creativo e costruttivo le novità che il mondo multietnico e ipertecnologico propone loro. Raccogliere la loro speranza, questa cifra che guida il percorso delle nuove generazioni, senza soffocarla, ma anzi motivandola e promuovendola è la vera sfida del mondo adulto che, invece, in Italia sembra piuttosto appesantito dalle paure della vecchiaia.