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Reato di clandestinità, opinioni a confronto

Il Terzo Settore: «Incompatibile con la nostra tradizione democratica». «Dannoso e ingestibile» per Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il procuratore antimafia Pietro Grasso: «Colpire con rigore chi commette reati e regolarizzare chi vuole lavorare e integrarsi»

5 Giugno 2008

26/05/2008

«Combattere la clandestinità come fenomeno è una necessità se vogliamo fare una seria politica dell’immigrazione nel nostro Paese», secondo Maria Guidotti e Vilma Mazzocco, portavoci del Forum del Terzo Settore; tuttavia «alcuni dei provvedimenti annunciati dal Governo rischiano di criminalizzare i migranti e i rom e attribuiscono rilevanza penale a comportamenti sinora considerati nell’ambito del disagio sociale».

E aggiungono: «Non è l’emigrato a scegliere di essere irregolare, ma è la legge a obbligarlo: infatti l’unico modo per entrare in Italia è la chiamata diretta e non esiste un datore di lavoro che assuma senza conoscere il lavoratore. E inoltre non esiste alcuna lista dei lavoratori stranieri disponibili».

Mazzocco e Guidotti invitano il Governo «ad aprire un confronto con le parti sociali riflettendo soprattutto sulla tutela dei diritti fondamentali garantiti a tutti gli individui dal diritto internazionale e dall’articolo 3 della Costituzione. Il reato di clandestinità incluso nel cosiddetto pacchetto sicurezza è incompatibile con la nostra tradizione democratica».

Il reato di immigrazione clandestina è «dannoso e ingestibile» per Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Famiglia: «Ho apprezzato che il reato di clandestinità sia stato messo nel disegno di legge e non nel decreto legge: quindi sarà il Parlamento a discutere della questione. Dal mio punto di vista l’introduzione di questo reato indebolisce la lotta alla clandestinità e non la rafforza».

E spiega: «Processare decine di migliaia di persone, ovvero farle entrare in un circuito penale con primo grado, appello e Cassazione e nel frattempo farli permanere in Italia per i diritti di difesa, rischia di aggravare la situazione e non di risolverla». Il sottosegretario sarebbe invece favorevole a «rafforzare assolutamente tutti i meccanismi, compresi i Centri di permanenza territoriali (Cpt), che consentano l’identificazione e l’espulsione, ma per via amministrativa».

Sulla questione badanti e colf, Giovanardi non ha dubbi: «La sanatoria no, perché vuol dire che chi è in Italia resta, indipendentemente da quello che fa. Regolarizzare vuol dire invece che un rapporto di lavoro già in essere si trasforma in un contratto di lavoro. Un vantaggio per le famiglie, che hanno necessità di queste figure professionali, e un vantaggio per il fisco: la messa in regola porta benefici per i lavoratori anche a livello di contributi Inps e inoltre fa emergere dal nero e dalla clandestinità situazioni che non destano allarme sociale».

Occorre «non far entrare chi non deve entrare, colpire con rigore chi commette reati e regolarizzare sotto il profilo lavorativo chi vuole lavorare e integrarsi»: questo è invece il parere del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Il prolungamento di permanenza nei Cpt «può consentire una migliore gestione del periodo in cui non si sa nemmeno chi sia l’immigrato. C’è gente che ha avuto condanne con dodici nomi diversi».