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Ricongiungimenti, la lunga attesa di Reginald

Arrivato dallo Sri Lanka nel 2001, oggi lavora come sacrestano nella chiesa di S. Maria dei Miracoli a Milano. Nel 2005 ha chiesto che la sua famiglia potesse raggiungerlo, ma l'iter è molto lungo e solo tra qualche settimana potrà riabbracciare i suoi cari

15 Luglio 2008

10/06/2008

di Luisa BOVE

Reginald è arrivato in Italia nell’aprile 2001. In Sri Lanka ha lasciato la moglie e una figlia per venire a Milano a lavorare. «Quando sono arrivato pensavo di fermarmi solo cinque anni e invece sono ancora qui», ammette.

Ricorda ancora quel giorno, era la vigilia di Pasqua. «All’inizio è stato faticoso, dovevo cercare un posto per dormire – racconta -, poi ho incontrato tre ragazzi e uno di loro mi ha ospitato a casa sua». Per mangiare, invece, è andato per due anni alla mensa di piazza S. Angelo, dove aveva il pasto gratis a mezzogiorno e sera.

Entrato in Italia con un visto valido per un mese, si è poi fermato come clandestino fino a quando, nel maggio 2003, ha ottenuto il primo permesso di soggiorno. Per vivere e inviare soldi alla famiglia ha iniziato a lavorare part-time come domestico, «ma nel 2005 ho trovato un posto fisso come sacrestano nella chiesa di S. Maria dei Miracoli in corso Italia, presso i Padri oblati. Ringrazio sempre Dio per gli aiuti che ho trovato a Milano, soprattutto da parte della Chiesa, non posso dimenticare i sacerdoti che mi hanno sostenuto, non solo dal punto di vista economico, ma anche morale e spirituale».

«Ho aspettato che nascesse il mio secondo figlio (11 agosto 2005) per chiedere il ricongiungimento familiare, gli ho scattato una fotografia che ho aggiunto ai documenti, ma dalla richiesta del nulla osta sono già passati tre anni».

Reginald sa che ci vuole pazienza e che l’iter burocratico è molto lungo: «Quando siamo andati all’Ambasciata italiana in Sri Lanka ci hanno detto che ci voleva tanto tempo per ottenere timbri e visti, ma dopo 6 mesi i documenti scadono e allora bisogna rifare tutto. Ma non è colpa dell’Italia, anche se spesso cambiano le regole».

Quando ha avuto i documenti dal suo Paese, li ha portati allo sportello Immigrazione della Prefettura di viale Certosa, unendo anche una lettera di don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale dei migranti. Era l’ottobre 2006.

Dopo un primo viaggio della moglie e dei figli nel dicembre 2007 per presentare altri documenti in Prefettura, nei giorni scorsi i familiari sono tornati a Milano «perché la Questura aveva dato l’appuntamento per prendere le impronte digitali di tutti».

Naturalmente sono già ripartiti: «Mia figlia va a scuola, per questo li ho rimandati in Sri Lanka, preferisco farli tornare quando sono pronti i documenti, altri invece si fermano in Italia e aspettano da clandestini». In effetti i viaggi costano, «io ho perso molti soldi», dice Reginald, anche se ammette, «sono stato aiutato per l’acquisto dei biglietti».

Pensando a sua figlia, che oggi ha 12 anni, non nasconde di avere «paura» all’idea che venga in Italia. «È molto brava a scuola e la maestra, ma anche mia moglie, le suore e il sacerdote, insistono perché rimanga a studiare lì». Occorre comunque il nulla osta dalla scuola e dal Comune, ma ora è più difficile ottenerlo. Tra qualche settimana però moglie e figli torneranno: il 4 agosto sono stati convocati per ritirare il permesso di soggiorno.