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Immigrazione

Quattro badanti su dieci vengono dai Paesi dell’Est europeo

I dati di una ricerca condotta dalle Acli

14 Ottobre 2009

Secondo la ricerca Il welfare fatto in casa, condotta dalle Acli, tra le badanti i Paesi più rappresentati sono Romania (20%), Ucraina (12,7%), Filippine (19%) e Moldavia (6%). Seguono Perù, Ecuador, Polonia e Sri Lanka. Molte donne hanno lasciato nel proprio Paese figli e mariti: riguarda più del 60% delle badanti straniere. Oltre 6 lavoratrici su 10 (63%) sono entrate in Italia con un visto turistico e il 18% in maniera irregolare. Quasi una colf su quattro (24%) ha dichiarato di vivere e lavorare in Italia in condizione di irregolarità. Chi è irregolare o in Italia da meno di 2 anni lavora in media 17 ore in più a settimana, ma guadagna meno di 750 euro mensili.
«C’è senza dubbio anche una questione economica – argomenta Sergio Pasquinelli, sociologo e ricercatore dell’Irs -. Il lavoro di cura domiciliare è competitivo fintanto che rimane in nero. Quando emerge non è più conveniente, e a volte non è neppure sostenibile per le famiglie». Pasquinelli ha fatto anche qualche conto: «Una badante in regola a 50 ore alla settimana costa tra le 1.250 e le 1.300 euro al mese, senza contare le spese di vitto e alloggio. In Lombardia la retta media in una casa di cura è di 1.650 euro, ma con oscillazioni che variano tra i 1.100 di Sondrio e i 2.500 di Milano. È chiaro che, soprattutto se la persona da curare è affetta da patologie gravi, uno preferisce affidarsi a una struttura sanitaria, che offre maggiori garanzie, a costi pressoché analoghi. La badante resta, invece, una valida scelta sul mercato del lavoro di cura, a patto però che sia in nero, dove lo stipendio a parità di ore può scendere di un terzo. Il fatto grave è che per i redditi più bassi questa scelta è obbligata. Un pensionato guadagna in media tra i mille e i 1.500 euro al mese: il massimo cui può aspirare è una badante clandestina, a patto che ci sia un figlio che integri il suo reddito».
I conti hanno cominciato a farli anche ai centri di ascolto Caritas. «La crisi ha impoverito le famiglie – sostiene una volontaria – e a cascata ha reso più povero anche chi già lo era: gli stranieri. Chi è in cassa integrazione ha rinunciato alla colf a ore. E così le donne che facevano pulizie per diverse famiglie, alla tariffa oraria di 6-7 euro, hanno perso pure questa forma di reddito. Qualche italiano, poi, forse spaventato dal giro di vite sui clandestini, ha preferito lasciare a casa la badante. E così ora vengono da noi a chiedere non più il lavoro, ma il pacco viveri». Secondo la ricerca Il welfare fatto in casa, condotta dalle Acli, tra le badanti i Paesi più rappresentati sono Romania (20%), Ucraina (12,7%), Filippine (19%) e Moldavia (6%). Seguono Perù, Ecuador, Polonia e Sri Lanka. Molte donne hanno lasciato nel proprio Paese figli e mariti: riguarda più del 60% delle badanti straniere. Oltre 6 lavoratrici su 10 (63%) sono entrate in Italia con un visto turistico e il 18% in maniera irregolare. Quasi una colf su quattro (24%) ha dichiarato di vivere e lavorare in Italia in condizione di irregolarità. Chi è irregolare o in Italia da meno di 2 anni lavora in media 17 ore in più a settimana, ma guadagna meno di 750 euro mensili.«C’è senza dubbio anche una questione economica – argomenta Sergio Pasquinelli, sociologo e ricercatore dell’Irs -. Il lavoro di cura domiciliare è competitivo fintanto che rimane in nero. Quando emerge non è più conveniente, e a volte non è neppure sostenibile per le famiglie». Pasquinelli ha fatto anche qualche conto: «Una badante in regola a 50 ore alla settimana costa tra le 1.250 e le 1.300 euro al mese, senza contare le spese di vitto e alloggio. In Lombardia la retta media in una casa di cura è di 1.650 euro, ma con oscillazioni che variano tra i 1.100 di Sondrio e i 2.500 di Milano. È chiaro che, soprattutto se la persona da curare è affetta da patologie gravi, uno preferisce affidarsi a una struttura sanitaria, che offre maggiori garanzie, a costi pressoché analoghi. La badante resta, invece, una valida scelta sul mercato del lavoro di cura, a patto però che sia in nero, dove lo stipendio a parità di ore può scendere di un terzo. Il fatto grave è che per i redditi più bassi questa scelta è obbligata. Un pensionato guadagna in media tra i mille e i 1.500 euro al mese: il massimo cui può aspirare è una badante clandestina, a patto che ci sia un figlio che integri il suo reddito».I conti hanno cominciato a farli anche ai centri di ascolto Caritas. «La crisi ha impoverito le famiglie – sostiene una volontaria – e a cascata ha reso più povero anche chi già lo era: gli stranieri. Chi è in cassa integrazione ha rinunciato alla colf a ore. E così le donne che facevano pulizie per diverse famiglie, alla tariffa oraria di 6-7 euro, hanno perso pure questa forma di reddito. Qualche italiano, poi, forse spaventato dal giro di vite sui clandestini, ha preferito lasciare a casa la badante. E così ora vengono da noi a chiedere non più il lavoro, ma il pacco viveri».