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Gaza

L’assalto alla nave delle Ong si doveva e si poteva evitare

I commenti del Papa e le reazioni internazionali. Il parere del custode di Terrasanta e del parroco della Striscia

di Daniele ROCCHI Redazione

1 Giugno 2010

«Un fatto molto doloroso, in particolare per l’inutile perdita di vite umane». È la reazione della Santa Sede all’assalto della marina israeliana, il 31 maggio, alla nave turca “Mavi Marmara”, che faceva parte della Freedom Flotilla, con a bordo volontari delle Ong di vari Paesi, diretta alla Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari.
Nell’assalto, ma le cifre non sono confermate, si contano almeno 19 morti tra gli attivisti e numerosi feriti. Diverse le ricostruzioni dell’accaduto: i militari israeliani affermano che «dalla nave hanno sparato sui commando che stavano salendo a bordo». Gli attivisti parlano di «attacco illegale in acque internazionali». La Farnesina ha comunicato che non ci sarebbero vittime tra gli italiani, cinque, a bordo del convoglio navale.
«Seguiamo la vicenda con attenzione e preoccupazione – ha affermato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi – la Santa Sede è sempre contraria all’impiego della violenza, da qualsiasi parte essa venga, perché rende più difficile la ricerca delle soluzioni pacifiche, che sono le sole lungimiranti. Benedetto XVI che si recherà fra pochi giorni a Cipro, proprio nell’area mediorientale, non mancherà di riproporre con costanza il messaggio di pace».
Numerose e tutte di condanna le reazioni e i commenti all’attacco che vengono da esponenti della Chiesa di Terra Santa e da Organizzazioni non governative impegnate nello scenario mediorientale. «Una tragedia inutile e che si poteva evitare» ha affermato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, per il quale si è davanti a «una tragedia che non aiuterà il cosiddetto processo di pace e che non contribuirà a creare quell’atmosfera necessaria perché le prospettive di negoziato abbiano un minimo di fattibilità ciò che è accaduto è un evidente segno che, nonostante proclami e annunci di trattative gli animi di ambo le parti, sono avvitati su se stessi e con poche prospettive. La comunità internazionale sembrerebbe quasi rassegnata davanti a questa situazione, con poca volontà e desiderio di entrare in questo ginepraio dove ogni cosa, ogni parola, ogni gesto suscita reazioni come abbiamo visto anche oggi. È una situazione paralizzata».
A distanza di qualche ora dall’attacco i toni delle reazioni si sono fatti più aspri: da una parte il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha offerto tutto «il pieno sostegno» all’operato delle forze militari, dall’altra Onu, Usa e Unione europea hanno condannato l’atto chiedendo chiarezza e l’apertura di una inchiesta. Il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, ha parlato chiaramente di «chiara e inaccettabile violazione della legge internazionale, in particolare della quarta convenzione di Ginevra».
La notizia non ha mancato di mandare in subbuglio le piazze palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia, in particolare a Gaza city dove gli attivisti della Freedom Flotilla erano attesi. Una conferma in tal senso è arrivata dal parroco della Striscia, padre Jorge Hernandez, che ha detto che «è stato indetto un giorno di lutto» e che «sono in corso in diversi punti della città e della Striscia delle manifestazioni di protesta. Il clima che si respira è pesante e i rischi di escalation della violenza sono concreti e per questo si consiglia di avere molta attenzione e prudenza». «Una tragedia – ha dichiarato – accaduta proprio nel pieno della “Settimana mondiale per la pace in Palestina e in Israele” (29 maggio – 4 giugno ndr.), promossa su iniziativa del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). Non so esprimere il nostro disagio davanti a un fatto del genere che doveva e poteva essere evitato. Israele aveva detto che avrebbe bloccato ogni tentativo di avvicinamento a Gaza. Israele ha i mezzi per prevenire e controllare tali situazioni. Non era necessario arrivare ad uccidere ed ora il rischio è che violenza chiami altra violenza. C’è già chi parla di vendetta e di ritorsioni».
Una miscela che rischia di infiammare di nuovo la Striscia complice anche il blocco dei valichi ad opera di Israele. «Il blocco della Striscia, per quanto non completo – alcuni prodotti alimentari vengono fatti entrare da Israele – acuisce la difficoltà della popolazione sottoposta ad un peggioramento continuo della situazione socioeconomica. L’economia – ha spiegato il sacerdote – è instabile e i prodotti sono soggetti a continui sbalzi di prezzi. La gente è sempre più nervosa e incline a mostrare la propria rabbia. Fatti del genere come l’attacco di oggi rischiano di innescare una escalation di violenza che però deve essere evitata in ogni modo. Non è il momento di parlare di musulmani e cristiani, qui a Gaza siamo tutti palestinesi e nella stessa barca, ma non dobbiamo dimenticare che esiste un Dio al quale spetta giudicare ogni cosa. Adesso – conclude – è il tempo di pregare per la pace e perché non sia la violenza ad affermarsi, anche se siamo di fronte ad un’ingiustizia. È il tempo di ribadire “beati gli operatori di pace”».
Anche il Wcc ha fatto sentire la propria voce attraverso il suo segretario generale, Olav Fykse Tveit, che ha chiesto a «tutte le parti in causa di fermare la violenza. Questo conflitto ha provocato troppe sofferenze e troppe ingiustizie». «Un fatto molto doloroso, in particolare per l’inutile perdita di vite umane». È la reazione della Santa Sede all’assalto della marina israeliana, il 31 maggio, alla nave turca “Mavi Marmara”, che faceva parte della Freedom Flotilla, con a bordo volontari delle Ong di vari Paesi, diretta alla Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari.Nell’assalto, ma le cifre non sono confermate, si contano almeno 19 morti tra gli attivisti e numerosi feriti. Diverse le ricostruzioni dell’accaduto: i militari israeliani affermano che «dalla nave hanno sparato sui commando che stavano salendo a bordo». Gli attivisti parlano di «attacco illegale in acque internazionali». La Farnesina ha comunicato che non ci sarebbero vittime tra gli italiani, cinque, a bordo del convoglio navale.«Seguiamo la vicenda con attenzione e preoccupazione – ha affermato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi – la Santa Sede è sempre contraria all’impiego della violenza, da qualsiasi parte essa venga, perché rende più difficile la ricerca delle soluzioni pacifiche, che sono le sole lungimiranti. Benedetto XVI che si recherà fra pochi giorni a Cipro, proprio nell’area mediorientale, non mancherà di riproporre con costanza il messaggio di pace».Numerose e tutte di condanna le reazioni e i commenti all’attacco che vengono da esponenti della Chiesa di Terra Santa e da Organizzazioni non governative impegnate nello scenario mediorientale. «Una tragedia inutile e che si poteva evitare» ha affermato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, per il quale si è davanti a «una tragedia che non aiuterà il cosiddetto processo di pace e che non contribuirà a creare quell’atmosfera necessaria perché le prospettive di negoziato abbiano un minimo di fattibilità ciò che è accaduto è un evidente segno che, nonostante proclami e annunci di trattative gli animi di ambo le parti, sono avvitati su se stessi e con poche prospettive. La comunità internazionale sembrerebbe quasi rassegnata davanti a questa situazione, con poca volontà e desiderio di entrare in questo ginepraio dove ogni cosa, ogni parola, ogni gesto suscita reazioni come abbiamo visto anche oggi. È una situazione paralizzata».A distanza di qualche ora dall’attacco i toni delle reazioni si sono fatti più aspri: da una parte il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha offerto tutto «il pieno sostegno» all’operato delle forze militari, dall’altra Onu, Usa e Unione europea hanno condannato l’atto chiedendo chiarezza e l’apertura di una inchiesta. Il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, ha parlato chiaramente di «chiara e inaccettabile violazione della legge internazionale, in particolare della quarta convenzione di Ginevra».La notizia non ha mancato di mandare in subbuglio le piazze palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia, in particolare a Gaza city dove gli attivisti della Freedom Flotilla erano attesi. Una conferma in tal senso è arrivata dal parroco della Striscia, padre Jorge Hernandez, che ha detto che «è stato indetto un giorno di lutto» e che «sono in corso in diversi punti della città e della Striscia delle manifestazioni di protesta. Il clima che si respira è pesante e i rischi di escalation della violenza sono concreti e per questo si consiglia di avere molta attenzione e prudenza». «Una tragedia – ha dichiarato – accaduta proprio nel pieno della “Settimana mondiale per la pace in Palestina e in Israele” (29 maggio – 4 giugno ndr.), promossa su iniziativa del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). Non so esprimere il nostro disagio davanti a un fatto del genere che doveva e poteva essere evitato. Israele aveva detto che avrebbe bloccato ogni tentativo di avvicinamento a Gaza. Israele ha i mezzi per prevenire e controllare tali situazioni. Non era necessario arrivare ad uccidere ed ora il rischio è che violenza chiami altra violenza. C’è già chi parla di vendetta e di ritorsioni».Una miscela che rischia di infiammare di nuovo la Striscia complice anche il blocco dei valichi ad opera di Israele. «Il blocco della Striscia, per quanto non completo – alcuni prodotti alimentari vengono fatti entrare da Israele – acuisce la difficoltà della popolazione sottoposta ad un peggioramento continuo della situazione socioeconomica. L’economia – ha spiegato il sacerdote – è instabile e i prodotti sono soggetti a continui sbalzi di prezzi. La gente è sempre più nervosa e incline a mostrare la propria rabbia. Fatti del genere come l’attacco di oggi rischiano di innescare una escalation di violenza che però deve essere evitata in ogni modo. Non è il momento di parlare di musulmani e cristiani, qui a Gaza siamo tutti palestinesi e nella stessa barca, ma non dobbiamo dimenticare che esiste un Dio al quale spetta giudicare ogni cosa. Adesso – conclude – è il tempo di pregare per la pace e perché non sia la violenza ad affermarsi, anche se siamo di fronte ad un’ingiustizia. È il tempo di ribadire “beati gli operatori di pace”».Anche il Wcc ha fatto sentire la propria voce attraverso il suo segretario generale, Olav Fykse Tveit, che ha chiesto a «tutte le parti in causa di fermare la violenza. Questo conflitto ha provocato troppe sofferenze e troppe ingiustizie». – – Un’assurda strage (audio)