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Intervista

Scuola, dalla riforma all’alleanza educativa

Le novità per le Superiori, in vigore dal prossimo anno 2010-2011, commentate da don Michele Di Tolve, responsabile diocesano per la Pastorale scolastica

di Luisa BOVE Redazione

17 Febbraio 2010

Con l’approvazione nei giorni scorsi da parte del Consiglio dei ministri, la tanto attesa riforma scolastica per le scuole superiori sembra aver concluso il suo iter. Le novità per il nuovo anno 2010-11 riguarderanno solo le prime classi ed entro il 26 marzo le famiglie dovranno iscrivere i loro figli valutando le diverse offerte delle scuole. «Dopo tanti anni di sperimentazione era giunto il momento di arrivare a una riforma delle secondarie di secondo grado», esordisce don Michele Di Tolve, responsabile della Pastorale scolastica e dell’insegnamento della religione cattolica in diocesi. «L’attuale suddivisione di indirizzi permette una maggiore chiarezza anche nei confronti dei ragazzi, perché prima si rischiava di avere troppe sperimentazioni (440 in tutta Italia), ma alla fine quel diploma che cosa veramente certificava? »

Sulla riduzione degli orari scolastici che cosa pensa?
Secondo me è necessaria una vera fase di ascolto. Ora si parte con le prime classi e sarà molto importante fare monitoraggi e consultazioni, tenere davvero sott’occhio la situazione. Sono convinto infatti che qualcosa andrà cambiato. L’importante è che questo non rimanga semplicemente scritto sulla carta, ma che ci sia un reciproco ascolto per strutturare meglio l’organizzazione della scuola».

Che cosa manca invece in questa riforma?
A mio modesto parere manca ancora un raccordo importante con i centri di formazione professionale. Da questo punto di vista la Lombardia ha una legge molto importante e siamo già al secondo anno del nuovo ordinamento. Ma ora occorre un coinvolgimento anche da parte del ministero nei confronti della scuola per quei ragazzi che non riuscirebbero altrimenti ad assolvere all’obbligo scolastico.

C’è chi ritiene che il testo sul riordino delle secondarie non contenga progetti nuovi e ambiziosi a livello culturale e didattico…
Questa riforma fa parte della legge 53/2003 che era rimasta in sospeso e che ha preteso il Pecup (Profilo educativo, culturale e professionale) dell’alunno, riconoscendo la sua centralità. Io non mi sento di dire che non c’è un disegno alto di scuola. Finché la scuola guarda il ragazzo come una persona, quindi con tutte le implicazioni che questo significa, mi pare una buona premessa. Certo vorrei che le premesse scritte sulla carta diventassero operative.

Rispetto invece alla formazione dei docenti, sia i futuri sia quelli già in servizio, qual è il suo parere?
Come Curia arcivescovile, avendo il compito di selezionare e formare gli insegnanti di religione, siamo già andati in quella linea. Abbiamo un processo di selezione che va oltre ai titoli, verifica la loro competenza pedagogica e didattica, compreso il profilo psicologico. Può capitare che una persona abbia voti eccellenti all’esame di idoneità, ma poi non ha le capacità per reggere una relazione educativa. Finché non aiutiamo gli insegnanti a ritrovare la loro dimensione vocazionale, professionale, avremo sempre una scuola che gioca al ribasso.

Che cosa suggerisce?
Oltre a remunerare diversamente gli insegnanti, ritengo fondamentale puntare sul merito e sulla valutazione. Come noi valutiamo i nostri studenti certificando le loro competenze, così credo si debba valutare la professionalità degli insegnanti. La valutazione dice l’eccellenza, non il controllo. Non basta l’anzianità, occorre un cammino virtuoso di formazione, con un percorso culturale e pedagogico insieme. L’aggiornamento per gli insegnanti deve essere obbligatorio: per quelli di religione lo è già, ma non per gli altri.

Più che una riforma c’è chi parla di riordino amministrativo dettato da esigenze economiche. È così?
Senz’altro c’è una motivazione economica e non bisogna nasconderlo. Ritengo però che questa sia anche l’occasione per ridare qualità all’insegnamento. Io mi chiedo: come accompagniamo i ragazzi che non ce la fanno? Non posso accettare che a novembre, in una scuola secondaria di secondo grado, si stabiliscano le fasce di rendimento e si mettano gli “ultimi” in fondo alla classe dicendo loro: “Voi potete anche andarvene perché l’anno non lo passate”. Questo è scandaloso e non deve accadere, altrimenti è giusto denunciare la scuola. Le risorse vanno impiegate per l’eccellenza, ma anche per questi ragazzi. Forse è il caso di creare una vera alleanza educativa con il territorio, sia con l’amministrazione locale, sia con la comunità cristiana. Dobbiamo unirci, perché la scuola non può fare da sola, come la società e la Chiesa non possono fare da sole. Noi stiamo facendo un monitoraggio di tutti i doposcuola che ci sono in diocesi: ne abbiamo tantissimi per la primaria e la secondaria di primo grado, ma dobbiamo potenziare quelli delle secondarie di secondo grado. Ritorno a quel principio del cardinale Tettamanzi quando dice che solo una vera alleanza educativa può aiutare i ragazzi a diventare grandi. Con l’approvazione nei giorni scorsi da parte del Consiglio dei ministri, la tanto attesa riforma scolastica per le scuole superiori sembra aver concluso il suo iter. Le novità per il nuovo anno 2010-11 riguarderanno solo le prime classi ed entro il 26 marzo le famiglie dovranno iscrivere i loro figli valutando le diverse offerte delle scuole. «Dopo tanti anni di sperimentazione era giunto il momento di arrivare a una riforma delle secondarie di secondo grado», esordisce don Michele Di Tolve, responsabile della Pastorale scolastica e dell’insegnamento della religione cattolica in diocesi. «L’attuale suddivisione di indirizzi permette una maggiore chiarezza anche nei confronti dei ragazzi, perché prima si rischiava di avere troppe sperimentazioni (440 in tutta Italia), ma alla fine quel diploma che cosa veramente certificava? »Sulla riduzione degli orari scolastici che cosa pensa?Secondo me è necessaria una vera fase di ascolto. Ora si parte con le prime classi e sarà molto importante fare monitoraggi e consultazioni, tenere davvero sott’occhio la situazione. Sono convinto infatti che qualcosa andrà cambiato. L’importante è che questo non rimanga semplicemente scritto sulla carta, ma che ci sia un reciproco ascolto per strutturare meglio l’organizzazione della scuola».Che cosa manca invece in questa riforma? A mio modesto parere manca ancora un raccordo importante con i centri di formazione professionale. Da questo punto di vista la Lombardia ha una legge molto importante e siamo già al secondo anno del nuovo ordinamento. Ma ora occorre un coinvolgimento anche da parte del ministero nei confronti della scuola per quei ragazzi che non riuscirebbero altrimenti ad assolvere all’obbligo scolastico.C’è chi ritiene che il testo sul riordino delle secondarie non contenga progetti nuovi e ambiziosi a livello culturale e didattico…Questa riforma fa parte della legge 53/2003 che era rimasta in sospeso e che ha preteso il Pecup (Profilo educativo, culturale e professionale) dell’alunno, riconoscendo la sua centralità. Io non mi sento di dire che non c’è un disegno alto di scuola. Finché la scuola guarda il ragazzo come una persona, quindi con tutte le implicazioni che questo significa, mi pare una buona premessa. Certo vorrei che le premesse scritte sulla carta diventassero operative.Rispetto invece alla formazione dei docenti, sia i futuri sia quelli già in servizio, qual è il suo parere?Come Curia arcivescovile, avendo il compito di selezionare e formare gli insegnanti di religione, siamo già andati in quella linea. Abbiamo un processo di selezione che va oltre ai titoli, verifica la loro competenza pedagogica e didattica, compreso il profilo psicologico. Può capitare che una persona abbia voti eccellenti all’esame di idoneità, ma poi non ha le capacità per reggere una relazione educativa. Finché non aiutiamo gli insegnanti a ritrovare la loro dimensione vocazionale, professionale, avremo sempre una scuola che gioca al ribasso.Che cosa suggerisce?Oltre a remunerare diversamente gli insegnanti, ritengo fondamentale puntare sul merito e sulla valutazione. Come noi valutiamo i nostri studenti certificando le loro competenze, così credo si debba valutare la professionalità degli insegnanti. La valutazione dice l’eccellenza, non il controllo. Non basta l’anzianità, occorre un cammino virtuoso di formazione, con un percorso culturale e pedagogico insieme. L’aggiornamento per gli insegnanti deve essere obbligatorio: per quelli di religione lo è già, ma non per gli altri.Più che una riforma c’è chi parla di riordino amministrativo dettato da esigenze economiche. È così?Senz’altro c’è una motivazione economica e non bisogna nasconderlo. Ritengo però che questa sia anche l’occasione per ridare qualità all’insegnamento. Io mi chiedo: come accompagniamo i ragazzi che non ce la fanno? Non posso accettare che a novembre, in una scuola secondaria di secondo grado, si stabiliscano le fasce di rendimento e si mettano gli “ultimi” in fondo alla classe dicendo loro: “Voi potete anche andarvene perché l’anno non lo passate”. Questo è scandaloso e non deve accadere, altrimenti è giusto denunciare la scuola. Le risorse vanno impiegate per l’eccellenza, ma anche per questi ragazzi. Forse è il caso di creare una vera alleanza educativa con il territorio, sia con l’amministrazione locale, sia con la comunità cristiana. Dobbiamo unirci, perché la scuola non può fare da sola, come la società e la Chiesa non possono fare da sole. Noi stiamo facendo un monitoraggio di tutti i doposcuola che ci sono in diocesi: ne abbiamo tantissimi per la primaria e la secondaria di primo grado, ma dobbiamo potenziare quelli delle secondarie di secondo grado. Ritorno a quel principio del cardinale Tettamanzi quando dice che solo una vera alleanza educativa può aiutare i ragazzi a diventare grandi. – – «Ripartire dalla centralità di alunni e studenti» – “Fa’ la cosa giusta!”: visite aperte alle classi – Irc, un volume per gli insegnanti