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Società

Tagli al Terzo settore: chi aiuta i più deboli?

Nella Legge di stabilità drastiche riduzioni ai Fondi sociali e a quelli provenienti dal 5 per mille: il grido d'allarme del volontariato

di Pino NARDI Redazione

23 Novembre 2010

I rischi sono reali e molto gravi. I tagli durissimi sui fondi sociali e sul 5 per mille avranno ricadute pesantissime sui cittadini, soprattutto sulle fasce più deboli. L’approvazione della Legge di stabilità alla Camera ha fatto suonare un campanello d’allarme per tutto il vasto mondo del non profit e del volontariato, che se andasse in crisi metterebbe in ginocchio il Paese. La parola passa al Senato.
Intanto il Terzo settore si sta mobilitando. «È scandaloso – afferma Marco Granelli, presidente di Csvnet (il Coordinamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato) – proporre all’ultimo momento il 5 per mille in Finanziaria riducendolo oltretutto a un quarto delle risorse elargite nel 2008. Il tempo passa e le risorse diminuiscono proprio quando c’è più bisogno. Il tetto di 100 milioni di euro è anacronistico rispetto al valore di questa misura. Il 5 per mille, istituito nel 2006, è il frutto di una erogazione decisa dai contribuenti (15 milioni nel 2008) per la quale lo Stato svolge solo un ruolo di intermediario. È un esempio di democrazia fiscale, un esercizio di sussidiarietà e l’espressione di un diritto soggettivo, perché con una firma, ogni contribuente, con libertà e consapevolezza, sceglie di aiutare, un’associazione o un’organizzazione di volontariato di sua fiducia. Giocare al ribasso significa prendersi gioco dei principi – sottolinea Granelli -. Serve una soluzione politica a questa questione: perciò chiediamo ancora una volta una normativa che stabilizzi una volta per tutte il 5 per mille». Che di fatto diventa l’1,25 per mille, colpendo soprattutto le piccole realtà presenti nei territori, essenziali oggi nel pieno della crisi.
Sperando di far cambiare il provvedimento al Senato il volontariato e il Terzo settore si appellano alle istituzioni: alla vigilia del 5 dicembre, Giornata internazionale del volontariato e del 2011, Anno europeo del volontariato, Csvnet, il Forum Terzo settore, la Consulta nazionale del volontariato e la ConVol (Conferenza permanente presidenti associazioni e federazioni) hanno deciso di promuovere un appello in cui si chiede di reintegrare le risorse per i servizi sociali e per il 5 per mille. «Chiediamo al governo e al Parlamento – si legge nell’appello – di onorare gli impegni, di ascoltare il non profit e di non colpire i servizi sociali, di non togliere quelle risorse che in applicazione del principio di sussidiarietà i cittadini danno al volontariato e al Terzo settore. Chiediamo al Parlamento di compiere un atto di grande responsabilità». Tutte le realtà del Terzo settore possono far sentire la propria voce sottoscrivendo l’appello su www.csvnet.it
Ma non è solo il 5 per mille a suscitare allarme. Lo chiarisce Granelli: «Il fondo delle politiche sociali, che finanzia i programmi di interventi sociali dei Comuni o realizzati da essi con il non profit (asili nido, assistenza disabili e anziani, prevenzione per i minori, lotta alla povertà, ecc), passa dai 929 milioni di euro del 2008 del governo Prodi ai 75,3 milioni di euro per il 2011, che ripartiti tra le 21 regioni italiane diviene meno che simbolico. Pochi giorni fa il governo ha realizzato la Conferenza nazionale della famiglia, con grandi dichiarazioni, ma il fondo per la famiglia passa da 346 a 52 milioni. La casa è uno dei maggiori bisogni, e così si porta da 205 a 33 milioni il fondo per gli affitti. Disabili e anziani sono le persone che maggiormente necessitano di aiuti quando vivono in condizioni di non-autosufficienza: il fondo di 300 milioni del 2008 è portato a 0. Si parla molto di servizio civile, come opportunità di crescita formativa per i giovani e come sostegno alle associazioni, ma poi si passa dai 299 a 113 milioni, limitando a un terzo le persone che possono vivere questa esperienza».
A Milano fa sentire la sua voce Massimo Minelli, presidente del Consorzio Farsi Prossimo e vicepresidente regionale di Federsolidarietà, il settore della cooperazione sociale di Confcooperative. «Stiamo vivendo questo momento con grande preoccupazione. Da una parte è un problema di crisi, con il debito pubblico che sappiamo, anche se siamo convinti che è dato anche da una cattiva gestione delle risorse pubbliche. Sicuramente siamo molto preoccupati del taglio indiscriminato che avviene sugli enti locali e a cascata su di noi. Bisogna agire allora su due binari: recuperiamo gli sprechi e una fiscalità più equa, così forse ai cittadini non dobbiamo tagliare i servizi».
Ma se questo mondo cede a pagarne le conseguenze saranno le fasce deboli che usufruiscono dei servizi, ma anche le migliaia di lavoratori impiegate nelle imprese sociali. «Siamo l’unico settore che ha prodotto occupazione perché a livello nazionale il mondo della cooperazione ha avuto un più 3% – sottolinea Minelli -. La cooperazione in questo si distingue dal mondo profit, perché si sono tagliati i potenziali utili pur di tenere l’occupazione. Quindi c’è saggezza nel nostro mondo. Poi se andiamo a vedere il dato lombardo dell’occupazione sociale è molto positivo. Ma se arriva un taglio sugli enti pubblici così forte, anche un settore virtuoso come il nostro rischia di entrare in crisi». I rischi sono reali e molto gravi. I tagli durissimi sui fondi sociali e sul 5 per mille avranno ricadute pesantissime sui cittadini, soprattutto sulle fasce più deboli. L’approvazione della Legge di stabilità alla Camera ha fatto suonare un campanello d’allarme per tutto il vasto mondo del non profit e del volontariato, che se andasse in crisi metterebbe in ginocchio il Paese. La parola passa al Senato.Intanto il Terzo settore si sta mobilitando. «È scandaloso – afferma Marco Granelli, presidente di Csvnet (il Coordinamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato) – proporre all’ultimo momento il 5 per mille in Finanziaria riducendolo oltretutto a un quarto delle risorse elargite nel 2008. Il tempo passa e le risorse diminuiscono proprio quando c’è più bisogno. Il tetto di 100 milioni di euro è anacronistico rispetto al valore di questa misura. Il 5 per mille, istituito nel 2006, è il frutto di una erogazione decisa dai contribuenti (15 milioni nel 2008) per la quale lo Stato svolge solo un ruolo di intermediario. È un esempio di democrazia fiscale, un esercizio di sussidiarietà e l’espressione di un diritto soggettivo, perché con una firma, ogni contribuente, con libertà e consapevolezza, sceglie di aiutare, un’associazione o un’organizzazione di volontariato di sua fiducia. Giocare al ribasso significa prendersi gioco dei principi – sottolinea Granelli -. Serve una soluzione politica a questa questione: perciò chiediamo ancora una volta una normativa che stabilizzi una volta per tutte il 5 per mille». Che di fatto diventa l’1,25 per mille, colpendo soprattutto le piccole realtà presenti nei territori, essenziali oggi nel pieno della crisi.Sperando di far cambiare il provvedimento al Senato il volontariato e il Terzo settore si appellano alle istituzioni: alla vigilia del 5 dicembre, Giornata internazionale del volontariato e del 2011, Anno europeo del volontariato, Csvnet, il Forum Terzo settore, la Consulta nazionale del volontariato e la ConVol (Conferenza permanente presidenti associazioni e federazioni) hanno deciso di promuovere un appello in cui si chiede di reintegrare le risorse per i servizi sociali e per il 5 per mille. «Chiediamo al governo e al Parlamento – si legge nell’appello – di onorare gli impegni, di ascoltare il non profit e di non colpire i servizi sociali, di non togliere quelle risorse che in applicazione del principio di sussidiarietà i cittadini danno al volontariato e al Terzo settore. Chiediamo al Parlamento di compiere un atto di grande responsabilità». Tutte le realtà del Terzo settore possono far sentire la propria voce sottoscrivendo l’appello su www.csvnet.itMa non è solo il 5 per mille a suscitare allarme. Lo chiarisce Granelli: «Il fondo delle politiche sociali, che finanzia i programmi di interventi sociali dei Comuni o realizzati da essi con il non profit (asili nido, assistenza disabili e anziani, prevenzione per i minori, lotta alla povertà, ecc), passa dai 929 milioni di euro del 2008 del governo Prodi ai 75,3 milioni di euro per il 2011, che ripartiti tra le 21 regioni italiane diviene meno che simbolico. Pochi giorni fa il governo ha realizzato la Conferenza nazionale della famiglia, con grandi dichiarazioni, ma il fondo per la famiglia passa da 346 a 52 milioni. La casa è uno dei maggiori bisogni, e così si porta da 205 a 33 milioni il fondo per gli affitti. Disabili e anziani sono le persone che maggiormente necessitano di aiuti quando vivono in condizioni di non-autosufficienza: il fondo di 300 milioni del 2008 è portato a 0. Si parla molto di servizio civile, come opportunità di crescita formativa per i giovani e come sostegno alle associazioni, ma poi si passa dai 299 a 113 milioni, limitando a un terzo le persone che possono vivere questa esperienza».A Milano fa sentire la sua voce Massimo Minelli, presidente del Consorzio Farsi Prossimo e vicepresidente regionale di Federsolidarietà, il settore della cooperazione sociale di Confcooperative. «Stiamo vivendo questo momento con grande preoccupazione. Da una parte è un problema di crisi, con il debito pubblico che sappiamo, anche se siamo convinti che è dato anche da una cattiva gestione delle risorse pubbliche. Sicuramente siamo molto preoccupati del taglio indiscriminato che avviene sugli enti locali e a cascata su di noi. Bisogna agire allora su due binari: recuperiamo gli sprechi e una fiscalità più equa, così forse ai cittadini non dobbiamo tagliare i servizi».Ma se questo mondo cede a pagarne le conseguenze saranno le fasce deboli che usufruiscono dei servizi, ma anche le migliaia di lavoratori impiegate nelle imprese sociali. «Siamo l’unico settore che ha prodotto occupazione perché a livello nazionale il mondo della cooperazione ha avuto un più 3% – sottolinea Minelli -. La cooperazione in questo si distingue dal mondo profit, perché si sono tagliati i potenziali utili pur di tenere l’occupazione. Quindi c’è saggezza nel nostro mondo. Poi se andiamo a vedere il dato lombardo dell’occupazione sociale è molto positivo. Ma se arriva un taglio sugli enti pubblici così forte, anche un settore virtuoso come il nostro rischia di entrare in crisi». – – «Ma anche il non profit deve ripensarsi» – Welfare ambrosiano: serve un’unità di crisi

Marco Granelli