Share

Tragedia

Terremoto ad Haiti, distrutta la capitale

Alle 16.53 di martedì 12 gennaio (quasi le 23 in Italia), il Paese è stato investito da un violento sisma. Devastata Port-au-Prince. Tra i 70 italiani presenti anche due sacerdoti Fidei donum ambrosiani che risiedono nel nord a oltre 150 km dall'epicentro

13 Gennaio 2010

Erano le 16.53 del pomeriggio di ieri, martedì 12 gennaio, quasi le 23 in Italia, quando Haiti (il Paese più povero dell’emisfero occidentale) è stato investito da un violento terremoto. Devastata da quattro scosse tremende – la prima, più forte, di 7,0 gradi Richter – la capitale Port-Au-Prince, due milioni di abitanti, si è trasformata in un attimo in una distesa di rovine, un’enorme nube grigia di polvere con migliaia di persone inghiottite sotto le macerie. L’ipocentro delle quattro scosse è stato ad appena 10 chilometri di profondità. Ravvicinati gli epicentri, tutti in terraferma e nelle vicinanze della capitale: a 15 km a sud-ovest la prima, a 25 km. a ovest-sud-ovest la seconda e la terza, a 30 km. a sud ovest la quarta. «Tutto ha ballato, la gente urla, le case hanno cominciato a crollare, il caos è totale», ha detto un giornalista della Reuters sul posto. Con il passare delle ore le dimensioni del disastro, subito definito da fonti americane “un’enorme catastrofe”, assumono contorni sempre più tragici: i morti e dispersi nella sola Port-Au-Prince si conterebbero già a migliaia. Nulla si sa per ora del resto del Paese: comunicazioni telefoniche interrotte, nessuna notizia arriva dalle fonti ufficiali di un governo paralizzato e impotente. A seminare la morte gli edifici più alti e, in teoria, più moderni: crollati come cartapesta ospedali, il palazzo presidenziale, vari ministeri, hotel di lusso nel Paese più povero delle Americhe, edifici per uomini d’affari, grandi magazzini. Anche il Quartier generale della missione militare e civile dell’Onu, che nel Ppaese disloca ben 9.000 uomini – 7.000 militari e 2.000 poliziotti – è stato quasi raso al suolo. Erano le 16.53 del pomeriggio di ieri, martedì 12 gennaio, quasi le 23 in Italia, quando Haiti (il Paese più povero dell’emisfero occidentale) è stato investito da un violento terremoto. Devastata da quattro scosse tremende – la prima, più forte, di 7,0 gradi Richter – la capitale Port-Au-Prince, due milioni di abitanti, si è trasformata in un attimo in una distesa di rovine, un’enorme nube grigia di polvere con migliaia di persone inghiottite sotto le macerie. L’ipocentro delle quattro scosse è stato ad appena 10 chilometri di profondità. Ravvicinati gli epicentri, tutti in terraferma e nelle vicinanze della capitale: a 15 km a sud-ovest la prima, a 25 km. a ovest-sud-ovest la seconda e la terza, a 30 km. a sud ovest la quarta. «Tutto ha ballato, la gente urla, le case hanno cominciato a crollare, il caos è totale», ha detto un giornalista della Reuters sul posto. Con il passare delle ore le dimensioni del disastro, subito definito da fonti americane “un’enorme catastrofe”, assumono contorni sempre più tragici: i morti e dispersi nella sola Port-Au-Prince si conterebbero già a migliaia. Nulla si sa per ora del resto del Paese: comunicazioni telefoniche interrotte, nessuna notizia arriva dalle fonti ufficiali di un governo paralizzato e impotente. A seminare la morte gli edifici più alti e, in teoria, più moderni: crollati come cartapesta ospedali, il palazzo presidenziale, vari ministeri, hotel di lusso nel Paese più povero delle Americhe, edifici per uomini d’affari, grandi magazzini. Anche il Quartier generale della missione militare e civile dell’Onu, che nel Ppaese disloca ben 9.000 uomini – 7.000 militari e 2.000 poliziotti – è stato quasi raso al suolo. Scattata la solidarietà internazionale L’enormità della catastrofe ha fatto scattare la solidarietà internazionale. A cominciare dagli Stati Uniti, il paese più coinvolto, nel bene e nel male, nella tragedia di un paese da decenni in preda alla povertà, alla dittatura e a governi eletti dal voto popolare spesso corrotti e incapaci: il presidente Barack Obama e la segretaria di stato Hillary Clinton hanno promesso aiuti immediati.Anche l’Italia si è mobilitata. E la Banca mondiale ha promesso l’invio di una missione di esperti per valutare i danni e stilare piani per la ricostruzione del paese. La Farnesina sta verificando le condizioni dei circa 70 italiani che vivono ad Haiti. Attraverso l’Unità di crisi, è in stretto contatto con l’ambasciata italiana a Santo Domingo, competente per Haiti. Attivate le ambasciate a santo Domingo e a Cuba e il consolato italiano a Miami per una eventuale assistenza a connazionali in difficoltà nel caso si sviluppasse uno tsunami. Due preti ambrosiani tra i 70 italiani presenti ad Haiti Tra i 70 ci sono due sacerdoti ambrosiani fidei donum: don Giuseppe Noli e don Mauro Brescianini, in servizio pastorale ad Haiti rispettivamente dal 2003 e dal 2007. Fortunatamente si trovano nel nord del Paese, in un’area lontana dall’epicentro del terribile sisma. Risiedono infatti a Port de Paix, oltre 150 chilometri dalla capitale, sul braccio di mare che separa Haiti da Cuba. Al momento del terremoto i due preti ambrosiani non erano in parrocchia, ma a fare un ritiro spirituale. È rimasta invece a Port de Paix Maddalena Boschetti, una volontaria laica che in passato ha lavorato all’Ospedale dei Camilliani e ora si occupa dei piccoli disabili. Con lei ha potuto parlare brevemente la sorella di don Noli, che ha chiamato dall’Italia prima che le linee fossero interrotte.A Port-au-Prince operano anche suor Luisa dell’Orto, originaria di Lomagna (Lecco) delle Piccole Sorelle del Vangelo, e Lucrezia Stocco, volontaria della parrocchia di Mezzana di Somma Lombardo (Varese), impegnata nell’Ospedale Saint Damien a Petionville (alla periferia della capitale), gestito dalla Fondazione “Francesca Rava”.Dall’ufficio di Pastorale missionaria della diocesi tentano di mettersi in contatto con gli ambrosiani presenti ad Haiti per avere ulteriori aggiornamenti sulla situazione. – – – La tragedia su Youtube (http://www.youtube.com/watch?v=uxrkoXQqrDY)