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Fenomeno

Basta al gioco d’azzardo:
è un’emergenza sociale

Un numero sempre maggiore di persone rovinate dalle slot machines. L’impegno delle comunità cristiane nelle parole di Luciano Gualzetti, presidente della Fondazione San Bernardino

di Pino NARDI

27 Maggio 2013

«È un tema che ci riguarda molto da vicino come Chiesa: i nostri giovani e adulti come vivono il loro rapporto con il denaro, con la propria progettualità di vita?». Luciano Gualzetti è il presidente della Fondazione San Bernardino, che aiuta chi ha gravi problemi economici a non finire nel gorgo dell’usura. Eppure da qualche tempo si occupa anche di chi si sta rovinando alle slot machines al bar sotto casa, ai videopoker, a tutto quel mondo luccicante della pubblicità che propone di fare soldi facili e subito. Pura illusione: perché è facilissimo bruciare i propri averi, precipitare nello sconforto, rovinare l’equilibrio familiare. Insomma, si tratta di una vera e propria emergenza sociale. Un problema serio che interroga le comunità cristiane. Si stanno moltiplicando le iniziative a vari livelli contro le macchine mangia soldi. Ma il primo punto è innanzitutto educativo.

Gualzetti, la dipendenza dal gioco d’azzardo è diventato un fenomeno allarmante. Qual è la risposta della Fondazione San Bernardino?
I piani sono due: uno di sensibilizzazione e l’altro di intervento verso persone che si sono indebitate o hanno rotto il loro equilibrio economico a causa del gioco d’azzardo.

Partiamo dal piano culturale…
Dal punto di vista culturale c’è un grande equivoco: si parla di gioco, invece dietro ci sono grandi interessi economici, soprattutto delle imprese che hanno ricevuto le concessioni dallo Stato. Inoltre, si dice che lo Stato ci guadagna. In realtà le entrate per l’Erario sono rimaste costanti, mentre i ricavi di questa industria sono più che raddoppiati. Il dato più eclatante da quando è iniziata la crisi: la spesa per il gioco d’azzardo si aggirava attorno ai 40 miliardi, nel 2012 sono diventati 94. Mentre l’Erario guadagnava 7.2 miliardi, diventati solo 9 nel 2012. Lo Stato giustifica questo come un far cassa, invece ha creato le condizioni per un disastro sociale: da una parte le famiglie utilizzano i pochi spiccioli che le sono rimasti tentando la fortuna per risolvere i problemi economici, dall’altra risentono della ludopatia di un proprio membro, che significa dimenticare i luoghi familiari, infilarsi nelle sale per giocare alle slot machines, sottraendo risorse di tempo ed economiche alla famiglia, facendo sparire i soldi dal conto corrente, vendendo i gioielli ai “Compro oro”. Quindi effetti sulle famiglie che rischiano di spaccarle e di impoverirle.

Una montagna di soldi che oltretutto non serve per alimentare lo sviluppo economico…
Infatti, da questo punto di vista è un’attività che non fa bene all’economia, è una vera e propria diseconomia, perché se in un territorio la gran parte di questi soldi vengono giocati, sono sottratti al lavoro e al consumo, che potrebbero produrre benessere. Inoltre, gli enormi interessi possono sconfinare anche nella criminalità organizzata.

La San Bernardino come interviene in concreto?
Incontriamo molte persone entrate in questa cultura del tutto e subito, del potercela fare anche indebitandosi, andando oltre la propria capacità di spesa e la sostenibilità dei progetti. Persone a rischio di usura e sovraindebitate (dal 10 al 20%), perché vittime del patologico gioco d’azzardo. Quindi affrontiamo la questione laddove c’è una patologia con una rete di gruppi di aiuto, di giocatori anonimi, di gruppi in terapia alle Asl. Per chi è indebitato e ha compromesso la propria situazione, ma non c’è una ludopatia conclamata, interveniamo con una maggiore attenzione perché bisogna affrontare il tema da un punto di vista non solo economico, ma anche culturale, convincendo la persona che non è quella la strada. Insomma, interveniamo con mezzi economici per evitare il rischio di rivolgersi all’usura, perché chi è indebitato non riesce più a pagare il mutuo o le rate ed è costretto a rivolgersi alla rete illegale, perché dalle banche non è più possibile accedere al credito. I nostri prestiti sono garantiti dal fondo della San Bernardino.

Questo tema sta riscuotendo attenzione dalle istituzioni  come la Regione Lombardia. Sarà efficace e opportuno questo impegno istituzionale?
Sicuramente è efficace. I Comuni, le Regioni, lo stesso Stato devono chiarire alcuni criteri nel proporre il gioco d’azzardo. Diverse le nostre proposte. Primo, la distanza dalle realtà dove ci sono minori (scuole, oratori, ecc). Secondo, rendere effettiva la definizione di ludopatia che è stata riconosciuta come malattia, ma non ci sono ancora le risorse necessarie perché le Asl riconoscano questo diritto alla cura come effettivo. Terzo, il limite alla pubblicità perché troppo smaccatamente ingannevole. Quarto, laddove venga dimostrata, la responsabilità in solido dei concessionari gestori, quando giocano minori piuttosto che persone oggettivamente in stato di bisogno, che si stanno abbruttendo perché giocano tutto e per otto ore al giorno. Sono proposte per dare un segnale che queste attività possono avere conseguenze sociali drammatiche. Oggi un Comune non ha la possibilità di fare nulla, perché altrimenti limita un’attività commerciale e la libera concorrenza. La Regione Lombardia sta studiando qualcosa per rispondere a questo. Offriremo anche le nostre idee.

Ludopatia, malattia che colpisce i poveri

Sono i ludopatici la nuova emergenza sociale. È quanto emerge da una recente indagine su un campione di Centri di ascolto della Caritas Ambrosiana, gli sportelli che offrono la prima assistenza ai più disagiati. Il 71% dei Centri di ascolto che hanno risposto all’indagine afferma che il gioco d’azzardo è molto o abbastanza diffuso tra i propri utenti; il 58% ritiene di aver avuto la percezione che le persone incontrate avessero problemi di gioco d’azzardo problematico; il 48% dichiara di avere incontrato giocatori patologici. Almeno la metà dei centri Caritas ha intercettato da una a 20 persone in un anno che si sono rovinate con il gioco. E poiché gli utenti dei Centri di ascolto sono in maggioranza stranieri, disoccupati, con livelli d’istruzione medio-bassi, l’indagine conferma che le vittime preferenziali sono proprio le persone con minori risorse economiche e culturali. Condizione che rischia di appesantire ulteriormente il grado di sofferenza sociale diffuso nel territorio della Diocesi. Tuttavia, la ricerca mette in luce soltanto la punta dell’iceberg. La dipendenza da gioco d’azzardo non è in genere esplicitamente espressa dalle vittime e soltanto l’ascolto paziente è in grado di far emergere il problema. Nel 23% dei casi, infatti, la ludopatia è stata individuata soltanto nel corso di svariati colloqui, nell’11% a indicarla è stato un parente (in genere la moglie), e solo nel 7% è stata confidata al volontario del Centro di ascolto dalla persona interessata che ha chiesto aiuto proprio in qualità di giocatore. I giocatori d’azzardo patologici in Italia sarebbero 700 mila, il doppio degli alcolisti e dei tossicodipendenti assistiti dai servizi. Per loro, tuttavia, non sono previsti ancora percorsi di cura specifici.

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