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Società

Giovani e alcol, questione educativa

L’annuale rilevazione Istat osserva alcuni comportamenti a rischio e conferma nuove tendenze. Come la pratica del “binge drink”

di Andrea CASAVECCHIA

22 Aprile 2013

È in calo l’alcolismo classico, soprattutto tra gli adulti, mentre tra i giovani prende piede il “binge drink”, un comportamento importato dai Paesi del Nord Europa. Si tratta di un consumo occasionale non moderato: in una stessa giornata o più facilmente in una stessa serata si assumono ripetutamente bevande alcoliche e superalcolici. I giovani sono più predisposti degli altri a questa tendenza, dato che praticano il “binge drink” il 14,8% dei 18-24enni e il 10,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni.

L’annuale rilevazione Istat su “L’uso e l’abuso di alcol in Italia” indica anche altri due elementi sulla propensione al rischio delle nuove generazioni. Da una parte, tra i giovani, che frequentano abitualmente discoteche, concerti, spettacoli sportivi, l’abuso di alcol è più diffuso (il 30,5% contro l’8% dei loro coetanei). Dall’altra parte, si segnala che l’eccesso di alcol è più frequente tra quegli adolescenti con i genitori che consumano alcolici in modo non moderato (il 17,4% contro il 9,2% degli altri).

Dai due elementi traiamo due riflessioni.

Ci sono alcuni centri di socialità che possono trasformarsi in non-luoghi alienanti che favoriscono gli eccessi e le trasgressioni, perché indeboliscono il giudizio critico delle persone, specialmente tra le nuove generazioni. Molto probabilmente il “binge drink” è un modo di facilitare la comunicazione tra coetanei e di favorire la socialità di fronte alla quale spesso i giovani e i ragazzi si trovano impreparati. A volte i nostri giovani passano da luoghi iperprotetti dove sono supercurati, a spazi completamente neutri dove non ci sono “vincoli”.

La seconda riflessione ci porta alla responsabilità educativa dei genitori. Le abitudini e i comportamenti sono fondamentali nei processi educativi, perché sono quelli che trasmettono gli stili di vita. Si assumono nella routine quotidiana e nel silenzio della pratica, non hanno bisogno di essere spiegati. Così come passano le buone abitudini passano le cattive come l’abuso dell’alcol.

Entrambe le riflessioni portano all’attenzione educativa: da un lato, c’è la questione dell’affidare gradualmente responsabilità ai propri figli, perché siano in grado di affrontare il mare aperto; dall’altro lato, c’è l’attenzione ai messaggi che nella vita si trasmettono. Come spiegano gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2012, “Educare alla vita buona del Vangelo”: «Il bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti. S’inizia da una relazione accogliente, in cui si è generati alla vita affettiva, relazionale e intellettuale».