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Scuola

Gli alunni italiani sotto stress

Un report dell’Oms rileva il pesante disagio degli adolescenti rispetto alla pressione percepita da parte del sistema scolastico, più attento ai risultati che alle persone

di Alberto CAMPOLEONI

5 Aprile 2016

Qualche giorno fa sono rimbalzati sui media i dati del report quadriennale redatto dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) in merito allo stato psicofisico dei giovani europei. In particolare le considerazioni relative al rapporto con la scuola.

Lo studio è stato condotto nel 2013-2014 su un campione di ragazzi di 11, 13 e 15 anni, e tra l’altro rileva che soltanto il 26% delle undicenni italiane e il 17% dei coetanei maschi dichiara che la scuola “piace un sacco”, con un ulteriore calo di consenso nella fascia dei 15 anni, dove il dato scende rispettivamente a 10% e 8%. Meno entusiasti degli italiani sono solo estoni, greci e belgi, mentre al primo posto ci sono gli adolescenti armeni (68% e 48%).

Per quanto riguarda il rendimento scolastico, lo studio evidenzia come, sempre a 15 anni, solo metà delle ragazze e il 39% dei ragazzi italiani riporta performance “buone o eccellenti”, valori anche in questo caso molto sotto la media europea, superiori solo a quelli riferiti agli studenti di Belgio, Portogallo e Ungheria. Anche dal punto di vista della pressione percepita da parte del sistema scolastico i dati fanno riflettere, mettendo in evidenza come lo stress colpisca il 72% delle quindicenni e il 51% dei ragazzi. Ansia da prestazione, si potrebbe dire. E un ambiente, quello scolastico, percepito come più attento ai risultati, alle performance, piuttosto che alle persone.

Il curatore della parte italiana del rapporto Oms è Franco Cavallo, Ordinario di epidemiologia dell’Università di Torino. Ed è lui che parla, a proposito dei dati raccolti come di un «segnale preoccupante». «Era già così nella scorsa edizione del rapporto» ricorda l’esperto, facendo intendere come ci si trovi davanti a un fenomeno non passeggero e a dati confermati. «Non è da sottovalutare – ha commentato – questa pressione che viene sentita dal ragazzo. La sensazione è che sia legata soprattutto alla richiesta in termini di impegno, di ore di lavoro, all’ottenimento di determinati voti». Una scuola, dunque, esigente, nella quale, però, andrebbero «ritarati i programmi», ancora legati a un modello scolastico del passato, centrato sulla selezione. «La pressione – aggiunge Cavallo – viene condizionata sia dal rapporto con gli insegnanti sia dal rapporto che i genitori hanno con i docenti e la scuola stessa».

Stiamo parlando, vale la pena di ricordarlo, della fascia dell’obbligo e di un’età particolarmente delicata come quella dell’adolescenza. La scuola, in questa fase dovrebbe essere più che una “pentola a pressione” di tensioni ed emozioni, un’occasione di sfogo, di dipanamento della complessa matassa costituita dai vissuti dei nostri ragazzi, in un delicato equilibrio tra richiesta di prestazione e attenzione di cura. Non a caso nella scuola italiana un’intera stagione venne dedicata – tanti anni fa ormai – alle questioni del benessere, con progetti nazionali e sui territori mirati e incentivati. Nella convinzione che “stare bene a scuola” – o, traducendo nei termini del rapporto Oms, una scuola che “piace un sacco” – sia una condizione necessaria per favorire lo sviluppo armonico dei più giovani.

La scuola italiana non ha certo dimenticato la lezione. Forse, però, un “ripasso” sarebbe ancora utile.