Share

Testimonianza

«In Niger i cristiani devono morire»

Il racconto di una suora missionaria sopravvissuta ai massacri perpetrati dai terroristi islamisti di Boko Haram

30 Gennaio 2015

«I terroristi islamisti di Boko Haram vogliono uccidere tutti i cristiani del Nìger». È la drammatica testimonianza di una suora missionaria, di cui non riveleremo il nome per la sua sicurezza personale. La capitale Niamey e la città di Zinder sono state messe a ferro e fuoco dal gruppo terroristico jihadista. Dieci persone sono morte e 173 sono rimaste ferite negli stessi giorni in cui a Parigi, nella sede del giornale Charlie Hebdo, venivano uccise altre dodici persone.

«A Natale, Boko Haram ha minacciato di incendiare tutte le chiese cristiane, bruciandoci vivi – scrive la sorella missionaria in una mail -. Per qualche ragione che non conosciamo, questo non è successo; ma il messaggio è chiaro: i cristiani devono morire, tutti». La suora continua descrivendo le terribili violenze che il Nìger sta subendo in queste settimane, nel silenzio generale: «È cominciato tutto a Zinder, con cinque morti: quattro dentro una chiesa e uno in un bar. Il centro culturale Francese è stato assaltato e dato alle fiamme, così come la banca Brs». Obiettivi collegati, non a caso, alla strage che negli stessi giorni veniva consumata a Parigi nella sede di Charlie Hebdo.

Ma è a Niamey, la capitale, che le violenze sono state più truci: «Le chiese sono state depredate, una dopo l’altra, prima di essere distrutte e bruciate con latte di benzina. Non hanno risparmiato nulla, nemmeno quelle protestanti ed evangeliche. Parliamo di circa 40 chiese, è stato terribile!». Ma i terroristi di Boko Haram non si sono fermati agli edifici sacri: hanno attaccato anche i bar, i ristoranti, persino gli orfanatrofi. «Fortunatamente le badanti sono riuscite a mettere al sicuro i bambini, affidandoli alla polizia», scrive la suora. Lo stesso è accaduto negli ospedali, dove le suore infermiere hanno coraggiosamente tenuto testa ai terroristi, chiedendo loro se era possibile portar via gli ammalati prima che si spargessero le fiamme. Frasi che, per qualche motivo, hanno dissuaso gli attentatori dall’incendiare le strutture di ricovero.

«Il Nìger non è più un Paese pacifico e tranquillo – conclude la missionaria -. Per ora noi siamo salve, stiamo vivendo con una famiglia che ci ha dato rifugio e ristoro. Preghiamo, restiamo in silenzio, rispondiamo alle innumerevoli telefonate degli amici e delle altre sorelle. Di domenica non possiamo andare in chiesa, ma qualche giorno fa dei preti sono venuti qui, a celebrar Messa in una piccola stanza del seminterrato. Dio non ci ha abbandonato. Egli è balsamo per i nostri cuori. La nostra fede crescerà sempre più forte».

Il Nìger, come si legge nell’ultimo Rapporto sulla Libertà Religiosa di Aiuto alla Chiesa che Soffre, è un Paese a quasi totale presenza musulmana, con oltre il 98% di aderenti al culto. La piccola comunità cattolica è sempre stata molto stimata per le sue attività sociali e caritative. La Chiesa cattolica, infatti, gestisce alcuni asili, centri sanitari, scuole e l’orfanatrofio dato alle fiamme dai terroristi di Boko Haram, provenienti dalla vicina Nigeria settentrionale. Un Paese di per sé tranquillo che, purtroppo, subisce le violente incursioni dei gruppi estremisti dei territori confinanti, che hanno provocato una vera e propria fuga dei cristiani da quelle zone.

Tante parrocchie del Nord della Nigeria, a causa del regime di terrore di Boko Haram, hanno visto le offerte diminuire di oltre il 50%, lasciando la Chiesa priva di un sostegno morale ed economico. Per questo Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene, fin dal 2009, progetti per un totale di oltre 3 milioni di euro. Un risultato raggiunto grazie ai benefattori che con la loro azione sostengono sacerdoti, catechisti, seminaristi, scuole, semplici cittadini. Un supporto volto alla ricostruzione delle chiese distrutte, alla pastorale delle vittime di queste atrocità e, non ultimo, alla promozione del dialogo interreligioso.