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Politica

Protesta in piazza,
non chiudere gli occhi

Dietro le manifestazioni dei giorni scorsi un altro segnale di forte disagio soprattutto dei giovani e non solo una questione di ordine pubblico

di Alberto CAMPOLEONI Agenzia Sir

15 Novembre 2012
Demonstrators march during a protest on a day of mobilisation against austerity measures by workers in southern Europe on November 14, 2012 in Rome. Riot police and anti-austerity protesters clashed in Italy on Wednesday as anger boiled over on a Europe-wide day of strikes and mass demonstrations.  AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE

Non si può fare finta di niente. Non si possono chiudere gli occhi di fronte alle manifestazioni e agli scontri di piazza che hanno tenuto banco nelle maggiori città italiane – ma la protesta questa volta è anche europea – e che ha come protagonisti principali i giovani

Non si può far finta di niente di fronte a una rabbia e frustrazione crescenti, che finiscono per degenerare in violenza, alimentata da una nuova emarginazione sociale che intreccia la crisi economica e di valori nella quale ormai ci dibattiamo da tempo.

Guardando al caso italiano, non molto diverso da altri casi europei, con un sistema segnato dalla disoccupazione e dall’allargarsi delle fasce di povertà ma anche da continue situazioni di malaffare, di corruzione, di arroganza impunita, si capisce quella che gli osservatori indicano come la “rabbia degli onesti”, cui si affianca il grido degli esclusi, di chi si sente oggi sostanzialmente estraneo alla società, senza parola, inascoltato. E di questi fanno parte molti giovani i quali dalla crisi contemporanea sembrano colpiti non solo sul piano economico, ma soprattutto su quello della speranza, delle aspettative di futuro, di realizzazione complessiva. Esistono ormai gruppi di “antagonisti” – così si chiamano adesso – pronti a infilarsi in ogni piazza calda, ad alimentare scontri, sassaiole, guerriglia urbana. Dai cantieri della Tav in Val di Susa alle piazze di Roma, di Milano. Una violenza che rischia di essere contagiosa, che si autoalimenta, fine a se stessa. Forse non ha una strategia – anche se fa riflettere la contemporaneità di alcuni fenomeni – ma non per questo va sottovalutata.

Non si può non vedere, così come non si deve cedere all’allarmismo semplicistico che non scorge le differenze. Evidentemente i giovani non sono tutti quelli degli scontri di piazza. Anzi. Le violenze segnalano una deriva, ma è la protesta e il malessere diffuso che vanno colti, le istanze positive, la ricerca di partecipazione che oggi si esprime in modi nuovi e molto più rapidi rispetto al passato, ad esempio attraverso il web, la comunicazione diffusa. Occorre soprattutto un salto di qualità da parte della politica, che presenta invece un bilancio fallimentare, sostanzialmente incapace di cogliere le trasformazioni e le esigenze. Una politica che ha dovuto affidarsi ai “tecnici” continua e che in più di una occasione sono sembrati un’oligarchia lontana dal mondo reale. Una politica che continua a dormire mentre la casa brucia, incapace, ad esempio, di fare una legge elettorale che sarebbe il minimo sindacale, ben più importante, probabilmente – e senza togliere nulla, per carità, alla questione – di primarie e ipotesi di alleanze sventolate sui giornali un giorno sì e l’altro ancora.

Ecco, non si può non vedere. Sicuramente non è semplice discernere nel momento attuale, forse non è nemmeno possibile pensare che i cambiamenti necessari possano avvenire in tempi brevi, probabilmente non aiuta nemmeno chi, impancandosi a capopopolo, predica una “rivoluzione” che vorrebbe coi guanti bianchi, dimenticando che non è mai “un pranzo di gala” e che sul terreno rischia di rimanere anche un po’ di democrazia. Tuttavia, far finta di niente, affrontare quello che accade in soli termini di ordine pubblico, lasciare che resti confuso dai fumi dei lacrimogeni, questo sarebbe davvero un danno enorme.