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Agricoltura

Ritornare alla terra

Parla il torinese Roberto Moncalvo, 33 anni, giovanissimo neo presidente
della Coldiretti, che rappresenta 1,6 milioni d’iscritti

di Francesco ROSSI

18 Novembre 2013

In Coldiretti fin dall’età di 16 anni, Roberto Moncalvo, 33 anni, è il più giovane presidente tra tutte le associazioni d’impresa e dei lavoratori in Italia. Eletto il 15 novembre dall’assemblea nazionale della Coldiretti, che rappresenta 1,6 milioni d’iscritti.

A Settimo Torinese, dove ha sede l’azienda agricola “SettimoMiglio” di cui è titolare, sta vendendo frutta e ortaggi alla principale fiera del paese, e qui l’agenzia Sir lo ha raggiunto per conoscere le prospettive future del suo impegno alla guida della principale associazione agricola europea.

La sua giovane età ha un significato particolare per un Paese in cui i vertici delle associazioni d’impresa e dei lavoratori hanno un’età media di 62 anni?

«Coldiretti da anni ha promosso un forte rinnovamento e ringiovanimento della classe dirigente, e i presidenti regionali hanno oggi un’età media di 46 anni. La mia elezione è la conferma di un trend: puntare sui giovani e su realtà che hanno una visione di agricoltura nuova, seguendo il modello di sviluppo legato alla distintività e alla qualità delle nostre produzioni, come pure allo specifico dei nostri paesaggi, dell’ambiente, della cultura, ossia delle leve competitive su cui il Paese può puntare per uscire dalla crisi».

A “giovani protagonisti nell’agricoltura” era dedicata, la scorsa settimana, la Giornata del ringraziamento…

«L’impresa agricola, oggi, per stare sul mercato e dialogare con il consumatore utilizza tutti gli approcci possibili proprio grazie alla presenza in azienda di giovani, che per il loro background scolastico sono i più portati all’utilizzo delle nuove tecnologie».

Quali sono le sfide che, come nuovo presidente di Coldiretti, ritiene maggiormente impellenti?

«Abbiamo già da tempo intrapreso un percorso legato a un nuovo modello di sviluppo per l’agricoltura e l’agroalimentare nel nostro Paese. Sono necessarie azioni dal punto di vista sindacale ma soprattutto economico: per questo Coldiretti ha promosso iniziative importanti come “Campagna amica”, un’attenzione alla filiera agricola italiana in tutte le sue articolazioni. Su queste dovremo continuare a investire e farlo con rapidità, perché nell’agricoltura c’è il futuro, la via per uscire dalla crisi, ma ci sono pure aziende che fanno fatica, che ricevono compensi minimi per i loro prodotti, mentre lungo la filiera si trovano altre realtà che non danno valore aggiunto ma ottengono cospicui profitti. Ecco dunque che, senza aumentare i prezzi, c’è bisogno di una ripartizione più equa del valore dei prodotti lungo tutta la filiera, magari incentivando realtà più “snelle”».

Si riferisce al “chilometro zero”?

«Il “chilometro zero” è una grande battaglia sulla quale è stato puntato molto, e oggi è un movimento economico che riguarda un 10-15% delle imprese italiane. Ciò che dobbiamo fare è riprendere il valore culturale che vi sta dietro – l’indicazione dell’origine dei prodotti, la trasparenza – e trasferirlo anche alle filiere più lunghe, ad esempio a tutte quelle che finiscono nella grande distribuzione».

Gli agricoltori, e in particolare i giovani, lamentano una burocrazia troppo pesante e, soprattutto, la difficoltà di accedere alla terra…

«È una situazione che frena quella tendenza che pure i giovani cavalcano, scegliendo sempre più di specializzarsi in studi che hanno a che fare con il mondo agricolo. Si tratta di un problema cronico frutto di una politica scellerata condotta sul suolo: se non abbiamo terra a disposizione non possiamo fare agricoltura. In più gli affitti hanno prezzi proibitivi e il sistema del credito non funziona, specialmente rispetto ai giovani».

Come si esce da questa situazione?

«Servono politiche fiscali sul “bene terra”, per consentire, appunto, a chi vive di agricoltura di ritornare alla terra. Sarebbe importante rendere disponibili le terre demaniali per i giovani agricoltori, con affitti equi: a tal riguardo apprezziamo l’interessamento degli ultimi governi, auspicando che si giunga a decisioni positive. L’accesso al credito, poi, è fondamentale. Per questo da Coldiretti è nata Creditagri, un consorzio vigilato dalla Banca d’Italia che oggi è arrivato a co-garantire investimenti per 2,5 miliardi di euro. Anche noi come sistema agricolo, dunque, ci stiamo muovendo per far sì che ci sia una risposta il più possibile adeguata rispetto al tema dell’accesso al credito».

Da ultimo, come si colloca Coldiretti rispetto all’iniziativa “Fondazione Italia Spa” messa in campo dal suo presidente onorario, Sergio Marini?

«Il nostro modello di sviluppo, cui Marini ha contribuito negli anni della sua presidenza, rimane il punto di riferimento per Coldiretti. Non siamo un’associazione che fa politica, restiamo equidistanti, ma siamo pronti a dialogare con chiunque condivida questo modello con fatti concreti».