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Siria

Una lettera da Damasco

La tragica situazione della città raccontata da monsignor Samir Nassar, arcivescovo maronita della capitale

di Samir NASSAR Arcivescovo maronita di Damasco

23 Luglio 2012

Pubblichiamo il testo della lettera di monsignor Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, sulla drammatica situazione nella capitale siriana

Scrivo finché sono vivo e finché l’accesso a Internet rimane possibile. Dalla mattina di martedì 17 luglio 2012, i combattimenti hanno raggiunto la capitale. Damasco fa ricorso alle armi pesanti, ai carri armati e agli elicotteri in una città sovrappopolata. Le distruzioni sono enormi. Quale calvario!

Gli scontri si svolgono nelle strade e si diffondono da un quartiere all’altro. Impossibile dormire con la paura, il frastuono delle bombe e dei cannoni. Le temperature estive vanno da 42° a 56° e i black-out della corrente elettrica sono un tormento.

Damasco, isolata dal resto della Siria, accusa molteplici forme di penuria. I rifornimenti non arrivano più. Siamo a corto di pane, di verdure, di viveri, di gas domestico e di carburante per le panetterie.

Si salvi chi può. Moltissime famiglie abbandonano i quartieri caldi per andare a formare una fila interminabile sulla strada che porta in Libano. Le altre strade verso la Giordania, verso l’Iraq e quelle del nord verso Homs-Alep sono chiuse. L’esodo verso il Libano si svolge nel panico generale. Spero che trovino l’accoglienza adatta. I siriani, infatti, hanno accolto così bene i profughi palestinesi, libanesi ed iracheni.

I pochi fedeli che hanno osato venire a cercare il coraggio alla messa hanno acceso molte candele davanti alla tomba dei Beati Martiri di Damasco. Si sono scambiati addii e lacrime prima di ritornare di corsa a casa al suono degli spari e delle esplosioni.