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Bioetica

Vita: tutelare l’esistenza

Il filosofo Adriano Pessina, direttore del Centro di ateneo di bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, su aborto dopo la nascita

19 Marzo 2012

Aborto dopo la nascita? Confutazione di una tesi filosofica che equipara aborto a infanticidio: è questo il titolo dello scritto del filosofo Adriano Pessina, direttore del Centro di ateneo di bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che – come l’autore evidenzia nella premessa – «intende analizzare e confutare alcune tesi proposte nell’articolo di A. Giubilini e F. Minerva, dal titolo After-birth abortion: why should the baby live?’ (J. Med. Ethics, 2012).

Il testo di Pessina (pubblicato su http://centridiateneo.unicatt.it) si occupa dapprima delle «specificità delle situazioni», contestando che aborto e infanticidio, pur conducendo entrambi alla scomparsa di un essere umano in fasi diverse della sua esistenza, non sono del tutto assimilabili. Nel primo caso – scrive Pessina – «l’esistenza dell’embrione e del feto è strettamente legata all’esistenza della madre»; mentre nel secondo no, così che se la madre muore dopo la nascita il neonato «non muore». Tra madre e nascituro può del resto sorgere un «conflitto d’interessi» e a questo livello si sviluppa il confronto filosofico.

Il “conflitto d’interessi”

Il filosofo analizza «le ragioni per cui alcuni ritengono legittimo sul piano morale (e altri solo sul piano giuridico) la possibilità dell’aborto», notando che «fanno riferimento al possibile conflitto d’interessi tra la persona della madre e la vita del figlio in grembo. In questo ipotetico conflitto – sottolinea – viene tutelata la scelta della donna e sono considerati secondari i progetti e gli interessi di altre persone effettive (il padre, i familiari, i medici, la società come persona giuridica) nei confronti del figlio in grembo, perché per assecondare questi ultimi bisognerebbe compiere atti coercitivi nei confronti della madre che, per svariate ragioni, non vuole portare a termine la gravidanza». Ne deriva, secondo Pessina, che i termini infanticidio ed embrionicidio esprimono «una situazione differente da quella dell’aborto che impedisce di trasportare meccanicamente le argomentazioni addotte nel caso dell’aborto a queste situazioni».

Tra diritti e doveri verso gli altri

La possibilità di sopprimere il neonato, come l’embrione o il feto con l’aborto prenatale, viene teorizzata da Giubilini e Minerva sostenendo che il neonato sarebbe una «non-persona», in quanto «incapace di avere propositi» e di «percepire il danno» della perdita della propria vita. Pessina replica che in tal caso l’infanticidio crea un danno oggettivo e «irreversibile», così come la distruzione di un giardino è un «danno ambientale» anche se «il giardino o la pianta non sanno di essere danneggiati».

Secondo Pessina, piuttosto che arrivare alla soppressione del neonato, «l’adozione si presenta come una soluzione doverosa alla pretesa distruttiva di chi considera un peso l’esistenza di altri». Inoltre, il filosofo sostiene che, oltre ai «diritti che le persone hanno nei confronti delle non-persone», vanno considerati anche «i doveri», «in primo luogo nei confronti di quegli esseri umani che sono persone in potenza».

Fermare il potere distruttivo

In conclusione, con riferimento all’attuale situazione legislativa che consente l’aborto a determinate condizioni, Pessina nota che «la società, come persona giuridica, ha tutti gli interessi a tutelare l’esistenza di quelle che gli autori definiscono “non persone” per almeno due motivi: il primo motivo, perché al suo interno ci sono persone che si sentono danneggiate dall’infanticidio e dall’embrionicidio; il secondo è dato dal fatto che è interesse della società sviluppare nelle persone morali la consapevolezza che la morte di un essere umano non persona sia comunque differente dalla distruzione di un vivente non persona o di una cosa non persona». In tal senso, «la società come persona giuridica, può e deve garantire sia l’interesse della madre sia la vita del neonato semplicemente sottraendo quest’ultimo al suo potere distruttivo».