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Ha vissuto in tempi difficili

Don Luigi Monza fu accusato di antifascismo, incarcerato e allontanato dalla parrocchia. Egli ospitò gli sfollati dalle grandi città e nascose i soldati. Si dedicò ai giovani con impegno e passione

28 Ottobre 2008
mezzo busto.

30/10/2008

di Ennio APECITI

Era nato il 22 giugno 1898 a Cislago (Varese), nella diocesi di Milano, quando ancora era viva l’eco dei disordini sociali – provocati dalla crisi economica e dall’iniquo aumento dei prezzi – che il governo aveva cercato di reprimere con ferocia. La vita cristiana era subdolamente ostacolata in mille modi, l’insegnamento religioso nelle scuole era pubblicamente garantito ma praticamente impedito; l’istituto familiare costantemente aggredito: il matrimonio civile doveva precedere obbligatoriamente quello religioso.

Don Luigi Monza fu ordinato sacerdote il 19 settembre 1925 e subito inviato come vicario presso la parrocchia di Vedano Olona, non lontano da Varese. Proprio all’inizio di quell’anno, Mussolini con un violento discorso alla Camera, aveva rivendicato la responsabilità morale dell’assassinio di Giacomo Matteotti. Non dimentichiamo che nel programma di fondazione dei Fasci italiani di combattimento era previsto lo «svaticanamento d’Italia». Ma fu tattica di un momento. Don Luigi, dunque, iniziava il suo ministero pastorale in un momento difficile. Eppure vi si gettò con entusiasmo, dedicandosi alla formazione dei giovani, che gli erano stati affidati. E pagò per questo.

Inviso alle autorità del governo fascista a causa della sua capacità di trascinare i giovani sulle vie della sequela evangelica, dopo la nascita dell’Opera nazionale Balilla e la soppressione della Fasci (Federazione associazioni sportive cattoliche italiane), don Luigi fu falsamente accusato di fomentare disordini «antifascisti»; il 17 luglio 1927 fu arrestato, incarcerato, allontanato dalla parrocchia. Don Luigi non conservò rancore per l’umiliazione subita, per i commenti ingiusti – anche di confratelli – sulla sua scarsa prudenza: èuna caratteristica dei santi non essere prudenti secondo le convenienze del mondo, lo sono secondo gli insegnamenti di Dio.

Una verifica di questo cuore accogliente, evangelico, si ebbe durante la Seconda guerra mondiale e subito dopo. Don Luigi ospitò gli sfollati dalle grandi città; nascose soldati braccati; fu vicino alle vittime prima dei fascisti poi dei partigiani, consolando e sostenendo i loro parenti, che spesso sono esposti al dolore (ben più lacerante) del ricordo della violenza sulla persona amata. Don Luigi visse gli anni della speranza e della fatica, che seguirono alla Seconda guerra mondiale. Furono anni di grande speranza per la Chiesa cattolica: non possiamo dimenticare l’entusiasmo dell’Anno Santo 1950. Furono, però, anche anni di sofferenza: Occidente ed Oriente, come si chiamarono, si fronteggiarono senza risparmio di colpi, di propaganda, di prepotenza. Forse è un segno delicato che don Luigi Monza sia morto il 29 settembre 1954, durante l’Anno Mariano, lui così devoto alla Madonna, come lo erano tutti i preti ambrosiani, educati da san Carlo Borromeo a terminare ogni celebrazione con un canto a Maria, consolatrice degli afflitti, regina della pace.