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L’esperienza di “Crossroads”

Per i giovani che non si definiscono credenti, ma sono disposti a compiere un serio cammino di ricerca

5 Giugno 2008

25/01/2008

di Luisa BOVE

Protagonisti di “Crossroads” sono gli stessi giovani che hanno scelto di compiere un cammino di ricerca. Un’iniziativa simile, seppure rivolta agli adolescenti, esiste anche a Napoli, si chiama “Fede & metropolitana” perché ognuno è libero di «salire e scendere alla fermata che vuole». A spiegarlo è Susanna Poggioni, ausiliaria diocesana che insieme ai suoi “colleghi” dell’équipe di Milano ha visitato l’anno scorso il Centro di pastorale giovanile della città partenopea. Si chiama Shekinà (tenda) ed è nata in mezzo a mille difficoltà, «ma ora esiste da una decina d’anni nel quartiere Vomero, il nostro corso Vittorio Emanuele».

In metrò come a un incrocio (“Crossroads”), dice Poggioni, «si può incontrare tanta gente e si è liberi di fermarsi oppure no». All’iniziativa ambrosiana hanno già aderito una quindicina di giovani tra i 22 e i 30 anni che hanno saputo del nuovo gruppo attraverso il volantino, il sito www.centrogiovane.org o il passaparola di qualche amico. Tiziana, 24 anni, è tra le più attive e ha partecipato ai primi tre incontri. Si è laureata in Scienze dell’educazione alla Bicocca e ora si sta specializzando, intanto lavora in un asilo nido e in una scuola media come sostegno a disabili.

Quando Susanna l’ha coinvolta nell’organizzazione ha accettato volentieri, «perché è importante creare occasioni di riflessione e di confronto tra giovani e non», dice Tiziana. «Fin dall’inizio l’idea era di formare un gruppo eterogeneo, invitando persone con diverse idee e prospettive nella vita, ma che avessero in comune la ricerca, la voglia di porsi domande rispetto al proprio percorso».

Per partecipare al primo incontro, intitolato “Pensieri di strada”, «i giovani dovevano varcare una soglia e salire le scale – racconta Tiziana -, poi arrivavano in uno spazio che simboleggiava l’idea della ricerca insieme». Un cartellone invitava i partecipanti a scegliere una delle fotografie disposte su un tavolo e finalmente a superare una porta semi aperta, simbolo di «accoglienza», ma anche di «volontà di fare il passo».

Il locale era reso più accogliente da una musica di sottofondo e dal rinfresco finale. I giovani si sono interrogati sul senso della ricerca, ma il discorso non si è esaurito e così il confronto è continuato anche il mese successivo. La serata dal titolo “Fare luce” e il simbolo della candela invitavano «a portare luce e illuminare con le proprie idee il cammino da compiere insieme». Durante l’incontro gli organizzatori hanno lanciato qualche provocazione attraverso poesie, canzoni e testi autobiografici.

Il 17 gennaio scorso i giovani si sono invece confrontati sui “capisaldi” della vita, «perché non è detto che quello che per me è assodato, lo sia anche per gli altri. Il confronto è libero, non c’è nulla di precostituito, ognuno interviene lasciandosi sollecitare dagli interventi e dalle dinamiche che si creano».