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Maria? Barchetta nelle mani di Dio

Veniva da un tugurio, ha sposato un falegname. Più uno è povero e oppresso, più ha bisogno di esplodere. C'è anche chi viene fatto esplodere dal Signore...

19 Dicembre 2008

23/12/2008

colloquio di Stefania CECCHETTI con Alda MERINI

«A me, dico,
Tu hai mandato un angelo,
e mi è sembrato un così grosso dilemma:
perché non ti sei manifestato
come un padre celeste?
Perché, mio Dio, mi hai aggredita
con questa presenza angelica?
Ho dovuto coprirmi la faccia
e le orecchie e gli occhi
per non sentire il rombo delle sue ali.
Dio, che spavento,
rombavano nell’azzurro
come due grosse eliche,
ed io ero rapita in un turbine
quasi portata via dal cielo
e portata via dalla terra,
così, a mezz’aria,
come se fossi stata
in un delirio pieno».

Ecco una delle liriche con cui la poetessa milanese Alda Merini descrive Maria, nella sua opera mista di versi e prosa Magnificat, un incontro con Maria, uscita per Frassinelli nel 2002.

Dunque, chi è Maria per Alda Merini? «Una povera donna colpita da una rivelazione che non si aspettava e che di fatto è stata costretta all’obbedienza. Deve essere stata una scelta terribile, per una ragazza così giovane, decidere di dire sì a un figlio che non doveva essere suo, che era provvisorio. Ma Maria andò incontro a questa “violenza” ben contenta, nella sua innocenza, di dare vita al mistero messianico. La sua sofferenza è diventata un fatto universale. Il suo dolore è il dolore di tutte le donne, di tutte le madri».

E la mente della poetessa ritorna inevitabilmente alle pene da lei subite nell’ospedale psichiatrico “Paolo Pini” di Milano, dove fu internata dal 1965 al 1972: «Quando i cancelli si sono chiusi alle mie spalle, quando ho capito che quella sera non avrei più rivisto le mie bambine sono impazzita. Mi hanno rubato le mie figlie, è un dolore dal quale non sono più guarita. Le prime due, che erano già nate quando mi internarono, hanno pagato più di tutti. In particolare la piccolina, che aveva otto anni. Appena mi hanno portato via si è coperta di psoriasi: una reazione del suo corpo al dolore per la perdita della mamma».

«Ho perdonato mio marito, perché non sapeva a cosa si andava incontro con un ricovero. Lui era un tipo forte, non sopportava la mia debolezza. Ma il dolore di una mamma non ha prezzo. O si impazzisce o si muore. Nessun uomo vale un figlio, per una donna». Così per la madre di Gesù: «Il dolore di Maria è inesprimibile. Per suo figlio le era stato prospettato un avvenire di trionfo e invece viene appeso a una croce come un ladro. Nessuno pensa all’umiliazione di Maria».

Ma il presepe è soprattutto una scena di gioia e Alda Merini si definisce, nonostante tutto, una mamma felice: «La mia gioia sono le mie figlie. La loro felicità è la mia felicità. Sono stata e sono ancora una mamma ansiosa. A volte noi donne sbagliamo, ci incolpiamo da sole pensando di non essere all’altezza, di non fare il necessario. Oppure le madri sbagliano quando non capiscono che il figlio è provvisorio, che non è cosa loro. Invece devono essere tanto caritatevoli da lasciare andare i propri figli».

Allo stesso modo le madri sono “egoiste” quando vogliono un figlio a tutti i costi: «Volere un figlio anche quando non si potrebbe significa non accettare il volere di Dio. Appena sposata io ho cercato subito un figlio, che non veniva. Sono stata dichiarata sterile e così ho iniziato una serie di cure. Alla fine, nella mia vita, ho avuto quattro figlie, tutte femmine. Ma la fecondazione artificiale, no, quella credo sia contro natura».

La terza delle sue figlie, l’amatissima Barbara, è nata durante il periodo del suo internamento: «In manicomio mi avevano proposto l’aborto come misura terapeutica. Dicevano che non avrei potuto curare la bambina. Ma io non ho voluto abortire e la gravidanza mi ha risanata. Oggi mia figlia è una donna stupenda. Solo dopo il parto ho saputo che la gravidanza, in questi casi, può guarire la depressione. Ma allora non lo sapevo. Semplicemente mi ero detta: se devo perdere la vita, o meglio la ragione, per un bambino la perdo volentieri. Non saprei dire cosa sia un figlio in sé. Certo è un grande mistero. Per una donna è comunque un grande dono, anche quando comporta tremende sofferenze».

Don Tonino Bello parlò di Maria come della donna dei poveri e degli oppressi: «È vero, perché è stata povera e oppressa anche lei. Veniva da un tugurio, ha sposato un falegname. Più uno è povero più ha bisogno di esplosione. C’è anche chi viene fatto esplodere dal Signore. Maria era una barchetta di carta con cui il Signore giocava. Dio manda delle prove, quando sceglie un santo, un privilegiato. È per questo che io preferisco essere una peccatrice. È un impegno troppo grande essere un giusto».