Sirio 26-29 marzo 2024
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Storie di bimbi e pagliacci sul treno per Lourdes

Pagliacci, preti, bambini, mamme, giovani, volontari. Il coloratissimo treno dell'Unitalsi è tornato da Lourdes con una certezza: il pellegrinaggio non termina col ritorno a casa.

15 Luglio 2008

04/07/2008

di Filippo MAGNI

Pagliacci, preti, bambini, mamme, giovani, volontari. Il coloratissimo treno dell’Unitalsi è tornato da Lourdes con una certezza: il pellegrinaggio non termina col ritorno a casa. Èterminato da 10 giorni il pellegrinaggio diocesano a Lourdes, ma l’eco di quell’esperienza unica è ancora viva in tutti i partecipanti. Soprattutto negli occhi dei pellegrini più piccoli, i 5.000 bimbi che hanno partecipato al pellegrinaggio nazionale organizzato dall’Unitalsi.
Partiti lunedì 23 con 5 treni, i giovanissimi si sono recati con le loro famiglie nella città francese per 5 giorni di preghiera, ma anche (come è giusto che sia per dei bambini) di giochi, canti, divertimenti e conoscenza reciproca.

Hanno viaggiato insieme ai ragazzi anche decine di volontari, per lo più ragazzi tra i 18 e i 30 anni, che da gennaio si preparavano per rendere indimenticabile il trasferimento in treno e i giorni di residenza a Lourdes dei bimbi. I volontari sono saliti in treno con i loro nomi tradizionali, Luca, Marco, Andrea, Sara, e subito si sono trasformati nei clown Ciubi, Taragna, Calzino e così via: più il nome è strano e più diverte i bimbi dell’Unitalsi.
Truccati, con salopette colorate e di 3 taglie più grandi, scarpe improbabili e capelli multicolore, i pagliacci hanno cercato di rendere piacevole il pellegrinaggio dei bimbi colpiti da handicap fisici o mentali.

Sarà il clima di festa, saranno i giorni trascorsi insieme, ma sui vagoni tutti hanno voglia di chiacchierare e raccontare dell’esperienza vissuta. C’è Martina, 19 anni, per la prima volta a Lourdes: «Me ne ha parlato spesso mio fratello, così quest’anno ho deciso di partire anch’io come volontaria». Per scoprire che «niente è paragonabile a questi giorni, resi unici dai sorrisi dei bimbi, dalle loro richieste di attenzioni e dalla gioia che si legge nei loro occhi quando gli si dedica un po’ di tempo».
Ma c’è anche il veterano Stefano, 32 anni: da 10, ogni estate, partecipa al pellegrinaggio dell’Unitalsi come volontario. «Ogni volta – spiega – è un’esperienza nuova. Non mi stanco mai di Lourdes, dei rapporti che si creano coi piccoli e della preghiera che, in questo luogo, sembra avere qualcosa in più».
E ci sono i tanti piccoli in pellegrinaggio per la prima volta, come Luca, 8 anni, sul treno con il fratellino Lorenzo e la mamma: «Per loro è una festa – racconta lei -. Giocano con i loro coetanei, si divertono, svolgono attività diverse, seguono le celebrazioni e i rosari. In particolare sono rimasti affascinati dalla processione “aux flambeau”, con le fiaccole, di sera: i loro occhi erano sgranati nel vedere tante luci».

Il cuore del pellegrinaggio nazionale dei bambini promosso dall’Unitalsi sono, com’è ovvio, i piccoli, con le loro difficoltà e i loro problemi fisici, ma con un commovente desiderio di ridere e creare contatti con tutti quelli che sono loro intorno.
Racconta Paolo, uno dei volontari, che «il primo impatto con tutti questi bambini sofferenti non è stato semplice: sono partito con il desiderio di svolgere un servizio, ma mi sono ritrovato pieno di domande sul senso di ciò che vedevo intorno a me. Poi ho capito. Sono convinto che ciò che rende bella la vita sono gli incontri con le persone, e il pellegrinaggio di Lourdes non faceva eccezione. Mi sono lasciato avvicinare e la naturalezza dei ragazzi ha fatto crollare ogni mio timore: la loro voglia di vivere e di allargare le loro amicizie è il tesoro più prezioso che porto con me a casa».

Lourdes per i bambini è esperienza di incontro, gioco, amicizia, ma anche di fede vera. Spiega don Giovanni Frigerio, assistente spirituale dell’Unitalsi lombarda: «La cosa più bella del pellegrinaggio è che i piccoli vivono un’esperienza importante, riscoprono il modo più vero dell’incontro con il Signore e con sua mamma, Maria».
Tanto da diventare loro stessi insegnanti, prosegue: «Soprattutto quelli malati o disabili, anche se a volte non parlano, comunicano con la loro stessa vita, ci educano all’essenziale, a gioire delle cose più piccole. Insomma, con il loro amore per la vita ci fanno riscoprire la bellezza dell’esistenza».

«D’altronde anche Bernadette era una bambina – aggiunge la responsabile delle volontarie, Rosanna Favulli – e ci ha insegnato tanto. Lourdes ci dice ogni volta che nella vita bisogna servire l’ultimo, ne è prova il sorriso dei bambini. Il pellegrinaggio – conclude – è un grido forte verso Cristo, il grido di gioia di chi sperimenta l’incontro con Lui».