Sirio 19-25 marzo 2024
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Vaticano

Dare una possibilità ai figli degli immigrati

Il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (17 gennaio 2010) è dedicato a "I migranti e i rifugiati minorenni". Benedetto XVI raccomanda la dovuta attenzione per assicurare loro la frequenza scolastica e l'inserimento nel mondo del lavoro

di Rita SALERNO Redazione

27 Novembre 2009

Una persona umana con diritti fondamentali inalienabili il cui rispetto non deve mancare mai. A ricordare che il migrante, specie se minore, è soggetto al quale va assicurata parità di diritti e doveri, è il Papa, nel suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (17 gennaio 2010), presentato in Sala Stampa Vaticana e dedicato a “I migranti e i rifugiati minorenni”.
Nel documento, in cui sono ripresi alcuni temi dell’enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI formula l’auspicio che a tutti i minori migranti, bisognosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale, sia riservata la giusta attenzione. «Vivere in un Paese straniero senza effettivi punti di riferimento crea a essi, specialmente a quelli privi dell’appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e difficoltà» è l’amara constatazione del Pontefice. Che poi si chiede: «Come non considerare tra i più piccoli anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso – infatti – da bambino ha vissuto l’esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e Maria».
In particolare, il Papa chiede che ai figli degli immigrati «sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro». Di qui, ribadisce Benedetto XVI, l’esigenza di facilitare «l’integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e sociali». «Un aspetto tipico della migrazione minorile – annota il Pontefice – è costituito dalla situazione dei ragazzi nati nei Paesi ospitanti, oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiungono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza, condizione questa che tuttavia può offrire l’opportunità di sperimentare la ricchezza dell’incontro tra differenti tradizioni culturali».
Monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale di migranti e degli itineranti, intervenendo alla conferenza stampa ha fatto notare che non sempre il diritto di un minore non accompagnato, non rimpatriabile stando alle convenzioni internazionali, è rispettato. E ha poi preso in esame i motivi che inducono i minorenni a entrare in clandestinità: «In questi casi i genitori, a volte l’intera famiglia, pongono tutte le loro speranze nella riuscita del minore che emigra, il che si trasforma in un forte peso psicologico per il ragazzo che non vuole deluderli – ha aggiunto il presule -. Perciò egli è pronto a subire ingiustizie, violenze e maltrattamenti pur di ottenere il permesso di soggiorno, e soprattutto un lavoro per poter aiutare la famiglia di origine, che tanto ha “investito” su di lui».
Dal canto suo il segretario del dicastero vaticano degli immigrati, monsignor Agostino Marchetto, ha rilevato che «i minori non accompagnati e quelli separati dalle loro famiglie, molto spesso, vivono ancora in ambienti a rischio di abusi e di sfruttamento, come per la tratta di esseri umani o il reclutamento per fini militari». Una persona umana con diritti fondamentali inalienabili il cui rispetto non deve mancare mai. A ricordare che il migrante, specie se minore, è soggetto al quale va assicurata parità di diritti e doveri, è il Papa, nel suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (17 gennaio 2010), presentato in Sala Stampa Vaticana e dedicato a “I migranti e i rifugiati minorenni”.Nel documento, in cui sono ripresi alcuni temi dell’enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI formula l’auspicio che a tutti i minori migranti, bisognosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale, sia riservata la giusta attenzione. «Vivere in un Paese straniero senza effettivi punti di riferimento crea a essi, specialmente a quelli privi dell’appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e difficoltà» è l’amara constatazione del Pontefice. Che poi si chiede: «Come non considerare tra i più piccoli anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso – infatti – da bambino ha vissuto l’esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e Maria».In particolare, il Papa chiede che ai figli degli immigrati «sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro». Di qui, ribadisce Benedetto XVI, l’esigenza di facilitare «l’integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e sociali». «Un aspetto tipico della migrazione minorile – annota il Pontefice – è costituito dalla situazione dei ragazzi nati nei Paesi ospitanti, oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiungono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza, condizione questa che tuttavia può offrire l’opportunità di sperimentare la ricchezza dell’incontro tra differenti tradizioni culturali».Monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale di migranti e degli itineranti, intervenendo alla conferenza stampa ha fatto notare che non sempre il diritto di un minore non accompagnato, non rimpatriabile stando alle convenzioni internazionali, è rispettato. E ha poi preso in esame i motivi che inducono i minorenni a entrare in clandestinità: «In questi casi i genitori, a volte l’intera famiglia, pongono tutte le loro speranze nella riuscita del minore che emigra, il che si trasforma in un forte peso psicologico per il ragazzo che non vuole deluderli – ha aggiunto il presule -. Perciò egli è pronto a subire ingiustizie, violenze e maltrattamenti pur di ottenere il permesso di soggiorno, e soprattutto un lavoro per poter aiutare la famiglia di origine, che tanto ha “investito” su di lui».Dal canto suo il segretario del dicastero vaticano degli immigrati, monsignor Agostino Marchetto, ha rilevato che «i minori non accompagnati e quelli separati dalle loro famiglie, molto spesso, vivono ancora in ambienti a rischio di abusi e di sfruttamento, come per la tratta di esseri umani o il reclutamento per fini militari».