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Lecco

“Domus Mater”, una casa serena per i sacerdoti anziani

Attiva da decenni, quando si chiamava Villa Aldè ospitò anche il Beato don Luigi Monza. Oggi gli ospiti sono cinque

di Marcello VILLANI Redazione

19 Ottobre 2009

La Casa del clero “Domus Mater” – ex Villa Aldé – di Lecco, in via Montalbano 3, nel rione di San Giovanni, accoglie sei sacerdoti anziani. Uno di essi ha appena salutato la vita terrena, lo scorso 2 ottobre. Era monsignor Ovidio Bolgiani, una vita passata nella Curia milanese.
Alla “Domus Mater”, attiva da decenni, d’altronde, il ciclo della vita segue il suo corso con serenità. Ospitò anche don Luigi Monza, quando si chiamava solamente Villa Aldè. D’altronde il Beato don Monza nel 1936 fu nominato parroco proprio a San Giovanni di Lecco, dove fu «sacerdote secondo il cuore di Dio». Fu proprio nella sua parrocchia, che il 29 settembre 1954, don Luigi si fece da parte e silenziosamente scomparve, come il chicco di grano che muore per dar vita alla spiga.
Così, in quei giardini che furono percorsi da questo straordinario sacerdote, oggi passeggiano i preti anziani ospiti della struttura diretta da Armando Comini, 70 anni, diacono dal 1994: «In questa casa, voluta dai genitori di monsignor Aldé, già canonico del Duomo, ospitiamo ora cinque sacerdoti anziani – spiega -. Tramite la madre di questo monsignore che ne rispettò le volontà, la villa fu destinata ai preti anziani della diocesi. Io la gestisco dal 2003, mentre prima era gestita dalle suore guidate da monsignor Melezio Mauri, che oggi risiede a Suello».
Quali sono le difficoltà maggiori nel guidare questa piccola comunità? «È stare vicini a sacerdoti che hanno avuto esperienze in Curia, oppure sono stati parroci e che, dopo tanti anni vissuti come responsabili di se stessi, hanno qualche difficoltà nel vivere in comunità, visto che hanno sempre vissuto da soli in canonica o nei loro appartamenti. Ora la loro è una vita di comunità piena: hanno la Messa insieme alle 9 del mattino, poi la recita dei Vespri, Compieta e Rosario a partire dalle 16.30 e la cena insieme alle 19. Fanno anche merenda insieme prima del Vespero. E poi vanno nelle loro camere, perché l’età è quella che è. Sono tutti autosufficienti, visto che il progetto della casa garantisce la permanenza solo di sacerdoti autosufficienti, anche se abbiamo molte attenzioni per loro. È presente giornalmente il medico e un’infermiera volontaria a disposizione».
Le soddisfazioni però non mancano: «Il servizio diaconale è una bella esperienza: ti porta a condividere la loro sofferenza e tristezza, perché ormai si sentono soli anche se qualcuno che viene a trovarli c’è sempre. È il passaggio da anni e anni vissuti in mezzo a tanta gente alla solitudine quasi monastica della nostra “Domus Mater”. Sono molto contento di condividere la loro esperienza e la loro santità. Ogni giorno si preparano, sorridendo o addirittura con la barzelletta, all’incontro con il Padre. Sanno che sarà l’ultima dimora e vederli sempre contenti al mattino è una gioia vera. Insieme a loro, uno impara a diventare anziano. Per me è stato un dono datomi dal vescovo e dal vicario episcopale. È bello vivere con loro giorno per giorno». La Casa del clero “Domus Mater” – ex Villa Aldé – di Lecco, in via Montalbano 3, nel rione di San Giovanni, accoglie sei sacerdoti anziani. Uno di essi ha appena salutato la vita terrena, lo scorso 2 ottobre. Era monsignor Ovidio Bolgiani, una vita passata nella Curia milanese.Alla “Domus Mater”, attiva da decenni, d’altronde, il ciclo della vita segue il suo corso con serenità. Ospitò anche don Luigi Monza, quando si chiamava solamente Villa Aldè. D’altronde il Beato don Monza nel 1936 fu nominato parroco proprio a San Giovanni di Lecco, dove fu «sacerdote secondo il cuore di Dio». Fu proprio nella sua parrocchia, che il 29 settembre 1954, don Luigi si fece da parte e silenziosamente scomparve, come il chicco di grano che muore per dar vita alla spiga.Così, in quei giardini che furono percorsi da questo straordinario sacerdote, oggi passeggiano i preti anziani ospiti della struttura diretta da Armando Comini, 70 anni, diacono dal 1994: «In questa casa, voluta dai genitori di monsignor Aldé, già canonico del Duomo, ospitiamo ora cinque sacerdoti anziani – spiega -. Tramite la madre di questo monsignore che ne rispettò le volontà, la villa fu destinata ai preti anziani della diocesi. Io la gestisco dal 2003, mentre prima era gestita dalle suore guidate da monsignor Melezio Mauri, che oggi risiede a Suello».Quali sono le difficoltà maggiori nel guidare questa piccola comunità? «È stare vicini a sacerdoti che hanno avuto esperienze in Curia, oppure sono stati parroci e che, dopo tanti anni vissuti come responsabili di se stessi, hanno qualche difficoltà nel vivere in comunità, visto che hanno sempre vissuto da soli in canonica o nei loro appartamenti. Ora la loro è una vita di comunità piena: hanno la Messa insieme alle 9 del mattino, poi la recita dei Vespri, Compieta e Rosario a partire dalle 16.30 e la cena insieme alle 19. Fanno anche merenda insieme prima del Vespero. E poi vanno nelle loro camere, perché l’età è quella che è. Sono tutti autosufficienti, visto che il progetto della casa garantisce la permanenza solo di sacerdoti autosufficienti, anche se abbiamo molte attenzioni per loro. È presente giornalmente il medico e un’infermiera volontaria a disposizione».Le soddisfazioni però non mancano: «Il servizio diaconale è una bella esperienza: ti porta a condividere la loro sofferenza e tristezza, perché ormai si sentono soli anche se qualcuno che viene a trovarli c’è sempre. È il passaggio da anni e anni vissuti in mezzo a tanta gente alla solitudine quasi monastica della nostra “Domus Mater”. Sono molto contento di condividere la loro esperienza e la loro santità. Ogni giorno si preparano, sorridendo o addirittura con la barzelletta, all’incontro con il Padre. Sanno che sarà l’ultima dimora e vederli sempre contenti al mattino è una gioia vera. Insieme a loro, uno impara a diventare anziano. Per me è stato un dono datomi dal vescovo e dal vicario episcopale. È bello vivere con loro giorno per giorno».