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Cei

«Generare nuovi credenti, insegnando l’arte di vivere»

Nel comunicato finale del Consiglio permanente della Cei le linee per gli Orientamenti pastorali del decennio sull'educazione

29 Ottobre 2009

«La malattia mortale che rende tanto difficile il rapporto educativo è l’incapacità di rapportarsi con il reale, avendo smarrito il senso dell’oggettività». A denunciarlo sono i vescovi italiani, nel comunicato finale del Consiglio permanente (Cep) della Cei, diffuso lo scorso 29 settembre. «La Chiesa intera è chiamata a generare nuovi credenti attraverso l’esperienza dell’educare»: questo il tema a cui è stata dedicata «un’ampia riflessione» nel contesto della presentazione della prima traccia degli Orientamenti pastorali 2010-2020 con al centro la «questione educativa» come «perno di una rinnovata stagione di evangelizzazione».
I vescovi auspicano «un documento unitario ed essenziale, che abbia la capacità di "trafiggere i cuori" per raccogliere l’emergenza dell’educazione nel nostro contesto liquido e plurale». Di qui la necessità di focalizzare alcune «dimensioni fondamentali» dell’esperienza umana, quali la libertà, la volontà, la ragione, l’amore e la fede. In questa «trasmissione» (traditio) dell’«arte di vivere», per la Chiesa la famiglia «gioca un ruolo decisivo, a condizione che sappia superare la tentazione iperprotettiva a risparmiare ai figli qualsiasi esperienza del limite e del sacrificio». «Perché sia efficace, l’intervento educativo richiede l’apporto di tutti gli adulti e delle diverse agenzie sociali», e la «domanda di educazione» deve «penetrare in tutti gli ambiti di vita». «Non un semplice prontuario pedagogico – precisano i vescovi -, ma uno strumento che propizi una presa di coscienza plausibile e praticabile per reagire al diffuso nichilismo che pervade la vita di tanti, specie dei più giovani».
«Questa prima fase di confronto e di approfondimento – spiega mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per le comunicazioni sociali (Ucs) – sta cercando di dissodare il terreno per giungere entro il prossimo anno a rintracciare nella sfida educativa, vista come testimonianza credibile e non semplicemente come metodo pedagogico, uno snodo decisivo per l’attuale contesto, segnato da un nichilismo diffuso». «Tale situazione problematica – conclude il direttore dell’Ucs – si allenterà infatti non solo grazie a valori proclamati, ma soltanto in virtù di figure di riferimento che incarnano il Vangelo fino a farne derivare concrete e puntuali indicazioni per la vita quotidiana».
«Pensare in grande, senza lasciarsi rinchiudere in visioni anguste»: questa la «prospettiva condivisa» da tutti i vescovi italiani. È quanto si legge inoltre nel comunicato finale del Cep, nel quale i vescovi lanciano un «appello alla comunità ecclesiale e civile», a partire dalla consapevolezza che «solo quando il Vangelo diventa cultura, cioè si declina in comportamenti concreti, assolve al suo compito di offrire una speranza fondata a una società scettica e disorientata».