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Famiglia-Lavoro

Il Fondo aiuta già più di mille famiglie

Dopo sei mesi di attività è tempo di bilanci: presentate finora oltre 2000 domande, in maggioranza da parte di operai. La Brianza tra le aree più problematiche. Drammatiche le storie di vita pervenute agli operatori

Pino NARDI Redazione

30 Giugno 2009

Sono passati sei mesi dal sogno della notte di Natale. Per il Fondo Famiglia-Lavoro è già tempo di bilanci, al centro del dibattito svoltosi oggi alla Fondazione Cariplo di Milano. Quel sogno del cardinale Tettamanzi registra numeri di tutto rispetto: sono oltre 2000 le domande arrivate, intorno alle 1000 quelle già deliberate nei 7 consigli di gestione convocati. E venerdì 3 luglio ci sarà una nuova riunione con altre decisioni. Mentre continua l’afflusso di contributi, che hanno ormai superato abbondantemente i 4,5 milioni di euro (per l’esattezza siamo a 4.688.357 euro).
«Si continua a rilevare la crisi, perché chiudono molte cooperative di servizi, piccole aziende e le imprese familiari – racconta Silvana Migliorati del Siloe, che raccoglie e analizza le domande che giungono da quasi tutti i decanati della diocesi -. Ci sono molte famiglie con figli minori. La criticità estrema è di chi lavora in cooperativa: essendo socio lavoratore non ha diritto a niente, né alla disoccupazione, né alla cassa integrazione. La metà sono italiani, gli altri stranieri. In maggioranza sono operai, molti i precari. E questa è una sciagura». Soprattutto quando si è esposti con le banche. Conferma Migliorati: «Infatti, altro problema rilevante è l’alto carico debitorio per mutui, soprattutto degli stranieri costretti ad accenderlo perché non trovano case in affitto. Perdono il lavoro e si trovano in grandissima difficoltà ad affrontare le rate, iniziando così la crisi con la banca». E se si perde la casa…
Altro fenomeno che emerge da questo osservatorio speciale è il problema delle badanti, «quando l’assistito muore o va in casa di riposo. Parecchie sono in difficoltà estreme perché non riescono a ricollocarsi in un tempo adeguato. Tante sono anche in regola, ma con contributi inferiori all’orario di lavoro effettivamente svolto: c’è l’assunzione per 4 ore e ne lavorano 10».
Il focolaio della crisi è in particolare la ormai ex ricca Brianza: «In effetti la maggioranza delle richieste proviene da fuori Milano – sostiene Migliorati -. Moltissime proprio dalla Brianza in crisi nera. Ma tante anche dal distretto di Lecco, Vimercate, Cernusco sul Naviglio».
Drammatiche le storie di vita pervenute al Fondo. Eccone solo alcune. G. D., 54 anni, cuoco diplomato, è stato licenziato dal ristorante milanese dove lavorava in nero. La moglie è non vedente in attesa del riconoscimento di invalidità e non riesce a pagare l’affitto. Ha un figlio di un anno. G. C., 38 anni, lavorava come magazziniere fino a quando la cooperativa non l’ha lasciato a casa insieme ad altri quattro dipendenti a causa del calo degli ordini. Non riceve l’indennità di disoccupazione e la moglie casalinga si arrangia con qualche lavoretto. A E. A., 43 anni, diplomata, occupata part-time come operatrice telefonica, è stato ridotto l’orario di lavoro da gennaio. Ha una figlia di 4 anni. Convive con un compagno che ha perso recentemente il lavoro. Ha fatto richiesta del bonus regionale ed è in attesa di risposta. D. V., 57 anni, autista, licenziato a febbraio. La moglie è invalida civile per l’epilessia. Ha percepito la liquidazione. T. C., 53 anni, single, operaio generico, a febbraio non gli è stato rinnovato il contratto a termine. L.B., 51 anni, magazziniere, è in cassa integrazione da febbraio. La moglie lavora come addetta alla pulizie. Ha due figli di 20 e 15 anni, entrambi studenti. Non riescono a pagare le spese straordinarie di condominio.
M. M., 53 anni, saldatore, ha perso il lavoro per la chiusura dell’officina. La convivente, casalinga, 55 anni, percepisce la pensione di reversibilità, in quanto vedova. Ha due figli di 15 e 13 anni. Vive in una casa in affitto e ha un piccolo debito con una finanziaria. I. B. è una donna che da tempo lavora con contratti a tempo determinato prima come impiegata ultimamente come supplente di scuola primaria. Questo ultimo contratto, durato solo tre mesi, prevede una piccola liquidazione che le sarà data solo fra 4/5 mesi. La situazione di difficoltà si è aggravata a causa della perdita del lavoro anche del marito che da più di un anno lavorava come elettricista in una ditta fuori Milano. Hanno un figlio di 13 anni. Il debito è costituito dall’affitto da gennaio. Un piccolo aiuto è arrivato dalla mamma che vive a Napoli.
M. T., 40 anni, operaia, divorziata, ha un figlio a carico di 14 anni. Lavorava per una ditta di Cassano Magnano. Ora è in cassa integrazione. L. G., 40 anni, divorziata, vive con la madre pensionata. Lavorava come addetta alla pulizie in un prestigioso hotel di Milano. È stata in cassa integrazione da gennaio a marzo. R. P., 43 anni, lavorava presso uno studio medico con contratto a termine che non le è stato rinnovato. Il marito è stato a lungo disoccupato e ha trovato lavoro recentemente presso una cooperativa con retribuzione molto modesta. Stanno pagando il mutuo della casa in cui vivono aiutati dai genitori di lei. La signora soffre di una forma di epilessia e i medicinali che assume le procurano effetti collaterali. A. V., 53 anni, vedova, due figli studenti. Da quando ha perso il marito ha fatto l’impiegata per uno studio legale dove è stata licenziata nell’ottobre 2008. Poi lavori tramite agenzia internale: ultima occupazione in una azienda di Lecco, ma il contratto è terminato a febbraio.