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Scuola

Ora di religione: una scelta utile per rimotivare lo studio

In questi giorni le famiglie devono decidere l'opzione per l'istituto e se avvalersi dell'Irc, un'opportunità per gli studenti. Parla il responsabile del Servizio diocesano don Michele Di Tolve

Pino NARDI Redazione

17 Febbraio 2009

Ètempo di scegliere la scuola e anche se avvalersi dell’ora di religione. Molte famiglie sono alle prese con decisioni che determinano la qualità educativa e formativa futura dei figli. Perciò è decisivo cogliere i benefici, in termini di senso della vita e anche dello studio, che offre la frequenza dell’insegnamento della religione cattolica. Un luogo di dialogo, di confronto, ma anche di integrazione per gli studenti stranieri. Ne parliamo con don Michele Di Tolve, responsabile del Servizio Irc e della Pastorale scolastica della diocesi di Milano.

Dunque, una scelta importante…
Infatti. È importante che la famiglia ritorni a occuparsi della scelta, soprattutto perché sia consapevole della ricchezza di questa disciplina. L’Insegnamento della religione cattolica (Irc) permette ai ragazzi un percorso culturale davvero utile, in quanto le altre materie rispondono a domande tipo «come, cosa, quando, dove, quanto». Ma ci sono due domande che sono il fondamento dello studio, di ogni voglia di sapere, di vivere: perché? Per chi? L’Irc aiuta i ragazzi a fare questo percorso culturale.

Consente un di più di senso?
Esatto. Oggi i ragazzi fanno più fatica sulle motivazioni, sulla ricerca dei significati: «Che senso ha la mia vita? Davanti ai fatti brutti che capitano che futuro ho?». Un percorso culturale non può quindi chiudersi semplicemente sulle nozioni apprese. L’Irc insieme con le altre discipline – in una vera armonia di collaborazione e di interdisciplinarietà – permette di andare a toccare quelli che sono i nodi essenziali della vita di un bambino, di un preadolescente o di un adolescente, sulle motivazioni di fondo dello studio. I ragazzi non vogliono risposte banali e quando non le trovano inizia la loro crisi.

Ma chi frequenta già la parrocchia deve scegliere l’ora di religione oppure può farne a meno?
Tutt’altro. A maggior ragione deve sceglierla. È davvero una contraddizione non fare religione a scuola da parte di un ragazzo che frequenta la comunità cristiana, che vive l’animazione in oratorio, che è educatore. Non potranno essere veri testimoni se innanzitutto non vivono anche nella scuola una presenza significativa dentro il dibattito culturale, interculturale, interreligioso e interdisciplinare che permette proprio l’Irc.

Eppure rimane ancora aperta la questione dell’alternativa all’Irc…
Mi sembra giusto che ci sia la possibilità di scelta. Sono due i problemi: primo, che per mancanza di fondi – e le istituzioni devono decidersi a rispettare fino in fondo la normativa – non è stata mai veramente pensata una vera alternativa. C’è in pochissime scuole, ma è importante farla, perché i ragazzi ne hanno diritto. Non si può dire che non ci sono le risorse: gli studenti sono il centro della scuola e le risorse vanno messe a loro servizio. Oppure c’è lo studio assistito o quello individuale.

E il secondo problema?
È grave, perché è l’ora del nulla. Questo è il vero cancro della scuola, perché un ragazzo così percepisce che sui banchi bisogna starci il meno possibile. È un danno per la scuola, non per l’Irc: entrare un’ora dopo, uscire un’ora prima o peggio durante l’orario della giornata. Sto facendo fare una ricerca: vogliamo capire qual è il livello delle assenze soprattutto nella secondaria e nelle superiori.

Altra questione, gli stranieri…
È importante dire alle famiglie straniere che l’Irc non conduce a credere in una fede, ha un profilo culturale. Proprio i ragazzi stranieri di altre religioni facendo l’Irc possono integrarsi meglio. Per esempio, il 97% di Sesto San Giovanni fa religione cattolica: gli insegnanti con i dirigenti hanno fatto capire ai genitori che non è un’ora confessionale, che non vuole convertire nessuno, ma un insegnamento con un profilo culturale.

E’ costante la scelta?
Secondo noi c’è una sostanziale tenuta. A volte riscontriamo attacchi sconsiderati verso l’Irc. Eppure è l’unica disciplina che in questi anni ha tenuto il passo per intercettare i bisogni dei ragazzi, ha obiettivi specifici di apprendimento totalmente inserita nelle finalità della scuola. Addirittura lo Stato ha riconosciuto agli insegnanti di religione un ruolo ben preciso. Eppure notiamo attacchi inutili che a volte sfiancano molti adolescenti che si sentono disorientati. Ma che male può fare questo tipo di attività per ragazzi che vogliono capire, conoscere, scoprire?.

Un approccio laicista che avanza?
Infatti, inviterei tutti quegli adulti che invocano una laicità che in realtà è laicismo, invece a lavorare tutti insieme, perché il vero problema è salvare i ragazzi dalla deriva, dalla disperazione.

Per far questo è necessaria anche un’alta qualità degli insegnanti…
Certo, avere senz’altro insegnanti preparati e all’altezza del compito. La diocesi di Milano ha fatto una scelta forte di formazione integrale degli insegnanti di religione, ma la offriremo anche a tutti gli altri docenti. Ètempo di scegliere la scuola e anche se avvalersi dell’ora di religione. Molte famiglie sono alle prese con decisioni che determinano la qualità educativa e formativa futura dei figli. Perciò è decisivo cogliere i benefici, in termini di senso della vita e anche dello studio, che offre la frequenza dell’insegnamento della religione cattolica. Un luogo di dialogo, di confronto, ma anche di integrazione per gli studenti stranieri. Ne parliamo con don Michele Di Tolve, responsabile del Servizio Irc e della Pastorale scolastica della diocesi di Milano. Dunque, una scelta importante…Infatti. È importante che la famiglia ritorni a occuparsi della scelta, soprattutto perché sia consapevole della ricchezza di questa disciplina. L’Insegnamento della religione cattolica (Irc) permette ai ragazzi un percorso culturale davvero utile, in quanto le altre materie rispondono a domande tipo «come, cosa, quando, dove, quanto». Ma ci sono due domande che sono il fondamento dello studio, di ogni voglia di sapere, di vivere: perché? Per chi? L’Irc aiuta i ragazzi a fare questo percorso culturale.Consente un di più di senso?Esatto. Oggi i ragazzi fanno più fatica sulle motivazioni, sulla ricerca dei significati: «Che senso ha la mia vita? Davanti ai fatti brutti che capitano che futuro ho?». Un percorso culturale non può quindi chiudersi semplicemente sulle nozioni apprese. L’Irc insieme con le altre discipline – in una vera armonia di collaborazione e di interdisciplinarietà – permette di andare a toccare quelli che sono i nodi essenziali della vita di un bambino, di un preadolescente o di un adolescente, sulle motivazioni di fondo dello studio. I ragazzi non vogliono risposte banali e quando non le trovano inizia la loro crisi.Ma chi frequenta già la parrocchia deve scegliere l’ora di religione oppure può farne a meno? Tutt’altro. A maggior ragione deve sceglierla. È davvero una contraddizione non fare religione a scuola da parte di un ragazzo che frequenta la comunità cristiana, che vive l’animazione in oratorio, che è educatore. Non potranno essere veri testimoni se innanzitutto non vivono anche nella scuola una presenza significativa dentro il dibattito culturale, interculturale, interreligioso e interdisciplinare che permette proprio l’Irc.Eppure rimane ancora aperta la questione dell’alternativa all’Irc…Mi sembra giusto che ci sia la possibilità di scelta. Sono due i problemi: primo, che per mancanza di fondi – e le istituzioni devono decidersi a rispettare fino in fondo la normativa – non è stata mai veramente pensata una vera alternativa. C’è in pochissime scuole, ma è importante farla, perché i ragazzi ne hanno diritto. Non si può dire che non ci sono le risorse: gli studenti sono il centro della scuola e le risorse vanno messe a loro servizio. Oppure c’è lo studio assistito o quello individuale.E il secondo problema?È grave, perché è l’ora del nulla. Questo è il vero cancro della scuola, perché un ragazzo così percepisce che sui banchi bisogna starci il meno possibile. È un danno per la scuola, non per l’Irc: entrare un’ora dopo, uscire un’ora prima o peggio durante l’orario della giornata. Sto facendo fare una ricerca: vogliamo capire qual è il livello delle assenze soprattutto nella secondaria e nelle superiori.Altra questione, gli stranieri…È importante dire alle famiglie straniere che l’Irc non conduce a credere in una fede, ha un profilo culturale. Proprio i ragazzi stranieri di altre religioni facendo l’Irc possono integrarsi meglio. Per esempio, il 97% di Sesto San Giovanni fa religione cattolica: gli insegnanti con i dirigenti hanno fatto capire ai genitori che non è un’ora confessionale, che non vuole convertire nessuno, ma un insegnamento con un profilo culturale.E’ costante la scelta?Secondo noi c’è una sostanziale tenuta. A volte riscontriamo attacchi sconsiderati verso l’Irc. Eppure è l’unica disciplina che in questi anni ha tenuto il passo per intercettare i bisogni dei ragazzi, ha obiettivi specifici di apprendimento totalmente inserita nelle finalità della scuola. Addirittura lo Stato ha riconosciuto agli insegnanti di religione un ruolo ben preciso. Eppure notiamo attacchi inutili che a volte sfiancano molti adolescenti che si sentono disorientati. Ma che male può fare questo tipo di attività per ragazzi che vogliono capire, conoscere, scoprire?.Un approccio laicista che avanza?Infatti, inviterei tutti quegli adulti che invocano una laicità che in realtà è laicismo, invece a lavorare tutti insieme, perché il vero problema è salvare i ragazzi dalla deriva, dalla disperazione.Per far questo è necessaria anche un’alta qualità degli insegnanti…Certo, avere senz’altro insegnanti preparati e all’altezza del compito. La diocesi di Milano ha fatto una scelta forte di formazione integrale degli insegnanti di religione, ma la offriremo anche a tutti gli altri docenti. – Lettera agli studenti stranieriGli Idr a Roma da Benedetto XVIProposta di abbonamento a Milano 7La situazione nelle materne di Milano –

Don Michele Di Tolve