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Società

Immigrati in Italia, non è questa l’unità

Un filo preoccupante lega Brescia a Rosarno

di Giancarlo PEREGO Direttore generale della Fondazione Cei Migrantes Redazione

17 Novembre 2010

La gru ferma al quartiere Madonna del Carmine di Brescia è diventata non solo l’immagine di una protesta, di una pretesa di alcuni immigrati, ma anche il segno che ricorda una realtà sempre più drammatica in Italia: lo sfruttamento lavorativo degli immigrati. In questa situazione drammatica la Migrantes diocesana, con il direttore padre Mario Toffari, a nome della comunità diocesana, da due settimane sta costruendo una relazione e una mediazione sociale per trovare una soluzione e per evitare un braccio di ferro tra immigrati, istituzioni e cittadini, che rischia di risolversi in uno scontro aperto nella capoluogo provinciale.
I fatti di Brescia richiamano immediatamente i fatti di Rosarno e s’inquadrano dentro la situazione attuale del mercato del lavoro italiano, sempre più segnata da sfruttamento e lavoro nero, in particolare degli immigrati. Lo sfruttamento dei lavoratori immigrati – oggi oltre 2 milioni in Italia – è cresciuto in questo tempo di crisi, che ha visto la crescita della disoccupazione immigrati – come ci indica il Dossier Immigrazione 2010 redatto dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Migrantes – dall’8,8% dell’anno precedente al 12,6%, anche se aumenta nel complesso l’incidenza dei lavoratori immigrati sul numero dei lavoratori, attestandosi all’8,2%. L’aumento del lavoro degli immigrati è legato soprattutto a mansioni e attività scarsamente qualificate, dove la domanda di lavoro è pressoché assente. Al primo posto tra i motivi per cui gli stranieri si rivolgono agli sportelli e ai centri di ascolto c’è, per il 66,4% dei casi, un problema di lavoro. Il mondo dei lavoratori immigrati, per continuare a rimanere in Italia, a mantenere sé e la propria famiglia, è ripiegato nella sottoccupazione (nel 2009, il 10,7%), nella mobilità e nella precarietà (oltre il 25%); oppure ha accettato un sottoinquadramento (nel 2009, il 41,7%), oppure una retribuzione minore (nel 2009, il 23% in meno di quella degli italiani, che arriva al 28% per le donne). Infine, il 25% di immigrati nel 2009 ha aumentato una modalità lavorativa in orari disagiati (la sera, la notte, la domenica). Allo sfruttamento sul lavoro si è aggiunto anche una crescita del lavoro nero. Dall’agricoltura all’edilizia, dai cantieri edili ai cantieri navali, dalle famiglie ai servizi, dalle piccole alle grandi opere: sono tutti luoghi in cui gli immigrati sono esposti a forme nuove di sfruttamento lavorativo, anche alla luce del sole, con complicità diverse che poi vengono negate o nascoste quando i fatti assumono la drammaticità di morti sul lavoro o di proteste o di violenze.
I dati spiegano come i fatti di Rosarno fino alla cronaca di Brescia hanno come denominatore comune l’aumento delle sacche di sfruttamento, spesso nascoste, la disperazione di chi è entrato in un circuito perverso dove i diritti sono negati. Quando lo sfruttamento da denuncia diventa anche protesta, con fatti di violenza o gesti eclatanti allora si scopre questo universo nascosto, che chiede un maggiore impegno di mediazione sociale, ma anche di tutela e protezione sociale. Se è necessario da una parte tutelare l’ordine nella legalità, di fronte alla crescita dello sfruttamento lavorativo degli immigrati è anche necessario rafforzare la protezione sociale nella legalità. Diversamente solo i deboli, i poveri, gli ultimi, in questo caso tra gli immigrati, pagano a caro prezzo una situazione di crisi economica e sociale, quale è quella in atto. La Settimana sociale dei cattolici italiani, recentemente celebrata a Reggio Calabria, ha ricordato come anche il cambiamento del mondo dell’impresa, i percorsi di inclusione chiedono un rafforzamento della tutela dei diritti dei lavoratori immigrati. La città, istituzioni e cittadini, non possono fingere di non sapere, scandalizzarsi di ciò che avviene, incolpare sempre e solo gli immigrati, ma hanno l’impegno di monitorare e tutelare anche oggi il mondo del lavoro italiano, segnato da sfruttamento e da abbandono. Purtroppo, più che con altri valori, l’unità d’Italia oggi rischia di essere celebrata con il disvalore di un lavoro che manca o che è sfruttato, sottopagato, dimenticato. La gru ferma al quartiere Madonna del Carmine di Brescia è diventata non solo l’immagine di una protesta, di una pretesa di alcuni immigrati, ma anche il segno che ricorda una realtà sempre più drammatica in Italia: lo sfruttamento lavorativo degli immigrati. In questa situazione drammatica la Migrantes diocesana, con il direttore padre Mario Toffari, a nome della comunità diocesana, da due settimane sta costruendo una relazione e una mediazione sociale per trovare una soluzione e per evitare un braccio di ferro tra immigrati, istituzioni e cittadini, che rischia di risolversi in uno scontro aperto nella capoluogo provinciale.I fatti di Brescia richiamano immediatamente i fatti di Rosarno e s’inquadrano dentro la situazione attuale del mercato del lavoro italiano, sempre più segnata da sfruttamento e lavoro nero, in particolare degli immigrati. Lo sfruttamento dei lavoratori immigrati – oggi oltre 2 milioni in Italia – è cresciuto in questo tempo di crisi, che ha visto la crescita della disoccupazione immigrati – come ci indica il Dossier Immigrazione 2010 redatto dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Migrantes – dall’8,8% dell’anno precedente al 12,6%, anche se aumenta nel complesso l’incidenza dei lavoratori immigrati sul numero dei lavoratori, attestandosi all’8,2%. L’aumento del lavoro degli immigrati è legato soprattutto a mansioni e attività scarsamente qualificate, dove la domanda di lavoro è pressoché assente. Al primo posto tra i motivi per cui gli stranieri si rivolgono agli sportelli e ai centri di ascolto c’è, per il 66,4% dei casi, un problema di lavoro. Il mondo dei lavoratori immigrati, per continuare a rimanere in Italia, a mantenere sé e la propria famiglia, è ripiegato nella sottoccupazione (nel 2009, il 10,7%), nella mobilità e nella precarietà (oltre il 25%); oppure ha accettato un sottoinquadramento (nel 2009, il 41,7%), oppure una retribuzione minore (nel 2009, il 23% in meno di quella degli italiani, che arriva al 28% per le donne). Infine, il 25% di immigrati nel 2009 ha aumentato una modalità lavorativa in orari disagiati (la sera, la notte, la domenica). Allo sfruttamento sul lavoro si è aggiunto anche una crescita del lavoro nero. Dall’agricoltura all’edilizia, dai cantieri edili ai cantieri navali, dalle famiglie ai servizi, dalle piccole alle grandi opere: sono tutti luoghi in cui gli immigrati sono esposti a forme nuove di sfruttamento lavorativo, anche alla luce del sole, con complicità diverse che poi vengono negate o nascoste quando i fatti assumono la drammaticità di morti sul lavoro o di proteste o di violenze.I dati spiegano come i fatti di Rosarno fino alla cronaca di Brescia hanno come denominatore comune l’aumento delle sacche di sfruttamento, spesso nascoste, la disperazione di chi è entrato in un circuito perverso dove i diritti sono negati. Quando lo sfruttamento da denuncia diventa anche protesta, con fatti di violenza o gesti eclatanti allora si scopre questo universo nascosto, che chiede un maggiore impegno di mediazione sociale, ma anche di tutela e protezione sociale. Se è necessario da una parte tutelare l’ordine nella legalità, di fronte alla crescita dello sfruttamento lavorativo degli immigrati è anche necessario rafforzare la protezione sociale nella legalità. Diversamente solo i deboli, i poveri, gli ultimi, in questo caso tra gli immigrati, pagano a caro prezzo una situazione di crisi economica e sociale, quale è quella in atto. La Settimana sociale dei cattolici italiani, recentemente celebrata a Reggio Calabria, ha ricordato come anche il cambiamento del mondo dell’impresa, i percorsi di inclusione chiedono un rafforzamento della tutela dei diritti dei lavoratori immigrati. La città, istituzioni e cittadini, non possono fingere di non sapere, scandalizzarsi di ciò che avviene, incolpare sempre e solo gli immigrati, ma hanno l’impegno di monitorare e tutelare anche oggi il mondo del lavoro italiano, segnato da sfruttamento e da abbandono. Purtroppo, più che con altri valori, l’unità d’Italia oggi rischia di essere celebrata con il disvalore di un lavoro che manca o che è sfruttato, sottopagato, dimenticato.