Share

Commento

Ac: il Papa ci ricorda che siamo parte del creato

Una riflessione sull'enciclica “Laudato si'” a cura di Silvia Landra e monsignor Gianni Zappa, rispettivamente presidente e assistente dell’Azione cattolica ambrosiana

di Silvia LANDRA e monsignor Gianni ZAPPA Presidente e Assistente dell’Azione cattolica ambrosiana

10 Luglio 2015

Pubblichiamo una riflessione sull’enciclica “Laudato si’” a cura di Silvia Landra e monsignor Gianni Zappa, rispettivamente presidente e assistente dell’Azione cattolica ambrosiana.

La contemplazione di un disegno meraviglioso che riconduce ad unità

Da laici cristiani, ciascuno con il proprio bagaglio di vita vissuta, siamo tutti chiamati da questa Enciclica di papa Francesco a compiere un itinerario di riscoperta della bellezza di abitare la terra, casa di ogni uomo e donna, assumendone la piena responsabilità.

Leggendola siamo continuamente presi per mano, tra lo stupore del dono e la consapevolezza del compito, a intravedere la tessitura meravigliosa che lega tra loro tutte le cose create.

Prima di tutto analizzare, studiare, conoscere

In una prima fase del percorso che ci viene suggerito, siamo chiamati alla lettura e all’analisi della realtà, ovvero a mettere al centro la vita. Emerge la valorizzazione di tante competenze scientifiche e tecniche, espressione di molti soggetti ogni giorno impegnati nello studio e nel lavoro in relazione ai beni della terra, al loro uso; ma anche la necessità di diventare consapevoli delle conseguenze del consumo, del rischio dell’abuso, della cura e dell’incuria di ogni ricchezza naturale. La precisione dei dettagli con cui il Papa ci permette di attraversare molte questioni rimanda continuamente ai saperi e alle discipline specialistiche, al valore del conoscere e dell’approfondire, superando le ingenuità e non concedendo nulla al pressapochismo dell’ignoranza usato come alibi per sciupare e disprezzare i doni della terra.

Non sono pochi i richiami pieni di gratitudine per gli uomini di buona volontà che compiono il servizio di studiare le questioni dell’ambiente e della tutela di ogni vita con l’obiettivo di ricercare soluzioni nuove.

Sentirsi parte, avvertire che ciascuno di noi è dentro questo disegno

La lettera è un invito continuo a sentirci parte di questa terra e di questa famiglia umana, a cogliere in quale immensa misura le persone, le cose, gli animali, i luoghi e le culture siano interconnessi, bisognosi l’uno dell’altro, capaci di svelare l’uno all’altro. L’approfondimento che siamo invitati a compiere è un pendolare continuo tra ciò che non può essere contrapposto: tra noi e il contesto, tra il pensiero dell’uomo e la Parola di Dio, tra la denuncia di ciò che non va e il grande respiro della fiducia che nasce dalla fede, tra il sapere tecnico e documentato e l’intuizione del bene che deriva dalla capacità di contemplare e gioire, tra le parole del Magistero più recenti e quelle che la Chiesa pronuncia da molti anni, nelle sue numerose conferenze episcopali sparse per il mondo. È suggestivo che il Papa ci richiami il respiro della Chiesa universale valorizzando le parole sapienti di tanti Vescovi in tante terre diverse, che hanno raccolto il desiderio di vita della loro gente, che ne hanno interpretato le tristezze e le speranze.

Una coscienza interrogante chiamata a prendere posizione

Uno sguardo così approfondito tocca il nucleo profondo della coscienza di ognuno di noi e fa risuonare forte le domande incandescenti del vivere: «A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi? Occorre rendersi conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi» (160).

Il Papa ci libera completamente dal rischio di ritenere che molte questioni legate all’ambiente siano materia per pochi, la passione insistente e originale di alcuni, l’argomento accessorio che si affronta dopo averne messo a tema altre ben più importanti. Ricolloca piuttosto nella nostra quotidianità la necessità di comprendere e vivere una ecologia integrale che nulla esclude di ciò che il Signore Dio ha creato per il bene di ciascuno dei suoi figli.

Sono valorizzati i piccoli gesti che tutti possiamo compiere per la cura, la sobrietà, il rispetto, la tutela della “casa” terra. Sono richiamate grandi questioni antropologiche che chiedono agli uomini e alle donne credenti di prendere posizione, in nome del Vangelo, per i più poveri, per gli indifesi, per il diritto alla casa e al lavoro, per il superamento delle ingiustizie sociali, per il riconoscimento del corpo, il nostro e quello dell’altro. «Ogni approccio ecologico deve integrare una prospettiva sociale che tenga conto dei diritti fondamentali dei più svantaggiati» (93).

Due disvalori: l’antropocentrismo e la tecnocrazia

Una coscienza interrogata deve predisporsi al cambiamento perché «ciò che sta accadendo ci pone di fronte alla urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale» (114). Uno dei cambiamenti di sguardo più decisi che ci viene indicato consiste nel superare la visione dell’uomo come dominatore della terra. Riferendosi a pagine dell’Antico Testamento ci ricorda che la Chiesa non può dare adito a un antropocentrismo dispotico, riconoscendo che «un mondo fragile, con un essere umano al quale Dio ne affida la cura, interpella la nostra intelligenza per riconoscere come dovremmo orientare, coltivare e limitare il nostro potere» (78). Tuttavia all’uomo e alla donna non viene sottratto il compito speciale della responsabilità: «Questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità» (90).

Un altro importante cambiamento di sguardo è relativo alla visione che oggi possiamo avere della tecnologia. La riconosciamo come buona e rivoluzionaria in tutti i campi, e davvero senza la tecnologia molti salti di qualità del nostro vivere non sarebbero stati possibili. Non c’è condanna della tecnologia nelle parole del Pontefice. Tuttavia «la tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri» (20). Ciò che riceve condanna è la tecnocrazia, il potere che rischiamo di dare ai mezzi a scapito dei significati e del valore di persone e beni della terra.

Chiamati ad agire per trasformare, come singoli e insieme

C’è un invito chiaro a modificare dei comportamenti e ad agire con decisione. Tale invito attraversa tutta la lettera e nell’ultima sua parte richiama azioni precise che riguardano la capacità di pensare e agire politicamente, tutti insieme, di essere solidali, e anche di non indebolire il grande impegno individuale di plasmare la coscienza. C’è una delicatezza esemplare nel rivolgersi a tutte le persone, di ogni fede e di ogni orizzonte valoriale. Ci pare un nuovo sprone a condurre la vita del laico credente con una disponibilità ad attraversare il dubbio, aperti alle grandi sfide, non schiacciati dalle fatiche e dalla paura per il futuro, particolarmente concentrati sui gesti e sulle relazioni di ogni giorno che tanto possono fare per sconfiggere le guerre, per fermare la distruzione della terra, per condurre verso il bene il pianeta e la storia degli uomini.