Sirio 26-29 marzo 2024
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Verso l’Assemblea

Ac, ritratti di soci

Riportiamo qui di seguito alcuni profili di associati presenti nelle diverse Zone pastorali della diocesi

8 Settembre 2020

Zona di Varese

Paolo e Maria Zambon. Paolo e Maria Zambon sono una coppia di sposi dell’Azione cattolica ambrosiana. Abitano a Gallarate e sono sposati da 33 anni, hanno tre figlie e una nipotina. Paolo, ora in pensione, è stato un impiegato tecnico; Maria insegna matematica e fisica in una scuola superiore. Sono tra i pochi laici a ricoprire un ruolo di responsabilità nella Curia di Milano. Per nomina dell’arcivescovo Mario Delpini, sono infatti responsabili del Servizio Famiglia della diocesi di Milano, insieme a don Massimiliano Sabbadini.

Maria è da sempre impegnata come catechista di Iniziazione cristiana. Paolo è membro del Consiglio pastorale parrocchiale. Come coppia hanno tenuto corsi parrocchiali alle coppie che si devono sposare e sono stati referenti decanali (e poi zonali) della zona di Varese per la Pastorale famigliare. Da giovani Paolo e Maria sono stati molto impegnati nel sociale, come volontari per la cura dei disabili. Negli ultimi anni si sono occupati anche di pastorale battesimale.

«L’Azione Cattolica Ambrosiana ci ha dato una formazione, che ci ha permesso di vivere in tutti gli ambiti del nostro quotidiano quello stile di prossimità e gratuità nelle relazioni, richiamato nel Vangelo. La prossimità e la gratuità vissute in famiglia sono elementi di speranza per i genitori e per i figli, anche per le famiglie in difficoltà. È possibile vivere la gioia della fede in famiglia».

Zona di Lecco

Marco Magni. Marco Magni, 59 anni, sposato e padre di tre figli, vive a Valmadrera, in provincia di Lecco ed è insegnante nella scuola secondaria di primo grado del paese.

Da presidente dell’Azione cattolica parrocchiale è stato tra i principali animatori del progetto “Sentieri digitali” che dal 2016 coinvolge i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, in un percorso di formazione finalizzato alla realizzazione di segnaletica turistica multimediale. «Il tutto ha preso le mosse da un’analisi dei problemi del territorio e in particolare delle nuove generazioni e dal desiderio di dare risposte innovative», spiega Magni. Così sono stati organizzati laboratori che hanno portato a disporre lungo tre sentieri delle montagne di Valmadrera percorsi guidati con segnaletica fisica e informazioni scaricabili sul telefonino. «I ragazzi hanno imparato a lavorare insieme, a comunicare e a progettare a realizzare strumenti multimediali, competenze che hanno reso più facile per loro affacciarsi poi al mondo del lavoro», assicura Magni.

“Sentieri digitali” è stato reso possibile grazie alla collaborazione con la Comunità di via Gaggio, una realtà educativa cattolica molto nota nel lecchese, altre associazioni, gli enti locali e la parrocchia, nel contesto più generale dell’iniziativa Living land del Consorzio consolida. “Sentieri digitali” prosegue ancora oggi ed è in corso di completamento il quarto itinerario incentrato sui luoghi di interesse turistico del Comune di Malgrate.

«La promozione dei giovani e l’impegno per il territorio sono valori che ho imparato in Azione cattolica fin da giovane, in particolare come educatore e responsabile dell’Azione cattolica dei ragazzi», dice Magni.

Giuseppe e Lucia Agostoni. Nel mondo ecclesiale di Lecco sono un’istituzione. I coniugi Giuseppe e Lucia Agostoni, 87 anni lui, 81 lei, per decenni hanno animato i corsi per i fidanzati che si preparavano al matrimonio e sono stati protagonisti della pastorale familiare in città. Centinaia di coppie si sono accostate al matrimonio cristiano grazie a loro. Di famiglia, del resto, loro se ne intendono, visti i 54 anni di matrimonio, le tre figlie e i 13 nipoti.

Lui originario di Cortabio, in Valsassina, lei della parrocchia di San Nicolò a Lecco (dove poi la coppia è sempre vissuta dopo il matrimonio), entrambi fin da ragazzi sono stati impegnati nell’Azione cattolica. «Possiamo dire di essere iscritti da 70 anni», dice Giuseppe sorridendo. «E all’Azione cattolica dobbiamo davvero tanto di ciò che siamo, formati al famoso motto dell’associazione di un tempo: “Preghiera, azione e sacrificio”», aggiunge Lucia.

Oggi i coniugi Agostoni si occupano quasi a tempo pieno dei nipoti, che hanno dagli 8 ai 21 anni e che, a turno, non mancano mai nella loro casa di Lecco e in quella di villeggiatura in Valsassina. Giuseppe, ex professore di Matematica e fisica,  ha alle spalle 48 anni di insegnamento, prima nelle scuole superiori e poi anche alla sede lecchese del Politecnico. «Senza mai una tessera di partito», tiene a precisare, tra gli anni Settanta e Ottanta ha fatto parte delle amministrazioni comunali, dove è stato assessore all’Istruzione. Più di recente ha insegnato nel doposcuola parrocchiale e stato volontario alla Mensa dei poveri.

Ma la testimonianza dei coniugi Agostoni non è legata solo ai servizi svolti, bensì al loro stile di vita: «Ci hanno sempre mostrato come si incarna la fede nelle scelte quotidiane», dice Emanuele Fumagalli, il presidente dell’Azione cattolica della parrocchia di San Nicolò. «Nei momenti belli e nelle difficoltà», sorride Lucia, «abbiamo solo cercato di rendere presente il dono del Signore alle persone che accostiamo».

Zona di Rho.

Anna Maria Gornati. A Legnano è conosciuta e stimata per la generosa dedizione alle giovani generazioni e alle persone fragili. Insegnante, educatrice e madre di famiglia, socia dell’Azione cattolica, Anna Maria Gornati, 90 anni, è stata tra i fondatori della Cooperativa sociale La Mano. Dopo un periodo di insegnamento in una scuola elementare privata, divenne dirigente del Laboratorio Scuola Città di Legnano, un centro di formazione professionale per giovani in difficoltà. «Sostenuta dall’Amministrazione comunale – ricorda -, riuscita a ottenere corsi professionali riconosciuti dalla Regione Lombardia».

Nel contempo riuscì a organizzare gite scolastiche davvero originali: in Sicilia con l’aereo del presidente Pertini, in Sardegna con un aereo del 46° stormo di Pisa. «Insoliti erano quei passeggeri –sorride – erano ragazzi fragili, con tanti problemi, che non si erano mai mossi da casa». Intanto, erano i primi anni Ottanta, le attività crescevano, gli inserimenti lavorativi venivano effettuati, ma a un certo punto diventarono sempre più difficili. «Così con un gruppo di insegnanti e membri dell’amministrazione comunale, decidemmo di costituire una Cooperativa di solidarietà sociale nella quale trovassero impiego coloro che non avevano più possibilità di essere assunti da ditte del territorio.

La Cooperativa La Mano esiste dal 15 febbraio 1985, ha attraversato periodi di grande lavoro, alternati ad altri di stasi. Io sono stata presidente dal 1985 fino al 2017 e con grande dispiacere ho dovuto lasciare “i miei ragazzi” all’età di 87 anni per motivi di salute».

Marco Franzetti. Quando il 21 febbraio in Lombardia sono stati segnalati i primi casi di Covid-19, ha subito capito che ben presto la tempesta si sarebbe scatenata. Marco Franzetti, 40 anni, è medico infettivologo. Si è specializzato all’Ospedale Sacco di Milano e da tre anni lavora nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Manzoni di Lecco. Franzetti per settimane è stato un medico in prima linea: «Abbiamo avuto a che fare con una malattia sconosciuta, senza avere a disposizione protocolli e terapie consolidate: è stato difficile – ammette -, ma è stato anche stimolante e lavorare in equipe e provare a sperimentare soluzioni e vedere i progressi dei pazienti. Tutto l’ospedale si è mobilitato, i colleghi si sono spesi con generosità. Abbiamo preso in carico 1.700 ammalati di Covid. Ora siamo in allerta per i mesi che ci attendono».

Tra marzo e aprile, ogni volta che rientrava dal lavoro, Marco si è dovuto isolare nella sua casa di Garbagnate Milanese, dove risiede. La moglie Valeria e i loro tre figli, che hanno tra i 3 e gli 8 anni, si erano trasferiti per precauzione dai nonni. «Sentivo il loro sostegno a distanza e ho trovato forza nella preghiera».

Per il dottor Franzetti la professione medica è anche una vocazione maturata negli anni giovanili, quando è stato vicepresidente diocesano dell’Azione cattolica. «Ha contato la formazione ricevuta e l’incontro con tante persone dell’Ac che sono state significative per la mia crescita», dice. E cita, tra gli altri, don Franco Carnevali, allora assistente unitario dell’Azione cattolica, morto proprio per il Covid lo scorso marzo. La testimonianza da cristiano nella professione, secondo Franzetti, passa anche il saper andare controcorrente, «è la “differenza cristiana” di cui parla il fondatore di Bose, Enzo Bianchi. Non si può fare una cosa perché si è sempre fatto così». Ma da professionista che opera in un ambiente laico, testimonianza è anche «la capacità di dialogare, senza pregiudizi, riconoscendo sempre il valore dell’altro».

Zona di Monza

Massimiliano Mariani. Ci sarà anche lui tra i 2.000 giovani provenienti da tutto il mondo invitati dal Vaticano al summit sull’economia voluto da papa Francesco e in programma dal 19 al 21 novembre. Massimiliano Mariani, 23 anni, residente a Lentate sul Seveso (Monza e Brianza), è studente all’ultimo anno della laurea specialistica in Economia all’Università Bocconi di Milano e responsabile diocesano dell’Azione cattolica studenti.

Saputo che papa Bergoglio voleva radunare giovani imprenditori, economisti e sindacalisti cattolici da tutto il pianeta per ragionare di lotta alla povertà, modelli produttivi alternativi, sistemi economici più inclusivi e delle potenzialità della green economy, Massimiliano ha inviato la sua candidatura alla Santa Sede. E, «con sorpresa», è stato selezionato tra gli invitati.  L’evento, dal titolo The economy of Francesco, avrebbe dovuto svolgersi ad Assisi la scorsa primavera ma, a causa della pandemia, è stato rimandato a novembre e si terrà in forma telematica. «Abbiamo già iniziato a lavorare dalle scorse settimane con delle conferenze preparatorie – spiega Mariani -. Sono particolarmente interessato agli aspetti di politica economica che riguardano l’istruzione e la sanità, temi oggi particolarmente scottanti».

Massimiliano sogna di mettere a futuro le sue competenze professionali «al servizio del bene comune e della democrazia», valori che «ho maturato grazie all’Azione cattolica, insieme con quelli dell’impegno e della responsabilità. Perché questo», afferma, «è il contributo che da cristiani possiamo portare nel mondo».

Valentina Soncini. Profondamente convinta dell’importanza di essere laica nel mondo, nel vissuto sociale, civile, ecclesiale, Valentina Soncini, 56 anni, dopo aver vinto il concorso nazionale per dirigenti scolastici, ha iniziato il suo servizio da preside nell’anno più difficile per il mondo della scuola, quello del lockdown a causa della pandemia da Covid-19. Dallo scorso anno scolastico è infatti alla guida dell’Istituto professionale e Itis “Enzo Anselmo Ferrari” di Monza.

«Il lockdown ha messo in luce quanto la scuola come ambiente di vita non sia solo una cornice del processo di apprendimento, ma anche, per studenti e docenti, una sua condizione di possibilità – dice Soncini -. Uscire di casa per andare a scuola, passeggiare in compagnia nei corridoi all’intervallo, fare vita di classe, per ore e per anni, comunicare con gesti e sguardi tra studenti e tra studenti e professori, aspettare sulla porta il docente che non arriva mai, esultare per un’ora buca, gioire per la riuscita inaspettata in una prova propria o di altri… Questi e altri sono aspetti normali dell’esperienza scolastica, quasi non ci si bada, ma il lockdown ha interrotto tutto ciò. Per questo tornare a scuola è vitale per la natura stessa della scuola». Ed è proprio ciò per cui ha lavorato alacremente la neo-dirigente nelle scorse settimane.

Laureata in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1988 e poi licenziata in Teologia fondamentale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Valentina Soncini ha insegnato storia e filosofia all’Istituto Alessandro Greppi di Monticello Brianza, in provincia di Lecco, e dal 2001 insegna Teologia al seminario del Pontificio istituto missioni estere (Pime) di Monza. È stata presidente diocesano dell’Azione cattolica ambrosiana dal 2008 al 2014.

Angelo Saccomano.  Nelle settimane più drammatiche dell’emergenza Covid-19 ha terminato il suo mandato quadriennale da Vicepresidente del Comitato regionale lombardo della Croce Rossa. «Sono stati giorni di difficoltà e paura, non lo si può negare, ma ho assistito anche a una straordinaria risposta di resilienza e generosità da parte dei volontari». Angelo Saccomano, 50 anni, residente a Milano con la moglie Chiara, ha iniziato il suo servizio da volontario nella Croce Rossa quasi 30 anni fa, è arrivato ai vertici regionali dell’organizzazione e ora è tornato a fare il soccorritore “semplice” con i turni in ambulanza nel Comitato di Brugherio, in Brianza, dove in passato era stato commissario e presidente.

«Nelle settimane di maggiore diffusione del virus praticamente tutti gli interventi riguardavano pazienti Covid: erano soccorsi complessi che richiedevano tempo e attenzione nell’indossare tutte le protezioni e poi era molto duro vedere i parenti che salutavano i malati e sapere che forse non si sarebbero rivisti. Sono stati però anche giorni in cui ci ha sostenuto la grande generosità delle persone: sono arrivate davvero tante donazioni».

«Sono convinto – prosegue Saccomano – che il compito di chi arriva ai vertici delle organizzazioni di volontariato sia mettere tutti nelle condizioni di fare bene, di esprimere al meglio le proprie competenze. Purtroppo non sempre ciò avviene». Nei giorni del Covid la Croce Rossa, sotto pressione, «ha saputo dare il meglio di sé. Sia nell’attività delle ambulanze che con la grande creatività dei comitati che si sono inventati servizi prima inimmaginabili ma importantissimi per la dignità delle persone come la consegna della biancheria intima ai pazienti in ospedale che i parenti non potevano portare personalmente o l’aiuto a collegarsi in video per un saluto ai congiunti».

«Nel mio impegno in Croce Rossa – conclude Angelo – sono sempre stato guidato dai principi imparati quando ero giovane in Azione cattolica: lo spirito di servizio, il guardare agli altri con “simpatia”, il non aver paura di discutere, anche aspramente, per giungere poi a soluzioni condivise». Da cristiano, Saccomano tiene a sottolineare il bello dell’esperienza di servizio in un’organizzazione laica: «Sono nate amicizie con persone di estrazione diversa dalla mia per formazione, professione, credo religioso. Normalmente si tende a frequentarsi solo tra “simili” mentre lavorare insieme tra diversi, condividendo un fine comune, è molto arricchente».

Zona di Melegnano

Ivan Nissoli. Il mondo del volontariato è stata una delle “medicine” che ha aiutato il nostro Paese ad affrontare la pandemia. Ma la straordinaria risorsa delle migliaia di persone che in Italia si mettono a servizio gratuitamente non è inesauribile o eterna. Occorre cura e promozione perché il valore del volontariato si trasmetta alle nuove generazioni e le forme organizzative stiano al passo con i tempi. È di questo che si occupa quotidianamente Ivan Nissoli, 51 anni, presidente del Centro servizi per il volontariato (Csv) di Milano, l’organizzazione che si occupa di sostenere e promuovere il terzo settore e l’associazionismo nel territorio della Città metropolitana.

Dipendente della Caritas ambrosiana dove si è sempre occupato di servizio civile e volontariato giovanile, Nissoli è in carica alla guida del Csv dal 2014. Residente a Treviglio (Bergamo), sposato e padre di due figli, si è formato nell’Azione cattolica dove tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio è stato responsabile degli adolescenti e poi segretario diocesano e responsabile nazionale dei Giovanissimi. «È nel servizio in Azione cattolica che sono stato educato alla cura dell’insieme: uno sguardo oltre la propria parrocchia, aperto alla collaborazione con le altre realtà del territorio, mai settoriale o autoreferenziale». Esattamente ciò di cui si occupa ora in una realtà laica quale il Csv: «Il mondo del volontariato è un grande patrimonio ed è caratterizzato da forte legame con il territorio in cui è inserito», spiega. «Ma con il limite di essere molto polverizzato e settoriale, quindi fragile di fronte alle difficoltà, come quella della pandemia che stiamo affrontando che è arrivata nel momento in cui avevamo già a che fare con la riforma del terzo settore. La sfida, quindi, è quella di fare rete, offrire servizi, formazione, strategie per il ricambio generazionale e nuove forme di presenza».

«Dall’Ac – aggiunge Nissoli – ho acquisito il senso di responsabilità sul mondo in cui viviamo, l’attenzione alle necessità delle persone più fragili, la propensione a dialogare con tutti e il valore della laicità».

Zona di Sesto

Gianmario Ubbiali.  «La fede mi dice “Ama il prossimo tuo come te stesso” e credo che un cristiano si debba riconoscere per quello che fa, non per ciò che dice…». Bastano poche parole a Gianmario Ubbiali, 65 anni, padre di due figli, per spiegare perché 10 anni fa ha fondato un circolo di Legambiente a Cormano, la città dell’hinterland milanese dove risiede.

Cresciuto in parrocchia fin da ragazzo, socio dell’Azione cattolica, «da quando sono uscito dall’azienda ho deciso di riaffacciarmi alla vita della mia città restituendo con il volontariato e competenze le soddisfazioni che ho avuto nella mia carriera lavorativa».

Secondo Ubbiali la scelta dell’impegno ambientale e per la giustizia non è affatto qualcosa di eccentrico per un credente. «Lo insegna l’enciclica di papa Francesco Laudato si’, che purtroppo sento citare molto raramente nelle parrocchie». È Bergoglio stesso a chiarire che «tutto è connesso» e la difesa del Creato e quella dei diritti dei poveri non possono essere slegate. Lo sfruttamento incondizionato della terra, inquinamento, stili di vita consumistici e sprechi danneggiano prima di tutte le persone più fragili.

Ecco così che Legambiente di Cormano, si occupa di sensibilizzazione sui problemi del traffico, formazione nelle scuole, gestione di un parco cittadino, ma anche di recupero del cibo fresco in scadenza dal supermercato Coop e la distribuzione ai poveri. «Un impegno trasversale che unisce tante persone di provenienza molto diversa, e tra questi, anche alcuni fedeli delle parrocchie. Ma il punto d’incontro che ci unisce è l’essere “umani” e solidali, non interessa segnare appartenenze».

Lo scorso anno, racconta Gianmario, sono stati recuperati e distribuiti alimenti per un valore di 150 mila euro. E nel 2020 la cifra sarà certamente in crescita: «Dalle 180 persone che assistevamo siamo passati a 300 per effetto della povertà causata dal Covid che ha colpito duro».