Sirio 26-29 marzo 2024
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5 maggio

Anno Colombiano,
il Cardinale a Caronno Pertusella

L’Arcivescovo celebrerà una Santa Messa nel paese natale del cardinale Giovanni Colombo, di cui si ricordano i 110 anni dalla nascita, i 20 dalla morte e i 50 dalla nomina ad Arcivescovo di Milano. Il parroco monsignor Bernasconi: «Il nostro territorio è stato colpito dalla crisi, ma c’è molta solidarietà»

di Cristina CONTI

2 Maggio 2013
il card. giovanni colombo in carrozza

Domenica 5 maggio, in mattinata, l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, sarà a Caronno Pertusella, paese natale del cardinale Giovanni Colombo, di cui quest’anno si ricordano i 110 anni dalla nascita, i 20 dalla morte e i 50 dalla nomina ad Arcivescovo di Milano.

Alle 10.15 il cardinale Scola benedirà le nuove vetrate della chiesa di Sant’Alessandro nel 50° di consacrazione. Successivamente, alle 10.40, presiederà la celebrazione eucaristica nella chiesa di Santa Margherita, dove il cardinale Colombo venne battezzato l’8 dicembre 1902. Al termine saluterà e incontrerà i sacerdoti del Decanato.

Ma quali sono i problemi di questo territorio? E chi sono le persone che lo abitano? L’abbiamo chiesto al parroco, monsignor Francantonio Bernasconi, già segretario particolare del cardinale Colombo.

Com’è cambiata Caronno Pertusella negli ultimi anni?
Fino a 50-60 anni fa era una zona rurale. Sono arrivate poi le prime industrie, la Riva acciai, proprietaria dell’Ilva di Taranto, e moltissime altre aziende e piccole officine. Negli anni più recenti sono nate anche diverse imprese locali e oggi è un’area molto industrializzata. Con la crisi economica, soprattutto le realtà con pochi dipendenti e più radicate sul territorio, sono state costrette a chiudere. Il caso più famoso è stato quello della Ims, l’ex-Emi Records, nota azienda musicale, che ha cessato la sua attività lo scorso anno, lasciando a casa più di cento lavoratori. Gli abitanti oggi sono circa 17 mila e sono divisi tra le due parrocchie, quella di Caronno e quella di Pertusella.

Da voi la crisi e la disoccupazione si sentono molto?
Certo, ci sono tante persone che hanno perso il lavoro. Per questo negli ultimi anni nelle parrocchie, anche con l’aiuto del Comune, sono state organizzate tante iniziative di solidarietà. Non mancano poi i casi singoli: ogni giorno si presentano in parrocchia persone che hanno problemi a pagare le bollette di luce, gas e telefono o che hanno bisogno di qualcosa da mangiare. Per stimolare la riflessione sul fenomeno della disoccupazione tanto diffuso tra le famiglie, l’anno scorso, in occasione di Family 2012, abbiamo organizzato un open day dedicato al rapporto tra industria e famiglia, per esporre le nostre preoccupazione sotto il profilo pastorale e discutere su come è possibile parlare di Vangelo in questo contesto.

Chi sono invece gli abitanti del vostro territorio?
Da noi abitano molte coppie giovani e famiglie. Da sempre, infatti, qui c’è stata molta immigrazione. Prima a spostarsi erano solo gli italiani: all’inizio in prevalenza veneti e meridionali. Da qualche anno però anche chi abita in paesi vicini, come Bollate, Baranzate, Garbagnate e Novate, ha iniziato a trasferirsi nel nostro Comune perché i prezzi sono più contenuti: siamo più lontani da Milano, le case costano meno, ma c’è una buona rete di mezzi che permette di raggiungere la città. Questo ha comportato l’immissione di gente nuova, che però rimane spesso legata da vincoli di amicizia e parentela con i comuni limitrofi: spesso continuano a frequentare le parrocchie di origine, perciò in chiesa alla domenica e nelle attività comunitarie non si vedono quasi per niente.

E gli stranieri?
Ce ne sono parecchi, provenienti soprattutto dal Sudamerica, dall’Africa e dalla Romania. Ci sono poi due o tre famiglie polacche e altrettante ungheresi. Diverse badanti poi hanno deciso di trasferirsi stabilmente qui. Alcuni immigrati stranieri sono molto ben integrati nella comunità parrocchiale, partecipano alle funzioni e i loro figli hanno ricevuto nella nostra parrocchia i sacramenti. Ma non si sono formati veri e propri gruppi rappresentativi delle diverse nazionalità e questo è un peccato, perché in gruppo potrebbero dare un contributo ancora maggiore alle attività parrocchiali e questo permetterebbe una migliore conoscenza reciproca.