Sirio 26-29 marzo 2024
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Vaticano

Benedetto XVI:
«Il cristiano non deve essere tiepido»

Aperti i lavori del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Nella prima sessione il Papa è intervenuto con un discorso a braccio: «La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore»

8 Ottobre 2012

«Il cristiano non deve essere tiepido», perché «la tiepidezza discredita il cristianesimo». Al contrario, «la fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere; diventa grande passione del mio essere e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione». Sono le parole pronunciate dal Papa, che è intervenuto oggi a braccio, con una meditazione durante l’ora media, nella prima sessione di lavori del Sinodo dei vescovi.

«L’Apocalisse – ha spiegato Benedetto XVI – ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: no, che dica no; ma che dica un sì molto tiepido». In una prospettiva cristiana, ha aggiunto, «la verità diventa in me carità e la carità accende come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere dell’altro per la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta». «La cultura umana – ha fatto notare il Santo Padre – comincia nel momento nel quale l’uomo ha il potere di creare fuoco: con il fuoco posso distruggere, ma con il fuoco posso trasformare, rinnovare. Il fuoco di Dio è fuoco trasformante, fuoco di passione – certamente – che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo, che diventa luce in Dio». Di qui l’auspicio che la confessio della fede «sia in noi fondata profondamente e che diventi fuoco che accende gli altri: così il fuoco della sua presenza, la novità del suo essere con noi, diventa realmente visibile e forza del presente e del futuro».

Nella prima parte del suo discorso il Papa si è soffermato sul significato della parola evangelium: «Vangelo vuol dire che Dio ha rotto il suo silenzio, Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia. Come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza?», si è chiesto il Papa. «Noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il fare nostro, ma col fare e il parlare di Dio. La prima parola, l’iniziativa vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina possiamo anche noi divenire evangelizzatori». Dio solo, dunque, «può creare la Chiesa”, e «quando noi facciamo nuova evangelizzazione è sempre cooperazione con Dio», ha spiegato Benedetto XVI, ricordando che per i cristiani «la confessio non è una parola; è più che il dolore, è più che la morte. Chi fa questa confessio dimostra così che realmente quanto confessa è più che viva, è la vita stessa, è il tesoro, è la perla preziosa e infinita».