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17 novembre

Come il post-moderno interroga la Vita consacrata

Alla Facoltà teologica, con gli interventi di padre René Manenti e Monica Martinelli, prosegue il corso di formazione promosso dai Vicariati in collaborazione con Centro Studi di Spiritualità, Cism, Usmi e Ciis. Un’iniziativa ideata in relazione al Sinodo minore e indirizzata all'inserimento nella pastorale diocesana di consacrati/e provenienti da altre culture

8 Novembre 2018

di monsignor Paolo MARTINELLI e monsignor Luigi STUCCHI
Vescovi ausiliari e Vicari episcopali per la Vita consacrata

Le comunità di vita consacrata presenti nella Diocesi ambrosiana sono state definite «laboratorio di comunione» nel documento finale del Sinodo minore sulla “Chiesa dalle genti”. È una definizione suggestiva, che si riferisce innanzitutto alla presenza crescente tra noi di comunità interculturali, composte da persone consacrate che, provenienti da culture diverse, condividono lo stesso carisma, ma anche a comunità formate totalmente da membri di altre nazioni. A proposito di tale realtà, il documento sinodale auspica che queste persone da una parte «sperimentino quella giusta accoglienza che ne valorizzi le ricchezze personali», dall’altra «ricevano un’adeguata formazione alla specificità del contesto pastorale diocesano».

Per questo nella prospettiva sinodale, presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, è iniziato un corso sull’inserimento della vita consacrata nella Chiesa particolare, pensato particolarmente per i consacrati e le consacrate che provengono da altri Paesi. Sabato 27 ottobre si è svolto il primo incontro, dedicato alla comprensione del fenomeno della secolarizzazione che caratterizza ampiamente la nostra società, spesso tanto diversa da quella da cui provengono molte religiose e religiosi. In un appassionato intervento il professor Francesco Botturi ha raccomandato di non fermarsi ai segni esteriori della secolarizzazione (calo di vocazioni, battesimi e matrimoni, frequenza alla Messa, ecc), ma di cogliere le cause e le implicazioni di questo fenomeno plurisecolare. Soprattutto è necessario contrastare la riduzione del cristianesimo a fatto privato, estraneo alla vita pubblica, promuovendo invece la capacità della fede di proporre vita buona per tutti in un confronto continuo con le altre visioni del mondo presenti.

Sabato 17 novembre avrà luogo il secondo incontro dedicato al “postmoderno”. Si cercherà di comprendere il senso di alcuni fenomeni chiave, come la globalizzazione e la diffusione dei nuovi sistemi di comunicazione (Internet e i social). Realtà che ci permettono di essere sempre “in contatto”, anche se spesso in forma anonima e virtuale. Inoltre, sono venute meno le grandi narrazioni condivise sul senso della vita e al loro posto sembra imporsi il paradigma della tecnoscienza, con l’idea di poter manipolare radicalmente la realtà, compresa quella antropologica. La società postmoderna, infine, appare in continuo movimento: pensiamo al fenomeno delle migrazioni dalle proporzioni inedite. Anche la società milanese appare sempre più mista, plurale e liquida. In ciò si inserisce anche il ritorno del sacro e della spiritualità, non privo di ambiguità. Il postmoderno interroga anche la vita e l’azione pastorale della Vita consacrata; per operare pastoralmente nella nostra Chiesa deve essere consapevole di queste caratteristiche del nostro tempo.

Di tutto ciò si discuterà sabato 17 novembre, sempre alla Facoltà teologica, dalle 9.30 alle 12.30, insieme a padre René Manenti, docente alla Pontificia Università Urbaniana e parroco a Santa Maria del Carmine, e alla professoressa Monica Martinelli, docente di sociologia dell’Università Cattolica.

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