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Intervista

«Così la Chiesa si esprime
sulla nullità dei matrimoni»

Monsignor Paolo Bianchi, Vicario giudiziale, illustra l’attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, i numeri delle cause esaminate nel 2013 e le motivazioni che invalidano il vincolo contratto: «L’esperienza mostra che le convivenze pre-matrimoniali non aiutano la stabilità dell’unione»

di Annamaria BRACCINI

23 Febbraio 2014

Di questi tempi sapere che un Tribunale funziona, assolvendo il suo compito giudicante con celerità e attenzione, è già una bella notizia. Se poi si guarda ai numeri a tre cifre delle cause discusse e terminate nel 2013, si comprende l’importanza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo.

Presentata al cardinale Scola e ai vescovi della Conferenza Episcopale Lombarda, l’attività del Tribunale per l’anno scorso è stata illustrata da monsignor Paolo Bianchi, Vicario giudiziale dal 2000, che spiega: «L’anno scorso le cause di Prima istanza introdotte presso il nostro Tribunale sono state 161, quelle di Seconda istanza 201 (provenienti dai Tribunali Piemontese e del Triveneto): 162 sono state le cause terminate per la Prima istanza e 227 per la Seconda. Ci pare un bilancio positivo, in termini di impegno a favore della giustizia e dei fedeli».

Qual è la tipologia di queste cause?
In Italia i Tribunali Ecclesiastici Regionali sono competenti esclusivamente per la materia matrimoniale, anche se vi possono essere eccezioni che riguardano, per esempio, casi di natura penale contro sacerdoti. Ad ogni modo, le cifre presentate alla Cel riguardano solo le cause matrimoniali. In questo ambito, il Tribunale si esprime sulla validità del matrimonio dichiarando, eventualmente, la conseguita prova della sua nullità. Delle 162 cause terminate in Prima istanza nel 2013, 113 si sono concluse in modo affermativo, cioè dichiaranti la nullità; in 44 si è riaffermata la validità del matrimonio, 3 sono state le cause rinunciate. In seconda istanza, abbiamo avuto 154 decreti di conferma delle sentenze di primo grado.

Cosa indica l’espressione «nullità del matrimonio»?
Significa che, nel contrarre il vincolo, mancavano i presupposti per un matrimonio valido, così come concepito dall’Ordinamento canonico. Normativa che, proprio per una massima tutela, prevede che non sia sufficiente una sola sentenza per rendere esecutiva la dichiarazione di nullità, ma che occorrano due sentenze conformi. Ossia che due Tribunali abbiano giudicato nello stesso modo.

Un primo e un secondo grado, come si dice normalmente?
Sì. Se poi le due sentenze fossero difformi, si giunge al terzo grado di giudizio presso la Rota Romana, alla quale si può ricorrere anche a livello di secondo grado. Solo rarissimamente e per ragioni speciali la Rota interviene al primo grado.

E le ragioni per cui si giunge alla dichiarazione di nullità?
Ormai i motivi riguardano esclusivamente difetti o vizi del consenso: statisticamente, soprattutto l’incapacità psichica, l’esclusione dell’indissolubilità – ossia del «per sempre” del matrimonio, così come inteso in senso cristiano – e della procreazione della prole. Ambiti che riflettono, peraltro, la situazione del nostro mondo occidentale: basti pensare alla fragilità e immaturità affettiva diffusa, alla diminuzione delle nascite (quello che l’Arcivescovo definisce «gelo demografico»), al timore di un impegno irrevocabile che duri tutta la vita.

Al Tribunale Ecclesiastico possono accedere anche coppie con figli?
Certo. Poniamo il caso che sia riconosciuta, appunto, l’incapacità psichica di uno dei due coniugi: la presenza di figli non altera il giudizio sulla condizione psichica della persona in oggetto.

Spesso si dice che la convivenza serve a conoscersi e può migliorare le successive sorti matrimoniali. È così?
Posso dire che, in non pochi casi, alle spalle di matrimoni di cui si richiede la nullità vi sono state lunghe convivenze. Questo sembra smentire il luogo comune che la convivenza sia uno dei modi migliori per prepararsi al matrimonio che, per responsabilità, è cosa assai diversa.

Cosa l’ha colpita di più, come Vicario giudiziale?
Sicuramente è interessante notare che siano in calo le cause che arrivano complessivamente al nostro Tribunale: da 591 nel 2006 (è il dato massimo) alle 362 del 2013, anche se non è un dato assolutamente positivo, come può sembrare, e nemmeno di univoca interpretazione, perché la diminuzione può dipendere dalla minore quantità di matrimoni celebrati, dalla crisi economica, da uno scarso interesse per il chiarimento della propria posizione.