Il dibattito sull’incontro con le altre culture non si esaurisce nella dialettica pro o contro l’accoglienza. Il convegno organizzato sabato 25 febbraio all’Auditorium San Fedele da Caritas ambrosiana, Pastorale dei migranti e Pastorale missionaria vuole volare più in alto, proponendo un momento di riflessione a 360 gradi. Più che dalle sfide pratiche dell’accoglienza, il confronto partirà infatti dall’esigenza altrettanto urgente di mantenere vivo l’interesse alla conoscenza reciproca tra persone e culture.
«Quest’anno, a partire anche dal continuo richiamo del Papa alla cultura dell’incontro, ci sembrava opportuno offrire sia alle parrocchie che stanno sperimentando l’accoglienza diffusa, sia a chi vive il mondo della cooperazione, spunti che possano aiutare a dirigerci verso una possibilità di convivenza tra culture diverse», spiega Maurizio Maffi, responsabile di Caritas per le attività in Africa.
Storie di accoglienza, di integrazione, ma anche di missione: «Cercheremo – continua Maffi – di tenere insieme le esperienze di incontro che viviamo nel sud del mondo con quelle che avvengono da noi in Italia. I primi volontari Caritas arrivati nella diocesi di Kindu (Congo) nel 2007, quando il Paese era appena uscito da una guerra civile, si sono sentiti quasi fuori luogo, e la gente del posto faticava a capire i motivi della loro presenza. Mentre chi è arrivato cinque anni dopo ha trovato una situazione di accoglienza molto più evidente: pensiamo sia utile portare queste esperienze a chi ora vive l’incontro con altre culture nelle proprie comunità».
Tra chi nel convegno di sabato proporrà la propria esperienza di incontro con culture diverse ci sarà Enrico Maestri, coordinatore per la onlus Farsi prossimo di due centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, e già volontario con Caritas in Congo e ad Haiti: «Spesso rimaniamo impressionati da come i migranti raccontano di alcuni episodi, come per esempio la morte dei loro parenti. Ai nostri occhi può sembrare che ne parlino quasi con freddezza, e ciò può far pensare anche a storie inventate. Ma nella vita di moltissime persone nel sud del mondo quella della morte è un’esperienza quasi quotidiana. Il loro racconto è dunque in linea con un’esperienza della morte che, a differenza di quanto avviene nella nostra cultura, è di fatto un fenomeno ricorrente e profondamente accettato».
Sarà uno spaccato sul mondo del web il laboratorio dedicato alla comunicazione, dove Davide Fracassi porterà la sua esperienza professionale in un’agenzia di comunicazione e in un giornale online, ma anche come volontario del Naga, associazione milanese impegnata ormai da trent’anni a fianco degli immigrati. «Internet è come una piazza pubblica, in sé lo strumento non è né buono né cattivo», sottolinea Fracassi, che spiegherà però come alcuni fenomeni, sia positivi che negativi, possono amplificarsi proprio grazie alla rete. Come quello delle fake news, le bufale lanciate online che possono facilmente condizionare l’opinione pubblica: «L’articolo dedicato alle false notizie sugli immigrati sul nostro giornale online (LeNius.it) ha suscitato moltissimi commenti: accanto a quelli negativi e agli insulti c’erano però anche interventi di immigrati, per esempio nigeriani, che spiegavano la realtà del loro Paese. Su internet, dunque, la comunità che discute non è solo quella italiana, ma ormai è composta anche da chi è arrivato da fuori».
Una realtà ancora differente sarà raccontata da don Marcel Mititelu, cappellano della comunità romena nella diocesi di Milano. «Con le famiglie ormai stabilitesi qui l’obiettivo del mio lavoro pastorale è l’integrazione», spiega. Su come far sì che ciò avvenga don Marcel non usa giri di parole: «Basterebbe vivere il Vangelo: Gesù ci chiede di identificarci coi nostri fratelli. Certo non è semplice: se ci riuscissimo sempre, saremmo già nell’anticamera del paradiso».